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La schiacciante vittoria di Daniel Ortega in Nicaragua
Il 6 novembre 2011 si sono svolte in Nicaragua le elezioni politiche che hanno visto la schiacciante vittoria di Daniel Ortega e del FSLN, che con il 62 % dei voti supera di gran lunga il suo principale avversario Fabio Gadea, del Partido Liberal Independiente (PLI, 30 %), e il candidato del Partido Liberal Constitucionalista (PLC), l’ ex presidente Arnoldo Alemán (1997-2002), condannato nel 2003 per corruzione, che ha guadagnato soltanto il 6% dei voti. Il FSLN ha raccolto una maggioranza qualificata in Parlamento, che sino ad ora non aveva.
Daniel Ortega, uno dei principali comandanti della guerriglia cristiano-marxista che abbatté la dittatura di Anastasio Somoza nel 1979, è stato eletto per la prima volta nel 1984. In seguito a ciò il Nicaragua divenne un fronte della guerra fredda e ha sofferto una feroce aggressione da parte degli Stati Uniti tramite l’azione dei controrivoluzionari “la contra”: la violazione del diritto internazionale fu tale che nel 1986 il Tribunale Internazionale de L’Aja condannò gli USA al pagamento di 17.000 milioni di dollari di indennizzo al Nicaragua. Inutile dire che tutti i successivi governi americani hanno ignorato questa decisione del tribunale.
I Nicaraguensi, piegati da una lotta così impari che aveva causato più di 30.000 morti e aveva rovinato il paese, finirono per cedere e nel 1990 permisero che tornasse a governare la destra con Violeta Chamorro. Dopo 16 anni di politiche neoliberali che a loro volta devastarono il paese, il 5 novembre 2006 Daniel Ortega è stato eletto nuovamente presidente.
In questi cinque anni Daniel Ortega, anche se ha amministrato il paese senza spaventare gli investitori stranieri né contrapporsi agli organismi finanziari internazionali (Fondo Monetario Internazionale, Banca Mondiale, ecc.), ha realizzato un capovolgimento spettacolare in politica economica, dedicando grandi risorse a programmi sociali in favore dei settori più poveri che sono la immensa maggioranza del paese. Questa maggioranza molto grata e riconoscente è quella che ha voltato le spalle alla destra revanchista e senza progetto e che ha chiesto esplicitamente a Ortega di continuare sulla stessa strada. Non mancherà chi obietterà che questa valanga di missioni sociali – sanità, educazione, alimentazione, abitazioni, ecc. – non sarebbe stata possibile se il Nicaragua con Daniel Ortega non si fosse unito all’Alleanza Bolivariana per i Popoli di Nuestra America (ALBA), beneficiando dell’aiuto finanziario del Venezuela e dell’assistenza sanitaria di Cuba. E’ proprio la forza di questa sinistra latinoamericana che incarna l’integrazione mediante la cooperazione, la solidarietà e la complementarietà. Questa è la chiave per la vittoria.
Seguendo il copione delle destre latinoamericane di questi anni , l’opposizione dichiara di non riconoscere il trionfo sandinista. Secondo la destra e numerosi osservatori internazionali , Daniel Ortega non poteva correre nuovamente per la presidenza perché l’articolo 147 della Costituzione proibisce due mandati consecutivi. Però omettono che nell’ottobre del 2009 la Sala Constitucional de la Corte Suprema de Justicia ha dichiarato inapplicabile detto articolo, come avevano fatto istanze similari in Colombia, permettendo la rielezione di Álvaro Uribe, o in Costa Rica, a favore di Óscar Arias.
Tumulti provocati dall’opposizione del Partito Liberale Indipendente (PLI) hanno causato la morte di almeno quattro civili e il ferimento di 46 poliziotti. Il portavoce della Polizia, Fernando Borge, in una conferenza stampa ha comunicato che tre dei quattro morti erano a favore di Fabio Gadea, aspirante alla Presidenza per l’alleanza PLI, che ha rinforzato gli appelli alla violenza, dopo aver conosciuto i risultati elettorali di domenica scorsa.
Secondo Borge, la quarta vittima è Donaldo Martinez, un dirigente del Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale (FSLN) nel municipio di Siuna.
Il funzionario ha spiegato alla stampa nazionale e straniera che dei 46 poliziotti feriti, cinque hanno ferite di armi da fuoco, mentre non si conosce ancora il numero dei civili feriti in seguito ai tumulti provocati dalla coalizione PLI dallo scorso 6 novembre ad oggi.
L’undici novembre il presidente Daniel Ortega ha fatto nuovamente un appello alla calma, ad accettare i risultati con senso civico, perché quello che più desidera il Nicaragua è la pace e la riconciliazione.
Mettendo in discussione in modo irresponsabile e senza prove il risultato delle recenti elezioni presidenziali in Nicaragua, gli Stati Uniti e i loro alleati dell'Unione Europea (UE) promuovono un clima di violenza elettorale in America Centrale. La denuncia viene dal deputato per il Polo Patriottico al Parlamento Latinoamericano, Carolus Wimmer del Partito Comunista del Venezuela (PCV).
Wimmer ha dichiarato che mettere in dubbio la indiscutibile rielezione di Daniel Ortega con più del 60% dei voti, obbedisce ai criteri del piano imperialista di destabilizzazione dei governi sovrani che non si sottomettono ai disegni di Washington per la regione.
“In Nicaragua intendono inaugurare il copione di delegittimazione dei nostri poteri elettorali e delle nostre istituzioni per aprire una breccia ai gruppi di opposizione, che, siccome sanno di non poter conseguire il loro obiettivo nelle urne, si preparano a prevalere in maniera non democratica”, ha affermato.
“La stessa cosa faranno l'anno prossimo in Venezuela. Poiché già sanno che il presidente Chavez può contare su più del 60% delle intenzioni di voto in questo momento. E' essenziale che il Consiglio di ALBA, la stessa Unione delle Nazioni Sudamericane (Unasur) e la costituenda Comunità degli Stati Latinoamericani e del Caribe (Celac), prendano in esame questa situazione e si pronuncino contro la delegittimazione dei poteri dello Stato, tra cui quello elettorale, nelle nostre nazioni”, ha concluso Wimmer.
A cura della Commissione Internazionale della Rete dei Comunisti
Fonti:
Maurice Lemoine La Nicaragua sandinista se revalida
La denuncia di Carolus Wimmer su www.solidnetnet.org
www.prensalatina.it
Luciano Vasapollo presenta il libro "Il tocororo e l'uragano"
Anche a Bergamo Luciano Vasapollo presenta "Il tocororo e l'uragano"
Le tematiche affrontate dalle quattro commissioni della prima Conferenza nazionale del Partito Comunista Cubano
Nota politica della Commissione Internazionale della Rete dei Comunisti
“El Partido es hoy el alma de la Revoluciòn”, “Ideologìa es ante todo conciencia”.
Sono le scritte che campeggiano nella sala, dove, alla presenza di oltre 800 delegati provenienti da tutta l’isola, Raúl Castro, Primo Segretario del Comitato Centrale del PCC ha presieduto la Conferenza del Partito Comunista Cubano, che si è tenuta a L’Avana.
La Conferenza Nazionale è la fase conclusiva di un dibattito aperto con un Documento Base redatto dal Partito Comunista di Cuba nel mese di ottobre.
Com’è costume politico a Cuba, su questo Documento sono state fatte consultazioni con centinaia di migliaia di militanti che hanno dato il loro apporto affinché questo esprima al meglio quelli che sono i metodi e gli obiettivi di lavoro, specie per l’implementazione dei Lineamenti della Politica Economica e Sociale del Partito e della Rivoluzione.
L’implementazione dei Lineamenti dice, infatti, Ramón Machado Ventura, Secondo Segretario del Comitato Centrale del PCC, il compito più difficile, perché molto complesso ed ampio.
Compito della Conferenza è stato quello di riassumere il lavoro fatto con le consultazioni di base sul Documento Base del partito ed apportarvi quindi tutte le variazioni necessarie, però “senza alcuna concessione al nemico” , come ha detto con chiarezza Raúl Castro, nonché ribadire e definire meglio alcuni concetti di disciplina necessari per dare concretezza a quanto espresso nei Lineamenti.
Machado Ventura, nell’introduzione della Conferenza, ha voluto ricordare che questa si svolge proprio durante il 159° anniversario della nascita di Martí, e considera questa coincidenza come ulteriore rafforzamento di unità per i cubani intorno al pensiero del grande rivoluzionario.
Concludendo l’inaugurazione della Conferenza ha poi fatto notare che si sono tenute oltre 65 mila riunioni con i nuclei del PCC e i comitati di base della UJC che hanno fatto proposte per liberare il partito da incombenze che non gli competono, per rompere gli schematismi, la passività, la mancanza di combattività ed altre carenze. Il dibattito che ha preceduto la Conferenza ha anche permesso di conoscere con più obiettività i punti di forza e di debolezza delle strutture di base.
Terminati gli interventi introduttivi, la Conferenza si è divisa in quattro Commissioni di lavoro che sono state denominate come i capitoli dello schema/progetto del Documento Base. Tutte hanno esaminato e si sono pronunciate sulle parti comuni: i Fondamenti del Partito e l’Introduzione. Ciascuna Commissione ha poi specificamente analizzato ed elaborato i singoli punti dei Capitoli, proponendo integrazioni, modifiche e chiarimenti. Dal momento che il Documento Base è fortemente informato ai principi dei Lineamenti della Politica Economica e Sociale del Partito e della Rivoluzione, anche nelle relazioni finali delle quattro Commissioni, in particolare della seconda, pur non essendoci molto esplicite citazioni è fortemente presente lo spirito dei Lineamenti .
Schema riassuntivo dei lavori delle quattro Commissioni sul Documento Base:
1: Commissione Funzionamento, metodi e stili di lavoro del Partito
La prima Commissione ha affrontato i primi 36 punti del Documento Base e tre nuovi obiettivi proposti dando spazio a 46 interventi.
- Ha approvato integralmente i Fondamenti del Documento mettendo in risalto la chiarezza nell’esposizione di principi e concetti che sono alla base dell’ideologia e dell’organizzazione del partito e del suo stretto legame con le masse.
- Ha insistito sulla necessità di implementare la politica economica e sociale approvata nel 6° Congresso criticando il ruolo svolto dal Partito in questa attività.
- Ha ratificato con forza la volontà del partito di incrementare le misure per prevenire e combattere le manifestazioni di corruzione, indisciplina, illegalità e altri comportamenti negativi che mettono in pericolo la Rivoluzione.
- Ha confermato il proposito di eliminare dai metodi del Partito le interferenze e sovrapposizioni con il Governo.
- Ha posto anche l’accento sulla necessità di avere dei militanti che siano di esempio.
- Ha confermato la necessità di rivedere la struttura dei comitati municipali, e di dare la giusta attenzione al legame permanente con le organizzazioni di base.
- Ha insistito sulla precisione della pianificazione del lavoro direttivo per dare coerenza alle azioni degli organismi di base del Partito e dei suoi quadri.
- Ha riaffermato il rigoroso rispetto della giornata di lavoro nella pianificazione delle riunioni.
- Ha ripetuto il diritto di tutti a criticare, ma anche ad essere criticati.
- Ha confermato la necessità di favorire nel Partito, nella UJC e nelle organizzazioni di massa un ambiente di dialogo rispettoso delle opinioni.
- Sulla disattivazione dei militanti del Partito ha ratificato quanto stabilito dagli Statuti e dal Regolamento.
- Ha insistito nella necessità di rafforzare il ruolo dei comitati del Partito sui luoghi di lavoro liberando i nuclei zonali da tutte quelle attività non legate al lavoro nella comunità.
- Grande risalto è stato dato all’attenzione da riservare alle istanze provenienti dalla popolazione.
2: Commissione Lavoro Politico e Ideologico
La seconda Commissione ha affrontato i punti del Documento Base dal n.37 al 67 e due nuovi obiettivi proposti dando spazio a 54 interventi che hanno portato alla modifica di nove degli obiettivi esaminati.
- Ha appoggiato il rafforzamento dell’unità nazionale intorno al partito e alla Rivoluzione ponendo l’accento su forme creative di lavoro che rispondano meglio alle nuove condizioni e a meglio stringere il legame con le masse.
- Ha riaffermato come imprescindibile la partecipazione cosciente, protagonista e trasformatrice del popolo nell’implementazione dei Lineamenti della Politica Economica e Sociale approvati al 6° Congresso dopo ampia e approfondita discussione nazionale. Nell’ultimo paragrafo dei Lineamenti è infatti affidata al partito “la responsabilità di controllare, spingere ed esigere l’applicazione dei Lineamenti”.
- Ha deciso che deve esserci una sistematica valutazione dell’impatto delle misure economiche e sociali.
- Ha precisato che devono essere protetti i beni dello Stato e deve essere forte la lotta contro la corruzione e l’indisciplina.
- Ha esaltato il carattere etico e produttivo del lavoro, lo sviluppo della coscienza economica, giuridica e ambientale, in cui il risparmio diventi fonte di entrata economica.
- Ha approvato come imperativa la necessità di rafforzare il lavoro politico e ideologico in modo differenziato e personalizzato con coloro che non lavorano nel settore statale, ma, allo stesso momento, combattere i pregiudizi esistenti nei loro confronti.
- Ha anche considerato indispensabile affrontare tutti i pregiudizi e le discriminazioni, che vanno contro la Costituzione, la quale prevede piena dignità per tutti. La forza della Rivoluzione è nell’unità di tutta la nazione. Un cenno particolare è stato fatto per la discriminazione di genere.
- Ha analizzato la necessità di coerenza nell’azione formatrice delle famiglie, delle istituzioni scolastiche, culturali, organizzazioni politiche, mezzi di comunicazione, nell’educare ai principi della Rivoluzione e poter affrontare la politica ostile dell’imperialismo.
- Si è pronunciata per l’urgenza di trasformare il lavoro politico e ideologico con i giovani modificandolo con metodi più allettanti e partecipativi, a seconda delle situazioni, e rendendo così più facile il loro inserimento nella vita economica e sociale.
- È stata ribadita la necessità di arricchire la vita spirituale del popolo promuovendone le capacità di apprezzamento della letteratura e dell’arte, dei valori etici ed estetici. Per questo obiettivo il Partito deve integrare il lavoro delle istituzioni culturali, dei mezzi di comunicazione, ecc.
- È indispensabile stimolare lo studio della Storia di Cuba per consolidare le tradizioni patriotiche e internazionalista, nonché l’eredità marxista leninista e martiana.
- Ha segnalato l’importanza che i mezzi di comunicazione di massa informino in modo opportuno, obiettivo e trasparente su tutta la realtà cubana nella sua diversità.
- Ha ratificato la necessità di esigere che il giornalismo dia più notizie, sia obiettivo e d’inchiesta.
- È necessario servirsi delle più nuove tecnologie d’informazione per far conoscere meglio la realtà e che sono decisive per la battaglia ideologica in difesa della nazione cubana.
- È stato riconosciuto il ruolo dell’istituto Cubano della Radio e Televisione nella formazione culturale del popolo.
- È stata analizzata una proposta della terza Commissione sul lavoro volontario, che non è stata accolta in quanto l’obiettivo 39 già tratta del carattere etico e produttivo del lavoro.
- Ha concluso con un doveroso omaggio al genio politico di José Martí.
3: Commissione Politica dei quadri
La terza Commissione ha discusso sui Fondamenti, l’Introduzione ed ha affrontato i punti del Documento Base dal n. 68 al 78 dando spazio a 37 interventi che hanno portato alla modifica degli obiettivi 69 e 73.
- Ha appoggiato il rafforzamento dell’unità nazionale intorno al partito e alla Rivoluzione ponendo l’accento su forme creative di lavoro che rispondano meglio alle nuove condizioni e a meglio stringere il legame con le masse.
- Ha posto l’accento sulle qualità etiche, politiche, ideologiche e personali che devono caratterizzare i quadri.
- Ha dato rilievo all’importanza del rinnovamento degli incarichi fissandone tempi ed età.
- Ha considerato la necessità di aumentare il rigore nella selezione dei quadri e delle loro riserve, facendo in modo di garantire che vengano dalla base, che abbiano esperienza lavorativa e che si formino a contatto diretto con le masse e si caratterizzino per i comportamenti agili, creativi e sensibili nella soluzione dei problemi quotidiani.
- Ha sostenuto la necessità d’incrementare la presenza di donne, neri, meticci e giovani negli incarichi di direzione, segnalando che, malgrado i buoni propositi, poco si è lavorato in questo senso.
- Ha anche rimarcato che la valutazione dei quadri deve essere fatta con misuratori obiettivi.
- Ha confermato il proposito di incrementare la preparazione generale dei dirigenti e anche quella specifica dell’incarico che rivestono, dando priorità alla preparazione economica, cosa che va a implementare quanto deciso con i Lineamenti approvati nel 6° Congresso del Partito.
- Ha ratificato l’interesse nel rafforzare nel Partito la lotta contro la corruzione rafforzando il controllo sulla legalità dell’agire dei quadri.
4: Commissione Relazioni del Partito con la UJC e le Organizzazioni di Massa.
La quarta Commissione ha discusso sui Fondamenti, l’Introduzione ed ha affrontato i punti del Documento Base dal n. 79 al 95 dando spazio a 31 interventi che hanno portato delle modifiche non sostanziali di 14 degli obiettivi. Modifiche mirate solo a renderli più chiari e precisi.
- Ha ratificato l’essenzialità del vincolo tra il partito e la UJC, che è la sua organizzazione giovanile. Questo comporta forte attenzione alla formazione dei quadri, a tutti i livelli della struttura alle relazioni sistematiche e dirette con i membri della base, nel rispetto della loro indipendenza, per formarli come futuri militanti del Partito.
- Ha definito l’importanza della formazione dei bambini, adolescenti e giovani su valori, convinzioni e comportamenti sociali adeguati e responsabili.
- Ha posto l’accento sulle qualità, prospettive e motivazioni dei militanti della UJC, che devono essere da esempio per i giovani.
- Ha rimarcato che i talenti dei giovani devono essere formati e messi a disposizione del popolo.
- Ha dato priorità al lavoro della UJC nel settore produttivo e nell’appoggio all’integrazione dei giovani nello studio di facoltà tecniche, specie agricole e zootecniche.
- Ha confermato giusto l’innalzamento a 16 anni dell’età minima per entrare nella UJC, mentre non ha reputato necessario estendere a 35 anni l’età limite, che deve, in linea di massima, rimanere 32 anni.
- Ha ratificato l’importanza del lavoro della UJC nella promozione di spazi ricreativi per bambini, adolescenti e giovani, che contribuiscano al loro sano sviluppo, ed alla diversificazione delle loro pubblicazioni infantili e giovanili.
- Ha riaffermato la necessità di rafforzare l’attenzione alle Organizzazioni di Massa, a cominciare dalla loro mission.
- Ha confermato l’importanza di sviluppare con esse relazioni senza formalismi, nel rispetto della loro autonomia, verificando permanentemente il feedback.
- Ha precisato la necessità di stimolare i quadri sindacali e dell’ANAP a partecipare alle assemblee dei loro affiliati e associati, come pure il Partito deve contribuire in modo più attivo ai compiti dei CDR e della FMC nella comunità.
La conclusione dei lavori della Prima Conferenza Nazionale del Partito Comunista di Cuba è stata fatta da Raúl Castro che ha rimarcato come l’esistenza di un Partito unico, non solo non ha intaccato il procedere democratico della preparazione della Conferenza, ma ha garantito l’unità del popolo cubano, il quale, contrariamente a quanto succede in altri paesi con regimi pluripartitici, ha profondo rispetto per l’autodeterminazione e la non ingerenza degli Stati negli affari interni di altri Stati.
Ha poi evidenziato che la correttezza deve essere alla base dei rapporti all’interno del Partito, dove tutte le problematiche devono essere affrontate nelle apposite sedi. L’unica cosa che potrebbe far crollare la Rivoluzione a Cuba sarebbe l’incapacità a superare gli errori commessi o illudersi che ci sia una soluzione magica dei problemi. Ha quindi richiamato alla necessità di lavorare con ordine e disciplina per la realizzazione dei Lineamenti della Politica Economica e Sociale e degli obiettivi di lavoro approvati dalla Conferenza.
Ha concluso ricordando che nonostante le continue campagne anti cubane istigate dagli USA con il fine di screditare la Rivoluzione e giustificare il criminale blocco economico contro la popolazione cubana, Cuba continuerà a perfezionare il suo socialismo.
Fonti:
http://www.ain.cu/2012/enero/29aem-concluye_conferen.htm
http://www.cubasocialista.cu/?q=dictamen-de-la-Comision-No-2-Trabajo-Politico-e-Ideologico
http://www.juventudrebelde.cu/cuba/2012-02-01/dictamen-de-la-comision-no-3-politica-de-cuadros/
http://www.granma.cubaweb.cu/2012/02/03/nacional/artic06.html
http://www.youtube.com/watch?v=vKqRSlIT90Y
Commissione Internazionale della Rete dei Comunisti
Scambi culturali ad alto livello tra Cuba e Italia
L'Avana. 22 Febbraio 2012
La delegazione che ha rappresentato l’Università ‘La Sapienza’ di Roma al 8º Congresso Università 2012, guidata dal professore d’economia Luciano Vasapollo e integrata da nomi come quello del Prof. Asor Rosa, è rientrata in Italia, ma Luciano, che è anche il vice presidente del Comitato Italiano per la liberazione dei Cinque, e direttore scientifico della Rivista Nuestra America, “Capitolo della rete delle reti in difesa dell’umanità”, è ancora a Cuba e sta svolgendo una fitta agenda di incontri in diverse università.
Dopo Pinar del Río, nella cui Università è professore ad honorem, città in cui ha firmato accordi di scambi culturali e di docenti nel settore dell’economia, andrà a Santiago di Cuba, dove ugualmente sarà ricevuto tra alcuni giorni nella facoltà dai più alti docenti per elaborare piani di lavoro e di scambio. Nelle varie università visitate ha offerto conferenze a partecipato a dibattiti.
A L’Avana ha conversato con Oscar Martínez nel Comitato Centrale, analizzando in particolare aspetti delle tesi, le linee d’economia e sviluppo approvate nel VI Congresso del PCC, ed ha anche incontrato il ministro d’educazione superiore Diaz Canel, con il quale ha parlato della cooperazione tra le università italiana e cubana, in vista di incontri per dibattere questioni sociali ed economiche d’interesse in questa fase di cambiamenti e di crisi globale.
L’incontro con il vice ministro d’Educazione Superiore Oberto Santin si è basato su economia ed educazione nella società di oggi, temi affrontati anche nella conversazione con Ramon Sánchez Noda, specialista in marxismo-leninismo, con il quale sono stati reiterati i vincoli ideologici.
Luciano Vasapollo con la sua tipica vivacità piena di passione e di conoscenza ha incontrato il vice ministro di cultura Fernando Rojas, con il quale sta elaborando iniziative e scambi culturali, in particolare dopo l’incontro con gli intellettuali nel quale Fidel ha incitato a rinforzare la rete delle reti in difesa dell’umanità.
Vasapollo lavora da circa 35 anni al fianco di Cuba e delle giuste cause: è stato anche lui detenuto per ragioni politiche e anche per questo comprende a fondo quanto è importante combattere la battaglia per la liberazione dei Cinque Eroi cubani.
Recentemente Vasapollo ha consegnato al Papa Benedetto XVI in un’udienza, la storia dal caso dei Cinque antiterroristi con la preghiera di un’orazione per loro e le loro famiglie, accompagnato da Monsignor Tarsia, direttore della rivista Jesus delle Edizioni Paoline.
A L’Avana ha avuto un lungo e proficuo incontro con Kenia Serrano, presidentessa dell’ICAP - Istituto di Amicizia per i Popoli- ed ha anche conversato con Osvaldo Martínez, uno dei maggiori economisti dell’Isola.
Parlando di un avvenimento molto prossimo, il prof. Vasapollo ha detto che il viaggio di Papa Ratzinger “rafforzerà le relazioni tra Cuba e il Vaticano e il popolo cubano parteciperà con orgoglio agli eventi previsti per la visita del Pontefice” ed ha ricordato che il libro “Fidel Castro, la mia fede” è stato pubblicato e ristampato ben tre volte dalle edizioni Paoline.
Il direttore di Jesus, Mons. Tarsia ha incontrato diverse volte Fidel Castro in preparazione del viaggio di Papa Wojtyla a Cuba e forse verrà a Cuba anche in occasione di questa seconda visita papale.
Gioia Minuti
http://www.granma.cu/italiano/cultura/22febre-Scambi%20tra.html
La Santa Sede condanna il blocco degli Stati Uniti contro Cuba
L'Avana. 17 Marzo 2012
La Santa Sede ha condannato il blocco statunitense contro Cuba, in una dichiarazione che precede la visita che il Papa Benedetto XVI realizzerà nell’Isola.
In una conferenza stampa il portavoce del Vaticano, Federico Lombardi, ha segnalato che sono le persone che soffrono le conseguenze dell’imposizione statunitense, un assedio economico, commerciale e finanziario imposto da più di mezzo secolo.
“La Santa Sede non crede che questa sia una misura positiva e utile”, ha aggiunto come risposta ad una domanda durante la sessione informativa sul viaggio che il Papa realizzerà dal prossimo 23 marzo, in Messico e a Cuba.
Il portavoce ha riconosciuto il buono stato fisico di Benedetto XVI per effettuare il viaggio in Messico dal 23 marzo e sino al 26, e proseguirà a Cuba dal 26 al 28.
“Sta molto bene e la sua decisione di fare un viaggio così impegnativo fisicamente lo conferma”, ha detto il portavoce.
Questo viaggio del Pontefice è la seconda visita in America Latina dopo quella fatta in Brasile nel 2007.
Il ministero degli Esteri di Cuba ha aperto un sito web dedicato ad informare sulla visita del Santo Padre.
Oltre al programma ufficiale della visita di Benedetto XVI, il nuovo sito “benedictocuba.cubaminrex.cu” contiene informazioni sugli avvenimento attuali della vita ecclesiastica e dati statistici sulla chiesa cattolica e le altre religioni in Cuba.
(PL/Traduzione Granma Int.)
2012: gli auguri di Antonio Guerrero e René González
E’ con grande piacere che pubblichiamo i due messaggi di auguri inviati da Antonio Guerrero dal carcere statunitense in cui è ancora rinchiuso e da René González che ha scontato la pena di carcere duro ma che è stato condannato per altri 3 anni a un regime di libertà vigilata negli Stati Uniti.
Cari amici,
finalmente mi hanno comunicato che il mio trasferimento ad altra prigione di media sicurezza potrebbe essere in un momento del 2012 che sta arrivando. Non ti dicono mai la data né la destinazione finale.
Nella misura del possibile ristabiliremo, una volta nella nuova prigione, la comunicazione e vi faremo sapere quanto prima il futuro indirizzo.
Non importa il tempo che duri la mancata comunicazione che si produrrà quando si effettui il trasferimento, sappiamo che staremo sempre uniti in mente ed azione, con indistruttibile amicizia. Cinque abbracci.
Vinceremo!
Antonio Guerrero Rodriguez
28 dicembre 2011
Cari amici,
brevi parole per esprimervi il mio affetto e augurarvi buon anno nuovo 2012.
Spero che sia l’anno in cui possiamo incontrarci definitivamente a Cuba e che sia punto di partenza di nuove lotte per una umanità più giusta e solidale.
Nuovamente molte grazie per tutto ciò che fate, per darci speranza e renderci ottimisti anche nelle peggiori circostanze. L’essere accompagnato da voi ci fa sentire più umili e, al tempo stesso. Siamo sempre più sicuri che è possibile creare coscienza malgrado tutte le risorse che si spendono per alienare gli esseri umani e separarli gli uni dagli altri. Viviamo tempi decisivi.
L’imperialismo oggi strappa alla periferia un tributo orario che supera quello che l’impero romano reclamava in un anno. Questo non c’è pianeta che lo sostenga, né umanità che lo sopporti. Quando questa situazione esploderà la specie umana necessiterà di molte più persone come voi. Averle tra noi da ora è una fortuna.
Un abbraccio in mio nome, in quello dei cinque, in quello delle nostre famiglie e in quello del nostro popolo.
René González
30 dicembre 2011
(traduzione a cura di Rosa Maria Coppolino)
Riflessioni del compagno Fidel: “La frutta che non è caduta.”
Fidel Castro Ruz
24 gennaio 2012
7 e 12 p.m.
( traduzione a cura della commissione internazionale della Rete dei Comunisti)
Cuba si è vista forzata a lottare per la sua esistenza di fronte a una potenza espansionista, situata a poche miglia dalle sue coste, che proclamava l’annessione della nostra isola, il cui unico destino era cadere nel suo seno come un frutto maturo. Eravamo condannati a non esistere come nazione.
Nella gloriosa legione di patrioti che durante la seconda metà del secolo XIX ha lottato contro l’abominevole regime coloniale imposto dalla Spagna per 300 anni, José Martí è stato colui che con più chiarezza ha percepito tanto drammatico destino. Così ci ha tramandato nelle ultime linee scritte quando, alla vigilia del duro combattimento previsto contro un’agguerrita e ben equipaggiata colonna spagnola, ha dichiarato che l’obiettivo fondamentale della sua lotta era: “…impedire per tempo, con l’indipendenza di Cuba, che si estendano attraverso le Antille gli Stati Uniti e cadano, con questa forza in più, sopra le nostre terre d’America. Quanto ho fatto fin’ora, e farò, è per questo.”
Senza capire questa profonda verità, oggi non si potrebbe essere né patriota, né rivoluzionario.
I mezzi d’informazione di massa, il monopolio di molte risorse tecniche, e gli abbondanti fondi destinati a ingannare ed abbrutire le masse, costituiscono senza dubbio ostacoli considerevoli, però non invincibili.
Cuba ha dimostrato che – a partire dalla sua condizione di fattoria coloniale yankee, unita all’analfabetismo e alla povertà generalizzata del suo popolo – era possibile affrontare il paese che minacciava l’assorbimento definitivo della nazione cubana. Non si può neanche affermare che esistesse una borghesia nazionale che si opponeva all’impero, si è sviluppata tanto vicina a questo che, dopo il trionfo, ha inviato quattordicimila bambini senza alcuna protezione negli Stati Uniti, anche se tale azione è stata associata alla perfida menzogna che sarebbe stata soppressa la Patria Podestà, che la storia ha registrato come operazione Peter pan ed è stata qualificata come la maggiore manovra di manipolazione di bambini con fini politici che si ricordi nell’emisfero occidentale.
Il territorio nazionale è stato invaso, solo due anni dopo il trionfo rivoluzionario, da forze mercenarie – integrate da antichi soldati di Batista e figli di proprietari terrieri e borghesi- armate e scortate dagli Stati Uniti con navi della sua flotta, incluse portaerei con equipaggi pronti ad entrare in azione, che hanno accompagnato gli invasori fino la nostra isola. La sconfitta e la cattura della quasi totalità dei mercenari in meno di 72 ore e la distruzione dei loro aerei che operavano da basi del Nicaragua e dai loro mezzi di trasporto navali, ha costituito una sconfitta umiliante per l’impero ed i suoi alleati latinoamericani che hanno sottostimato la capacità di lotta del popolo cubano.
L'URSS, di fronte all'interruzione delle forniture di petrolio da parte degli Stati Uniti, l’ulteriore sospensione totale della quota storica di zucchero nel mercato di quel paese, e il divieto di commercio creato durante più di cent’anni, ha risposto a ciascuna di quelle misure rifornendoci di combustibile, acquistando il nostro zucchero, commerciando col nostro paese e, infine, rifornendoci delle armi che Cuba non poteva acquistare in altri mercati.
L’idea di una campagna sistematica di attacchi pirata organizzati dalla CIA, i sabotaggi e le azioni militari di bande create e armate da loro, pima e dopo dell’attacco mercenario, che avrebbero dovuto culminare in un’invasione militare degli Stati Uniti a Cuba, hanno dato origine agli eventi che hanno messo il mondo sull’orlo di una guerra nucleare totale, alla quale nessuna delle parti e neanche la stessa umanità avrebbe potuto sopravvivere.
Quegli eventi senza dubbio sono costati l’incarico a Nikita Krusciov, che ha sottostimato l’avversario, non ha ascoltato consigli che gli sono stati dati e non ha consultato nella sua decisione finale noi che stavamo in prima linea. Quella che avrebbe potuto essere un’importante vittoria morale si è tramutata così in un costoso rovescio politico per l’URSS. Per molti anni i peggiori misfatti sono stati realizzati contro Cuba e non pochi, come il criminale blocco, si commettono ancora.
Krusciov ha fatto gesti straordinari per il nostro paese. In quell’occasione ho criticato l’accordo inconsulto con gli Stati Uniti, sarei però ingrato e ingiusto a non riconoscere la sua straordinaria solidarietà in momenti difficili e decisivi per il nostro popolo nella sua storica battaglia per l’indipendenza e la rivoluzione davanti al potente impero degli Stati Uniti. Capisco che la situazione era estremamente tesa e lui non voleva perdere un minuto quando ha preso la decisione di ritirare i missili e gli yankee si sono impegnati, molto segretamente, a rinunciare all’invasione.
Malgrado i decenni trascorsi che assommano già a mezzo secolo, la frutta cubana non è caduta in mano yankee.
Le notizie che attualmente arrivano dalla Spagna, Francia, Iraq, Afganistan, Pakistan, Iran, Inghilterra, le Malvine e altri numerosi punti del pianeta, tutte parlano di un disastro politico ed economico dovuto all’insensatezza degli Stati Uniti e dei suoi alleati.
Mi limiterò a pochi argomenti. Devo segnalare a quanto dicono tutti, che la selezione di un candidato repubblicano per aspirare alla presidenza di quel globalizzato e onnicomprensivo impero, è a sua volta – lo dico seriamente- la maggior gara di idiozie e ignoranza che si è sentita fin’ora. Siccome ho tante cose da fare, non posso dedicare tempo a questa cosa. Sapevo con certezza che sarebbe stato così.
Illustrano di più alcuni cablogrammi che desidero analizzare, perché mostrano l’incredibile cinismo che genera la decadenza dell’Occidente. Uno di quelli, con stupefacente tranquillità, parla di un prigioniero politico cubano che, secondo quanto si afferma, è morto dopo uno sciopero della fame durato 50 giorni. Un giornalista di Granma, di Juventud Rebelde, di un notiziario radiofonico, o di qualsiasi altro organo rivoluzionario, può sbagliare qualche valutazione su qualsiasi argomento, ma mai fabbrica una notizia o inventa una bugia.
Nella nota di Granma si afferma che non c’è stato alcuno sciopero della fame; era un recluso per reati comuni, sanzionato con 4 anni per aggressione che ha provocato lesioni al volto della moglie; che sua suocera ha richiesto l’intervento delle autorità; i familiari più vicini sono stati aggiornati di tutti i procedimenti impiegati nel suo trattamento medico e erano grati per lo sforzo degli specialisti medici che l’hanno curato. È stato assistito, afferma la nota, nel miglior ospedale della regione orientale come si fa con tutti i cittadini. È morto di cedimento multi - organico secondario associato a un processo respiratorio settico severo.
Il paziente aveva ricevuto tutte le cure che si applicano in un paese che ha uno dei migliori servizi medici del mondo, che si danno gratuitamente, malgrado il blocco imposto dall’imperialismo alla nostra patria. È semplicemente un dovere che si adempie in un paese dove la Rivoluzione ha l’orgoglio di aver rispettato sempre, per oltre 50 anni, i principi che le hanno dato la sua invincibile forza.
Sarebbe meglio che il Governo spagnolo, date le sue eccellenti relazioni con Washington, viaggiasse negli Stati Uniti e si informasse di quello che succede nelle carceri yankee, il comportamento spietato che applicano a milioni di prigionieri, la politica che si pratica con la sedia elettrica e gli orrori che si commettono con i detenuti nelle carceri e con quelli che protestano nelle strade.
Ieri, lunedì 23 gennaio, un duro editoriale di Granma, intitolato “Le verità di Cuba” in una pagina completa di quest’organo, ha spiegato dettagliatamente l’insolita sfacciataggine della campagna bugiarda scatenata contro la nostra Rivoluzione da parte di alcuni governi “tradizionalmente compromessi con la sovversione contro Cuba”.
Il nostro popolo conosce bene le norme che hanno retto il comportamento senza macchia della nostra Rivoluzione dal primo combattimento e mai disonorato in oltre mezzo secolo. Sa anche che non potrà essere mai messo sotto pressione né ricattato dai nemici. Le nostre leggi e norme si rispetteranno immancabilmente.
È bene segnalarlo con ogni chiarezza e franchezza. Il Governo spagnolo e la scalcinata Unione Europea, sprofondata in una profonda crisi economica, devono sapere a che attenersi. Dispiace leggere nelle agenzie di notizie le dichiarazioni di entrambe quando usano le loro sfacciate bugie per attaccare Cuba. Si occupino prima di salvare l’euro, se possono, risolvano la disoccupazione cronica che i giovani in numero crescente patiscono, e rispondano agli indignati contro i quali la polizia si scaglia e picchia costantemente.
Non ignoriamo che ora in Spagna governano gli ammiratori di Franco, che ha inviato membri della División Azul insieme alle SS e alle SA naziste ad ammazzare sovietici. Quasi 50 mila di loro hanno partecipato nella cruenta aggressione. Nell’operazione più cruenta e dolorosa di quella guerra: l’assedio di Leningrado, dove sono morti un milione di cittadini russi, la División Azul ha fatto parte delle forze che hanno cercato di strangolare l’eroica città. Il popolo russo non perdonerà mai quell’orrendo crimine.
La destra fascista di Aznar, Rajoy e altri servi dell’impero, devono sapere qualcosa dei 16 mila caduti che ci sono stati tra i loro predecessori della División Azul e le Croci di Ferro con le quali Hitler ha premiato gli ufficiali e i soldati di quella divisione. Non c’è niente di strano in quello che fa oggi la polizia gestapo con gli uomini e donne che chiedono diritto al lavoro e al pane nel paese con più disoccupazione d’Europa.
Perché mentono tanto sfacciatamente i mezzi d’informazione di massa dell’impero?
Quelli che governano quei media, s’impegnano ad ingannare e abbrutire il mondo con le loro grossolane bugie, pensando forse che sia la risorsa principale per mantenere il sistema globale di dominio e saccheggio imposto, e in modo particolare le vittime vicine alla sede della metropoli, i quasi seicento milioni di latinoamericani e caraibici che vivono in questo emisfero.
La repubblica sorella del Venezuela è diventa l’oggetto principale di quella politica. La ragione è ovvia. Senza il Venezuela, l’impero avrebbe imposto il Trattato di libero Commercio a tutti i popoli del continente che abitano a Sud degli Stati uniti, dove ci sono le maggiori riserve di terra, acqua dolce e minerali del pianeta, come pure grandi risorse energetiche che, amministrate con spirito solidale verso gli altri popoli del mondo, costituiscono risorse che non possono e non devono cadere nelle mani delle multinazionali che impongono un sistema suicida infame.
Basta, per esempio, guardare la carta geografica per comprendere la criminale spoliazione che ha significato per l’Argentina strapparle un pezzo del suo territorio nell’estremità sud del continente. Lì i britannici hanno impiegato il loro decadente apparato militare per assassinare reclute inesperte argentine vestite con roba estiva mentre si era già in pieno inverno. Gli Stati Uniti e il loro alleato Augusto Pinochet hanno fornito all’Inghilterra un appoggio vergognoso. Ora alla vigilia delle Olimpiadi di Londra, il Primo Ministro David Cameron proclama anche lui, come già aveva fatto Margaret Thatcher, il suo diritto a usare i sottomarini nucleari per ammazzare argentini. Il governo di quel paese non riconosce che il mondo sta cambiando, e il disprezzo del nostro emisfero e della maggior parte dei popoli verso gli oppressori si incrementa ogni giorno.
Il Caso delle Malvine non è l’unico. Qualcuno forse sa come terminerà il conflitto in Afganistan? Alcuni giorni fa soldati nordamericani hanno oltraggiato i cadaveri di combattenti afgani, assassinati dai bombardieri senza pilota della NATO.
Tre giorni fa un’agenzia europea ha pubblicato che “il presidente afgano Hamid Karzai, ha dato il suo avallo a un negoziato di pace con i talebani, sottolineando che questa questione deve essere risolta dai cittadini del suo paese”, poi ha aggiunto: “… il processo di pace e riconciliazione appartiene alla nazione afgana e nessun paese o organizzazione straniera può togliere agli afgani questo diritto”.
D’altra parte, una corrispondenza pubblicata dalla nostra stampa, comunicava da Parigi che “la Francia ha sospeso oggi tutte le proprie operazioni di formazione e aiuto al combattimento in Afganistan e ha minacciato di anticipare il ritiro delle sue truppe, dopo che un soldato afgano ha ucciso quattro militari francesi nella valle Taghab, della provincia di Kapisa [¼ ] Sarkozy ha dato istruzioni al Ministro della Difesa Gérard Longuet di spostarsi immediatamente a Kabul, e ha ravvisato la possibilità di un ritiro anticipato del contingente”.
Scomparsa l’URSS e il campo socialista, il Governo degli Stati Uniti pensava che Cuba non potesse reggere. George W. Bush aveva già pronto un governo controrivoluzionario per comandare il nostro paese. Lo stesso giorno che Bush iniziò la sua guerra criminale contro l’Iraq, ho sollecitato le autorità del nostro paese a cessare con la tolleranza usata nei confronti dei capi controrivoluzionari che in quei giorni domandavano istericamente l’invasione di Cuba. In realtà, il loro atteggiamento costituiva un atto di tradimento nei confronti delle patria.
Bush e le sue stupidaggini hanno imperato per 8 anni e la Rivoluzione Cubana è durata già più di mezzo secolo. La frutta matura non è caduta nel seno dell’impero. Cuba non sarà un’altra forza con la quale l’impero si estenda sui popoli dell’America. Il sangue di Martí non si sarà sparso invano.
Domani pubblicherò un’altra Riflessione a complemento di questa.
Fidel Castro Ruz
24 gennaio 2012
7 e 12 p.m.
Riflessioni del compagno Fidel: “La genialità di Chávez.”
Fidel Castro Ruz
25 gennaio 2012
8 e 32 p.m.
( traduzione a cura della commissione internazionale della Rete dei Comunisti)
Il presidente Chávez ha presentato al Parlamento del Venezuela la sua relazione sull’attività realizzata nel 2011 e il programma da eseguire nell’anno in corso. Dopo aver adempito rigorosamente a tutte le formalità che richiede quell’importante attività, ha parlato nell’ Assemblea alle autorità ufficiali dello Stato, ai parlamentari di tutti i partiti, e ai simpatizzanti e avversari che il paese riunisce nella sua manifestazione più solenne.
Il leader bolivariano è stato amabile e rispettoso con tutti i presenti, come è solito fare. Se qualcuno chiedeva d’intervenire per qualche chiarimento, gli concedeva subito questa possibilità. Quando una parlamentare che lo aveva salutato amabilmente come gli altri avversari, ha chiesto di parlare, ha interrotto la sua relazione e le ha ceduto la parola, un gesto di grande altezza politica. Mi ha richiamato l’attenzione l’estrema durezza con cui il Presidente è stato apostrofato, con frasi che hanno messo a dura prova il suo senso di cavalleria e il suo sangue freddo. Era fuor di dubbio un’offesa, anche se non era nelle intenzioni della parlamentare. Solo lui è stato capace di rispondere con serenità all’insultante aggettivo “ladro” che lei ha utilizzato per giudicare il comportamento del presidente per leggi e misure adottate.
Dopo essersi sincerato dell’esatto termine usato, ha risposto alla domanda individuale di un dibattito con una frase elegante e tranquilla. “L’aquila non va a caccia di mosche”. E, senza aggiungere una parola, ha proseguito serenamente la sua esposizione.
È stata una insuperabile prova di mente sveglia ed autocontrollo. Un’altra donna, di indubbia origine umile, con parole emotive e profonde ha espresso la meraviglia per quanto aveva visto e ha fatto esplodere l’applauso dell’immensa maggioranza lì presente, che, dal rumore, sembrava provenire da tutti gli amici e da molti degli avversari del Presidente.
Più di nove ore ha investito Chávez nel suo discorso di rendiconto senza far venire meno l’interesse suscitato dalle sue parole, forse grazie all’incidente, è stato ascoltato da un incalcolabile numero di persone. Io, che molte volte ho affrontato ardui problemi in estesi discorsi facendo sempre il massimo sforzo affinché le idee che desideravo trasmettere si capissero, non riesco a spiegarmi come quel soldato di modesta origine fosse capace di mantenere, con la sua mente sveglia ed il suo ineguagliabile talento, tale esibizione oratoria senza perdere la voce né diminuire la sua forza.
La politica per me è il combattimento ampio e risoluto delle idee. La divulgazione è compito dei pubblicitari, che conoscono le tecniche per far sì che gli ascoltatori, spettatori e lettori facciano quello che loro si dice. Se tale scienza, arte o come si vuole chiamare, fosse impiegata per il bene degli esseri umani, meriterebbero un certo rispetto; il medesimo che meritano coloro che insegnano alle persone l’abitudine di pensare.
Nello scenario del Venezuela si sostiene oggi un gran combattimento. I nemici interni ed esterni della rivoluzione preferiscono il caos, come afferma Chávez, allo sviluppo giusto, ordinato e pacifico del paese. Abituato ad analizzare i fatti accaduti durante più di mezzo secolo, e ad osservare ogni volta con maggiori elementi di giudizio l’incerta storia del nostro tempo e il comportamento umano, uno impara quasi a predire lo sviluppo futuro degli eventi.
Promuovere una Rivoluzione profonda non era compito facile in Venezuela, un paese di gloriosa storia, ma immensamente ricco di risorse di vitale necessità per le potenze imperialiste che hanno determinato ed ancora determinano i modelli nel mondo.
Leader politici del tipo di Rómulo Betancourt e Carlos Andrés Pérez, mancavano di qualità personali minime per realizzare questo compito. Il primo era, per di più, eccessivamente vanitoso ed ipocrita. Ha avuto fin troppe opportunità di conoscere la realtà venezuelana. In gioventù era stato membro del Buró Político del Partido Comunista di Costa Rica. Conosceva molto bene la storia dell’America Latina e il ruolo dell’imperialismo, gli indici di povertà e il saccheggio spietato delle risorse naturali del continente. Non poteva ignorare che in un paese immensamente ricco come il Venezuela, la maggioranza del popolo viveva in estrema povertà. I filmati sono negli archivi e costituiscono prove inconfutabili di quelle realtà.
Come tante volte ha spiegato Chávez, il Venezuela per più di mezzo secolo è stato il maggior esportatore di petrolio nel mondo; navi da guerra europee e yankee all’inizio del XX secolo sono intervenute in appoggio di un governo illegale e tiranno che ha consegnato il paese ai monopoli stranieri. E’ noto che incalcolabili fondi sono usciti a ingrossare il patrimonio dei monopoli e della stessa oligarchia venezuelana.
Mi basta ricordare che, quando ho visitato per la prima volta il Venezuela, dopo il trionfo della Rivoluzione, per ringraziare della simpatia ed appoggio alla nostra lotta, il petrolio valeva solo due dollari al barile.
Quando ho viaggiato per assistere alla presa del potere di Chávez, il giorno che ha giurato sulla “moribonda Costituzione” che sosteneva Calderas, il petrolio valeva 7 dollari al barile, malgrado i 40 anni trascorsi dalla prima visita e i quasi 30 da quando il "benemerito" Richard Nixon aveva dichiarato che il cambio metallico del dollaro non esisteva più e gli Stati Uniti hanno cominciato a comprare il mondo con la carta. Per un secolo la nazione è stata somministratrice di combustibile a basso costo per l’economia dell’impero ed esportatrice netta di capitale verso i paesi sviluppati e ricchi.
Perché hanno predominato per oltre un secolo queste ripugnanti realtà?
Gli ufficiali delle Forze Armate dell’America Latina avevano le loro scuole privilegiate negli Stati Uniti, dove i campioni olimpici delle democrazie li istruivano in corsi speciali destinati a preservare l’ordine imperialista e borghese. I colpi di Stato erano i benvenuti, sempre che fossero destinati a “difendere le democrazie”, preservare e garantire un ordine così ripugnante, in alleanza con gli oligarchi; se gli elettori sapevano o no leggere e scrivere, se avevano o no abitazioni, lavoro, servizi sanitari e istruzione, questo non aveva importanza, basta che il sacro diritto di proprietà fosse sostenuto. Chávez spiega magistralmente queste realtà. Nessuno conosce come lui quello che succedeva nei nostri paesi.
Quello che era peggio, il carattere sofisticato delle armi, la complessità nello sfruttamento e nell’uso dell’armamento moderno che richiede anni di apprendistato, e la formazione di specialisti altamente qualificati, il prezzo quasi inaccessibile delle stesse per le economie deboli del continente, creava un meccanismo superiore di subordinazione e dipendenza. Il Governo degli Stati Uniti attraverso meccanismi che neanche consultavano i governi, traccia linee e determina politiche per i militari. Le tecniche più sofisticate di tortura si trasmettevano ai cosiddetti corpi di sicurezza per gli interrogatori a quelli che si ribellano contro l’immondo e ripugnante sistema di fame e sfruttamento.
Malgrado ciò, non pochi ufficiali onesti, disgustati da tanta sfacciataggine, hanno coraggiosamente tentato di sradicare quel mortificante tradimento alla storia delle nostre lotte per l’indipendenza.
In Argentina, Juan Domingo Peròn, ufficiale dell’Esercito, fu capace di disegnare una politica indipendente e di radice operaia nel suo paese. Un sanguinoso golpe militare lo fece cadere, lo espulse dal suo paese, e lo mantenne in esilio dal 1955 fino al 1973. Anni dopo, sotto l’egida degli yankee, diedero di nuovo l’assalto al potere, assassinarono, torturarono e fecero sparire decine di migliaia di argentini, e non furono neanche capaci di difendere il paese nella guerra coloniale che l’Inghilterra fece contro l’Argentina con l’appoggio complice degli Stati Uniti e dello sbirro Augusto Pinochet, con la sua coorte di ufficiali fascisti formati nella Escuela de las Américas.
A Santo Domingo,il Colonnello Francisco Caamaño Deñó; in Perù, il Generale Velazco Alvarado; a Panama, il Generale Omar Torrijos; e in altri paesi capitani e ufficiali che hanno sacrificato la vita anonimamente, sono stati l’antitesi del comportamento da traditori personificato da Somoza, Trujillo, Stroessner e le sanguinarie tirannie dell’Uruguay, El Salvador e altri paesi del Centro e Sud America. I militari rivoluzionari non esprimevano punti di vista teoricamente elaborati nei dettagli, e nessuno aveva il diritto di esigerlo, perché non erano accademici istruiti in politica, ma uomini con senso dell’onore che amavano il proprio paese.
Senza dubbio bisogna vedere fino a dove sono capaci di arrivare attraverso i sentieri della rivoluzione uomini di tendenze oneste, che ripudiano l’ingiustizia e il crimine.
Il Venezuela costituisce un brillante esempio del ruolo teorico e pratico che i militari rivoluzionari possono svolgere nella lotta per l’indipendenza dei nostri popoli, come già l’hanno fatto due secoli fa sotto il geniale comando di Simón Bolívar.
Chávez, un militare venezuelano di umile origine, irrompe nella vita politica del Venezuela, ispirato dalle idee del liberatore dell’America. Su Bolívar, fonte inestinguibile di ispirazione, Martí ha scritto: “ha vinto battaglie sublimi con soldati scalzi e mezzi nudi [... ] mai s’è combattuto tanto, né meglio, nel mondo per la libertà…”
“... di Bolívar - disse- si può parlare con una montagna come tribuna [... ] o con un mazzo di popoli liberi in pugno..”
“...quello che egli non lasciò fatto, senza fare sta fino ad oggi; perché Bolívar ha ancora da fare in America”
Più di mezzo secolo dopo, l’insigne laureato poeta Pablo Neruda scrisse su Bolívar un poema che Chávez ripete con frequenza. Nella sua strofa finale dice:
“Ho conosciuto Bolívar in una lunga mattina,
a Madrid, nella bocca del Quinto Reggimento,
Padre, gli dissi, sei o non sei o chi sei?
E guardando la Caserma della Montagna, disse:
‘Mi sveglio ogni cento anni quando si sveglia il popolo.”
Però il leader bolivariano non si limita all’elaborazione teorica. Le sue misura concrete non si fanno attendere. I paesi caraibici di lingua inglese, a cui le moderne e lussuose navi da crociera yankee disputavano il diritto a ricevere turisti nei loro hotel, ristoranti e centri ricreativi, non poche volte di proprietà straniera, che però, almeno, generavano impiego, saranno sempre grati al Venezuela per il combustibile somministrato da quel paese a condizioni di pagamento speciali, quando il barile raggiungeva prezzi che a volte superavano i 100 dollari.
Il piccolo Stato del Nicaragua, patria di Sandino, “Generale di Uomini Liberi”, dove la CIA per mezzo di Luis Posada Carriles, riscattato da una prigione venezuelana, ha organizzato uno scambio di armi/droga che è costato migliaia di vite e mutilati a quell’eroico popolo, anche lui ha ricevuto l’appoggio solidale del Venezuela. Sono esempi senza precedenti nella storia di questo emisfero.
Il rovinoso Accordo di Libero Commercio che gli yankee pretendono di imporre all’America Latina, come hanno fatto con il Messico, farebbe diventare i paesi latinoamericani e caraibici non solo la regione del mondo dove è peggio distribuita la ricchezza, che già lo è, ma anche un gigantesco mercato dove persino il mais e altri alimenti che sono fonte storica di proteina vegetale e animale sarebbero rimpiazzati dalle coltivazioni sussidiate dagli Stati Uniti, come già sta succedendo nel territorio messicano.
Le automobili d’uso e altri beni rimpiazzano quelli dell’industria messicana; tanto le città come le campagne perdono la loro capacità d’occupazione, il commercio di armi e droga cresce, giovani quasi adolescenti di solo 14 o 15 anni, in numero crescente, si convertono in temibili delinquenti. Non s’era mai visto che autobus o altri veicoli pieni di gente, che hanno pure pagato per essere trasportati dall’altra parte della frontiera in cerca di lavoro, fossero sequestrati ed eliminati in massa. Le cifre note crescono di anno in anno. Più di 10 mila persone stanno perdendo la vita ogni anno.
Non è possibile analizzare la Rivoluzione Bolivariana senza tener conto di queste realtà.
Le forze armate, in tali circostanze sociali, si vedono forzate a interminabili e costosissime guerre.
L’Honduras non è un paese industrializzato, finanziario o commerciale, neanche gran produttore di droga, però alcune delle sue città vincono il record di morti per violenza a causa della droga. In cambio, lì s’inalbera lo stendardo di un’importante base delle forze strategiche del Comando Sud degli Stati Uniti. Quello che succede lì e che sta succedendo in più di un paese latinoamericano è il dantesco quadro segnalato, dal quale alcuni paesi hanno cominciato a uscire. Tra quelli, e per primo, il Venezuela, ma non solo perché possiede grandi quantità di risorse naturali, ma perché le ha sottratte all’avarizia insaziabile delle multinazionali straniere e ha liberato considerevoli forze politiche e sociali capaci di raggiungere grandi risultati. Il Venezuela di oggi è un altro, molto diverso da quello che ho conosciuto solo 12 anni fa, e già allora mi aveva impressionato profondamente, vedendo che, come la Fenice, risorgeva dalla sue stesse storiche ceneri.
Alludendo al misterioso computer di Raúl Reyes, in mano agli Stati Uniti e alla CIA, a partire dall’attacco organizzato e somministrato da loro in pieno territorio ecuadoriano, che ha assassinato il sostituto di Marulanda e vari giovani latinoamericani disarmati, hanno lanciato la versione che Chávez appoggiava l’”organizzazione narco-terrorista delle FARC”. I veri terroristi e narcotrafficanti in Colombia sono stati i paramilitari che somministravano ai trafficanti nordamericani le droghe che si vendono sul maggior mercato di stupefacenti del mondo: gli Stati Uniti.
Non ho mai parlato con Marulanda, ma l’ho fatto con scrittori ed intellettuali degni di rispetto che l’hanno conosciuto bene. Ho analizzato il suo pensiero e la sua storia. Era senza dubbio un uomo coraggioso e rivoluzionario, non esito ad affermarlo. Ho spiegato che non concordo con lui nella tattica. A mio giudizio, due o tremila uomini sarebbero stati sufficienti a sconfiggere nel territorio della Colombia un esercito regolare convenzionale. Il suo errore era concepire un esercito rivoluzionario armato con quasi altrettanti soldati aveva l’avversario. Questo era estremamente costoso e virtualmente impossibile da gestire; è diventata una cosa impossibile.
Oggi la tecnologia ha cambiato molti aspetti della guerra; anche le forme di lotta cambiano. Di fatto il fronteggiarsi di forze convenzionali, tra potenze che posseggono armi nucleari, è diventato impossibile. Non bisogna avere le conoscenze di Albert Einstein, Stephen Hawking e altri migliaia di scienziati per capirlo. È un pericolo latente e il risultato si conosce, o si dovrebbe conoscere. Gli esseri pensanti potrebbero tardare milioni di anni per tornare a popolare il pianeta.
Malgrado tutto, io sostengo il dovere di lottare, che è qualcosa di innato nell’uomo, cercare soluzioni che gli permettano un’esistenza più ragionata e degna.
Da quando ho conosciuto Chávez, già alla presidenza del Venezuela, fino alla tappa finale del governo di Pastrana, l’ho sempre visto interessato alla pace in Colombia, ha favorito le riunioni tra il governo di Pastrana e i rivoluzionari colombiani che hanno avuto sede a Cuba, che si capisca bene, per un accordo vero di pace e non una resa.
Non ricordo di aver mai ascoltato Chávez promuovere in Colombia altra cosa che non fosse la pace, e neanche menzionare Raúl Reyes. Abbiamo sempre toccato altri temi. Lui apprezza particolarmente i colombiani; milioni di loro vivono in Venezuela e tutti traggono beneficio dalle misure sociali adottate dalla Rivoluzione, e il popolo della Colombia lo apprezza quasi quanto quello del Venezuela.
Desidero esprimere la mia solidarietà e stima al Generale Henry Rangel Silva, Capo del Comando Strategico Operativo delle Forze Armate, recentemente designato Ministro della Difesa della Repubblica Bolivariana. Ho avuto l’onore di conoscerlo quando in mesi ormai lontani ha fatto visita a Chávez a Cuba. Ho potuto apprezzare in lui un uomo intelligente e sano, capace e a volte modesto. Ho ascoltato il suo discorso sereno, coraggioso e chiaro, che ispirava fiducia.
Ha diretto l’organizzazione della sfilata militare più perfetta che ho mai visto di una forza militare latinoamericana, che speriamo serva da incoraggiamento ed esempio ad altri eserciti fratelli.
Gli yankee non hanno niente a che vedere con quella sfilata e non sarebbero capaci di farla meglio.
È estremamente ingiusto criticare Chávez per le risorse investite nelle eccellenti armi che sono ste esibite lì. Sono sicuro che mai si useranno per aggredire un paese fratello. Le armi, le risorse e le conoscenze dovranno marciare sui sentieri dell’unità per formare in America, come ha sognato Il Libertador, “… la più grande nazione del mondo, meno per la sua estensione e ricchezza che per la sua libertà e gloria”.
Tutto ci unisce più che all’Europa o agli stessi Stati Uniti, eccetto la mancanza di indipendenza che ci hanno imposto per 200 anni.
Fidel Castro Ruz
25 gennaio 2012
8 e 32 p.m.
“L’unità dei cubani ha fatto realtà dei sogni di indipendenza e giustizia sociale per i quali hanno lottato tante generazioni di patrioti, da Hatuey fino a Cespedes, Martì e Fidel.”
I manipolatori della grande stampa occidentale continuino pure ad illudere con le loro campagne anti cubane, ma le scelte e i fatti che giungono dall’isola sono molto chiari nella difesa e rafforzamento del socialismo.
1 febbraio 2012
Nello scorso fine settimana, alla presenza di oltre 800 delegati di tutto il paese, si è celebrata nella storica cornice del Palazzo delle Convenzioni de La Habana, la Prima Conferenza Nazionale del Partito Comunista Cubano decisa nel VI Congresso dell’aprile scorso.
A conclusione dei lavori, il Primo Segretario del Partito Raul Castro Ruz ha rivolto con estrema chiarezza un messaggio a quanti, fuori da Cuba, si illudevano o in maniera non disinteressata auspicavano che la Conferenza segnasse l’inizio dello smantellamento politico e sociale della Rivoluzione reclamando la restaurazione del modello multipartitico.
Tralasciando quindi gli “illusi” e le “illusioni” e analizzando le questioni reali sul tappeto, è bene partire dal dato che la prima Conferenza Nazionale dell’organizzazione è stata pianificata per cominciare una prima verifica sulla concreta attuazione delle linee di perfezionamento socio-economiche adottate dal VI Congresso, a nove mesi di distanza dal suo svolgimento.
“La missione di questa Conferenza è riassumere il frutto dei criteri, delle opinioni e dei suggerimenti di centinaia di migliaia di militanti e far sì che si trasformino in obiettivi di lavoro, impegni e orientamenti per garantire il completo compimento degli accordi del VI Congresso del Partito e soprattutto le Tesi di Politica Economica e Sociale del Partito e della Rivoluzione”, ha dichiarato il secondo segretario del PCC, José Ramón Machado Ventura, aprendo l’importante incontro dei comunisti cubani.
Il dibattito ha preso in esame il ruolo del Partito nella direzione e nel controllo sistematico del processo di attualizzazione e di implementazione del modello economico e la necessità di rendere il lavoro del Partito stesso sempre più dinamico, stimolando il confronto ma anche la battaglia politica di fronte a schemi e atteggiamenti burocratici, a vecchi vizi, come l’improvvisazione, il formalismo, la falsa unanimità e l’opportunismo.
Nel suo intervento conclusivo, Raul ha ribadito che non è esistita e non esisterà mai una rivoluzione senza errori, perché sono opera di uomini e popoli che hanno dovuto affrontare e misurarsi con enormi e smisurate minacce. Così come non si può pensare che le decisioni prese dalla Conferenza nazionale e dal VI Congresso possano costituire la soluzione magica ai problemi di Cuba e proprio per questo andranno sottoposte a verifica due volte l’anno dal Burò Politico e dei comitati provinciali e comunali dell’organizzazione.
Fondamentale quindi è il lavoro a cui è chiamato il Partito, i compiti nuovi e la necessità di una chiara distinzione dei ruoli nella direzione del Partito, del Governo, dello Stato e delle imprese.
La confusione e la duplicazione dei ruoli ha prodotto in passato rallentamenti e difetti sia nel lavoro politico che deve compiere il Partito che nell’autorità e nei compiti dello Stato e del Governo, perché con questo approccio anche i funzionari finiscono con il non sentirsi responsabili nelle loro decisioni.
Liberare quindi il Partito da tutte le attività che non corrispondono al suo carattere di organizzazione politica, a partire dalle funzioni amministrative. Chiamare ognuno a svolgere i propri compiti in base alla propria collocazione è l’orientamento che è stato assunto dal Congresso e ribadito nella Conferenza, a partire dal maggiore impegno che viene assegnato ai dirigenti delle imprese che in un modello meno centralizzato e legato a specifici obbiettivi di produzione, per contribuire a una maggiore efficienza del sistema economico, dovranno prendere decisioni e assumersi maggiori responsabilità.
Infine è bene ricordare che un importante documento teorico e politico del Partito Comunista di Cuba sulla natura e la funzione di un partito comunista nelle sfide di questa fase storica (che abbiamo tradotto e pubblicato sui nostri siti), è stato posto come base di discussione della Prima Conferenza di organizzazione.
La versione iniziale del documento base, è stata discussa in 65.000 riunioni dei nuclei del Partito e nei comitati di base della UJC (Unione dei Giovani Comunisti), ha prodotto più di un milione di opinioni con modifiche e cambi di obbiettivi che sono stati presi in esame dagli 811 delegati della Conferenza.
Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, recita la conosciuta massima, ma avremmo gradito che almeno per una volta, al solito coro dei soliti sordi, non si unisse la sempre più sbandata e confusa informazione di sinistra. E non stiamo parlando del “mitico” Omero Ciai de La Repubblica che di sinistra non è mai stato e che inventa notizie basate sul nulla, come spunto per poter parlar male di Cuba. Questa volta (ne parliamo in un altro articolo su Contropiano) la notizia è la presunta conversione di Fidel Castro alla religione cattolica. Peraltro molti comunisti non solo cubani, ma dell’intero continente latino-americano sono cristiani, cattolici o di altre religioni e non vediamo dove sia il problema.
E’ invece poco sopportabile la continua distorsione dei fatti e delle scelte politiche del PC cubano, che in modo più sottile, indiretto, ma non meno subdolo leggiamo ad esempio sulle pagine del Manifesto.
Non si capisce, dato che è lì, a quali fonti attinga il corrispondente all’Avana di questo giornale, visto che contro ogni evidenza continua a raccontarci come ha fatto durante il VI Congresso di un Partito impegnato nell’attuazione di riforme, aperture al mercato, perestroike o al contrario come ci dice oggi a commento della Conferenza Nazionale di mancate aperture, di obbiettivi non raggiunti, della “asfittica economia cubana” o della crisi di egemonia politica nella società.
L’unica spiegazione a tutto ciò va forse ricercata nella disperazione di una sinistra eurocentrica che ha perso la bussola e non sapendo indicare alcuna prospettiva di trasformazione se la prende con chi, anche nelle difficoltà di questa fase, difende e preserva le conquiste della Rivoluzione e del socialismo.
In conclusione, non se ne abbiano a male i manipolatori della grande stampa occidentale, continuino pure ad illudere con le loro campagne anti cubane, ma le scelte e i fatti che giungono dall’isola sono altri e ci sembra molto chiari.
“Rinunciare al principio di un solo partito, ha detto Raul, equivarrebbe, semplicemente, a legalizzare il partito o i partiti dell’imperialismo in suolo patrio e sacrificare l’arma strategica dell’unità dei cubani che ha fatto realtà dei sogni di indipendenza e giustizia sociale per i quali hanno lottato tante generazioni di patrioti, da Hatuey fino a Cespedes, Martì e Fidel.”
E’ sempre più viva, quindi, la volontà di preservare la nazione cubana e le conquiste economiche e sociali sul vincolo dell’indissolubile unità tra la Patria, la Rivoluzione e il Socialismo, per “migliorare il sistema socialista e non permettere mai il ritorno del regime capitalistico”.
Commissione Internazionale della Rete dei Comunisti