La Commissione internazionale della Rete dei Comunisti ha partecipato al 3°Congresso del Partito Comunista danese (KP- Kommunistik Parti ) che si è tenuto a Copenaghen dal 18 al 19 novembre e che ha visto impegnati circa 150 compagni, tra loro molti i giovani e donne, provenienti dalle 13 federazioni .

Questo congresso è una tappa importante per il KP, un congresso che chiude una prima fase di omogeneizzazione della fusione del 2006 tra il DKP/ML e l’organizzazione Assemblea Comunista e aggiorna la pianificazione del lavoro futuro mettendo al centro del dibattito congressuale :

  1. Lo sviluppo del lavoro teorico e di analisi della crisi economica e le sfide strategiche per il Partito

    1. Le conseguenze della crisi in Danimarca e la battaglia per la difesa del welfare .

    2. La critica la capitalismo e la riaffermazione del socialismo come alternativa necessaria solidale e sostenibile

    3. Le elezioni locali del 2013 dove il KP concorrerà da solo

  2. La critica al regime monopolista dell’EU e della BCE da cui discendono il dumping sociale e la chiusura degli spazi democratici.

  3. Il rafforzamento dell’organizzazione attraverso il lancio di campagne nazionali per sviluppare il lavoro locale e l’attività generale del partito .

  4. L’impegno di tutto il Partito nel lavoro di costruzione dell’organizzazione della gioventù comunista

  5. La formazione politica dei militanti con particolare attenzione ai giovani e ai nuovi membri del partito. L’obiettivo è ampliare il numero dei quadri politici e creare le condizioni un ricambio generazionale nei prossimi 10 anni.

  6. Sviluppare i mezzi di comunicazione del Partito;“il quotidiano dei lavoratori” (Arbejderen), siti internet e social network .

 

Le delegazioni presenti al Congresso

Al congresso oltre alla RdC erano presenti alcune delegazioni di Partiti e organizzazioni comuniste .

Il rappresentante del Partito Comunista Greco (KKE) ha esordito dicendo che “Il KKE, ha detto chiaramente al popolo greco che è impossibile creare uno sviluppo a beneficio del popolo, fino a quando il potere è nelle mani del capitale e fino a quando la Grecia è membro dell'UE e della NATO” Il compagno greco ha poi proseguito : “Rifiutiamo l’idea opportunista della sinistra europea che pensa ad una gestione dell’ Europa dei monopoli“

Anche il Partito Comunista dei Popoli di Spagna (PCPE) , il Polo per la rinascita Comunista Francese, la Piattaforma comunista Turca ed il Partito comunista di Svezia, hanno portato il loro saluto al congresso .

Nell’intervento tenuto dalla Commissione internazionale della RdC si è insistito sulla natura imperialista del polo europeo diviso gerarchicamente in 5 aree e guidato dall’asse franco - tedesco.

Le lotte che hanno attraversato l’Europa hanno ben compreso la natura di classe dell’Unione. Non ha caso le parole d’ordine comuni dei movimenti di resistenza sociale sono sintetizzabili nello slogan "Dentro l'Europa, ma fuori della UE”.

L’esempio dei movimenti politici che ora guidano l’America Latina ci dice che si può uscire dall’euro e creare una area di libero scambio alternativa come l’ALBA.

Un’area di scambio che possiamo chiamare ALIAS (Area Libera per l’Interscambio Alternativo Solidale), con una sua moneta. L’uscita dall’euro da parte di paesi dell’Europa mediterranea con caratteristiche comuni e complementari è un’alternativa politica.

E’ una strada che rivendica la nazionalizzazione dei settori determinanti, come le banche, le industrie strategiche e legate alle risorse, per disegnare un’economia solidale e delle sostenibilità socio-ambientali verso la riaffermazione della pianificazione socialista come unico metodo per la trasformazione del superamento del modo di produzione capitalistico. E’ un passaggio di prospettiva che richiede un forte protagonismo di classe attorno ad un programma di fase, in grado di invertire i rapporti di forza nel conflitto capitale-lavoro, riconquistano così terreno di potere a favore dei lavoratori” .

Mentre sugli schermi del congresso scorrevano le immagini dei Presidenti Chavez e Morales ospiti dei meeting organizzati dal KP sono intervenuti applauditissimi l’Ambasciatrice di Cuba Yamira Cueto Milan e l’incaricato di Affari dell’Ambasciata del Venezuela Roger Carbacho .

Il congresso si è poi fermato per ascoltare il saluto di Anton Nielsen, storico militante comunista di 72 anni che sta scontando una condanna a 6 mesi di carcere, per avere raccolto 17mila corone a favore di un progetto umanitario legato al Fronte Popolare di Liberazione della Palestina .

IL KP, con cui la Rete dei Comunisti (RdC) da diversi anni ha rapporti di amicizia, è una delle tre maggiori formazioni comuniste presenti Danimarca.

Al congresso oltre alle delegazioni straniere erano invitati anche gli altri due partiti comunisti, il Partito dei Comunisti in Danimarca (KPiD - Kommunistik Parti i Danmark) ed il Partito Comunista Danese(DKP- Danmarks Kommustike Parti) . Queste due formazioni partecipano all’alleanza Rosso Verde (Ehnedsliste), presente in parlamento con 2 seggi che garantisce un sostegno esterno critico al governo social democratico.

KPiD e DKP da tempo hanno avviato un dibattito tra gruppi dirigenti in direzione del processo di unificazione a cui il DKP partecipa come osservatore . Il risultato è la collaborazione tra i tre partiti nella promozione di iniziative comuni sul terreno dei movimenti sociali, ambientalisti e nella solidarietà internazionalista.

 

Il quadro politico

Le elezioni del 15 settembre 2011 hanno portato alla sconfitta del governo conservatore. Il nuovo governo è formato dal Partito Social Democratico, Partito Socialista del Popolo, e dal Partito Social Liberale Danese.

Il KP durante la campagna elettorale ha dato indicazione a votare la Lista Rosso Verde.

Nel paese c’erano forti aspettative rispetto al governo socialdemocratico la cui piattaforma governativa tra diversi punti prevedeva:

  1. Un piano di investimenti di 18 miliardi di corone pari a 2.5 miliardi euro finalizzati all’occupazione

  2. La cancellazione dei tagli alla spesa pubblica ed ai benefit sociali

  3. L’eliminazione delle norme razziste nei confronti dei lavoratori immigrati

Il governo guidato dai social democratici ha invece continuato la politica della precedente amministrazione conservatrice, aprendo solo sui temi dei diritti civili e sulla circolazione dei lavoratori immigrati.

Per quanto riguarda la politica economica, il governo socialdemocratico ha recepito il capitolo privatizzazioni imposto dall’UE in merito alle prestazioni mediche,ospedaliere e all’istruzione pubblica. In perfetta continuità con le precedenti coalizioni conservatrici l’amministrazione socialdemocratica ha mantenuto la politica di compressione salariale e della stabilità monetaria, una ricetta che contraddistingue il fratello maggiore tedesco,votato anche lui all’esportazione.

Gli aumenti salariali, frutto dei rinnovi contrattuali, non coprono l’inflazione ne l’aumento delle tasse, questo sta generando un malcontento tra i lavoratori che per un buon 60% sono iscritti alle confederazioni sindacali .

 

La politica del KP

Nei documenti congressuali il KP afferma che questo governo non rappresenta gli interessi dei lavoratori.

E’ un governo subalterno al polo monopolista dell’UE che impone il dumping sociale, le privatizzazioni, i tagli al welfare all’interno del paese e all’esterno conferma e aumenta la collaborazione con la NATO negli scenari delle guerre imperialiste.

Il Partito si è fatto promotore di numerose mobilitazioni contro le guerre di aggressione all’Afganistan, all’Iraq prima e alla Libia, un’impronta internazionalista che vede il KP spendersi nella solidarietà con Cuba e con i paesi dell’ALBA.

Diversi interventi dei responsabili del partito hanno sottolineato che anche in Danimarca la Bce e l’UE impongono politiche economiche senza passare per il parlamento, un accentuazione in senso reazionario della democrazia borghese che secondo i dirigenti del KP segnala una tendenza al fascismo.

Una delle forme di intervento di carattere generale vede il KP partecipare ad un’alleanza per la difesa e l’estensione del welfare come elemento redistributivo e di opposizione alle politiche autoritarie. Un’alleanza simile a quanto accade in Italia con l’assemblea “noi il debito non lo paghiamo” promossa dai sindacati di base, da associazioni e da molte organizzazioni politiche tra cui la RdC.

La stampa

Il governo socialdemocratico ha confermato i tagli all’editoria che hanno colpito anche il giornale Arbejderen “il quotidiano dei lavoratori”. Una perdita a cui il partito ha risposto con una campagna di sottoscrizione che ha raccolto un milione di corone.

Nel suo intervento la direttrice del giornale ha spinto molto sull’importanza del rafforzamento del giornale attraverso la professionalizzazione e all’inserimento dei militanti nel lavoro del giornale, e in conclusione del suo intervento ha ripetuto che rafforzare il giornale equivale a rafforzare il partito .

 

La costruzione dell’organizzazione della gioventù comunista

Come il KP è impegnato in maniera decisa sul reclutamento di giovani militanti ; sono stati diversi i giovani che sono intervenuti dal palco relazionando sulle strutture di massa e sui settori di intervento per cui sono responsabili , che hanno gestito la presidenza e che ricoprono posti di responsabilità nelle strutture di massa, assicurando un buon livello di dibattito nel congresso .Un lavoro che ha visto aumentare l’ingresso nel Partito di giovani , tanto che il reclutamento in città come Copenhagen è triplicato. Eloquenti le immagini del primo maggio del 2011 con 25.000 persone assiepate di fronte al palco messo in piedi dal KP.

Il 3° Congresso del Kommunistik Parti è un importante passaggio non solo per i comunisti e per i lavoratori danesi, ci dice che in Nord Europa in prossimità del cuore del polo imperialista, c’è una soggettività comunista in crescita e che si relaziona il conflitto di classe nel resto del continente europeo .

 

A CURA DELLA Commissione internazionale della Rete dei Comunisti

 

Sito del Kommunistik Parti (Danimarca) ( http://kommunister.dk )

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il Portogallo è il terzo Paese della zona euro ad aver “beneficiato” di un piano di aiuti dopo la Grecia e l’Irlanda, in cambio l’esecutivo si è impegnato ad attuare un rigoroso piano di riforme e misure di austerità a senso unico.

 

Come denunciava la CGTP (Confederação Geral do Trabalho Português) questo piano è stato elaborato dal governo di centro destra, composto da PSD Partido Social Democrata , CDS Centro Democrático Social e PS Partido Socialista, in ottemperanza ai diktat della Troika europea (BCE, FMI, UE) e prevede misure draconiane per il popolo portoghese. Praticamente la stessa amara medicina che i poteri forti stanno imponendo a tutti i paesi dell’area più debole dell’Europa, i tristemente famosi PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna).

Se a tutto ciò aggiungiamo che in Portogallo la disoccupazione ha già raggiunto livelli record oltre il 13% e che i senza tetto sono in aumento in tutto il Paese, si comprendono le ragioni del successo dello Sciopero Generale indetto il 24 novembre dalla CGTP e dalla UGT, che ha visto l’adesione di più di 3 milioni di lavoratori portoghesi per esprimere un netto rifiuto alle misure di “risanamento” portate avanti dal governo di centro-destra. Si sono registrate manifestazioni in più di trenta città, che hanno coinvolto tutti i settori produttivi. Impressionante l’adesione anche nella Pubblica Amministrazione che ha raggiunto livelli storici, con la paralizzazione della raccolta dei rifiuti, con una forte adesione dei lavoratori della sanità e dell’istruzione con la chiusura di centinaia di scuole.

Come ha dichiaratoJerónimo de Sousa, Segretario generale del PCP Partido Comunista Portugues, “in migliaia di aziende e luoghi di lavoro, milioni di lavoratori, hanno espresso oggi un combattivo NO! al Patto di Aggressione, in una giornata memorabile in difesa dei diritti dei lavoratori e di un Portogallo sviluppato e sovrano... Uno Sciopero Generale che ha costituito una poderosa risposta alla maggior offensiva dai tempi del fascismo. Uno sciopero contro lo sfruttamento e l’impoverimento, contro il corso di disastro nazionale che PSD, CDS e PS, sottomessi agli interessi del grande capitale nazionale e transnazionale, vogliono imporre al Portogallo.”

Dopo il successo e la forza espressa dallo Sciopero Generale, la lotta continuerà già dal prossimo 30 Novembre, in un’azione promossa dalla CGTP di fronte all’Assemblea della Repubblica (il Parlamento) proprio nel giorno della votazione finale della proposta di Bilancio dello Stato per il 2012, e si proietterà in avanti nelle aziende e luoghi di lavoro contro il Patto di Aggressione, per un Portogallo con un futuro diverso da quello concertato da esecutivo e UE.

Anche in Portogallo si assiste all’accelerazione di un trend che ha caratterizzato il corso della crisi in questi anni, la trasformazione del debito privato in debito pubblico, attraverso tagli drastici della spesa sociale per la ricapitalizzazione delle banche.

Tendenza ben evidenziata dal discorso di Bernardino Soares deputato del PCP all’ Assemblea della Repubblica, che denunciava l’ipocrisia del Ministro delle Finanze quando affermava la necessità dell’etica sociale nell’austerità e che le misure restrittive del bilancio non avrebbero avuto eccezioni: “ Mentre si tagliano 2 miliardi di euro tra salari e riforme; mentre si aumenta l’IVA, anche sui beni essenziali, per più di 2 miliardi; e allo stesso tempo si taglia 1 miliardo nella salute e più di 1 miliardo e mezzo nell’istruzione, il Governo si prepara a consegnare 12 miliardi di euro alle banche private in Portogallo. Questo nello stesso momento in cui procede con misure restrittive dei diritti dei lavoratori, tra le quali solo l’aumento di mezz’ora di lavoro al giorno significa il trasferimento di più di 7 miliardi al capitale”.

Anche Jerónimo de Sousa, Segretario generale del PCP denuncia l’ipocrisia di coloro che “dicono al popolo che le banche sono al centro dell’attività economica e, per questo, devono essere stabilizzate attraverso la loro ricapitalizzazione, in modo da poter iniettare denaro nell'economia. Le stesse banche che, nel corso degli anni e con particolare evidenza dal 2007, hanno ottenuto guadagni favolosi - tra il 2007 e il 2010, quattro anni di crisi profonda, i guadagni delle banche sono stati più di 10 miliardi di euro – come mai avevano conseguito”.

E’ inaccettabile per Jerònimo de Sousa che, dopo anni e anni di guadagni, le banche esigano dallo Stato la disponibilità di fondi pubblici per il rafforzamento della loro liquidità; lo Stato, invece, dovrebbe negoziare con la Troika la possibilità di iniettare i 12 miliardi di euro nell’economia reale attraverso il rafforzamento del capitale della Cassa Generale di Depositi per un appoggio all’economia e in concreto alle micro, piccole e medie imprese, lasciando alle banche e ai propri azionisti la responsabilità della propria ricapitalizzazione.

Per uscire dalla crisi, il Partito Comunista sostiene una politica che rifiuti il piano di austerità, rinegozi il debito negli interessi nei tempi e negli importi, valorizzi i salari e le riforme, promuova lo sviluppo dell'apparato produttivo e della produzione nazionale e collochi nelle mani dello Stato, sotto il controllo pubblico, i settori strategici dell'economia. Una politica basata su strumenti che supportino l'economia reale, non speculativa, di reale sostegno, in particolare per i settori produttivi delle micro, piccole e medie imprese.

Il PCP ritiene che la lotta al deficit e alla riduzione del debito esterno debba privilegiare la crescita economica e gli investimenti produttivi, mettendo sotto il controllo pubblico in particolare le banche commerciali e le assicurazioni.

Jerònimo de Sousa chiede più Stato nell’economia, una maggiore vigilanza e un maggior controllo democratico, una gestione al servizio del paese e del popolo: “un controllo pubblico che permetta all’economia di accedere a un sistema pubblico di credito che si opponga alla logica della ricerca del massimo guadagno al servizio dei banchieri e degli azionisti delle banche, e si ponga al servizio dello sviluppo economico”.

Anche per il PCP, dunque, la politica dell’austerità non è una soluzione, perché la riduzione del consumo pubblico restringe la domanda e di conseguenza la crescita a breve termine; l’aumento della disoccupazione e la chiusura delle imprese riducono la base impositiva fiscale e il problema del deficit, quindi, si aggrava.

 

Il PCP, in solidarietà con lo sciopero generale, ribadisce il suo impegno di sempre con i lavoratori e il popolo portoghese. La lotta che proseguirà sarà ancora più impegnativa, ma la forza e la determinazione che questo sciopero ha dimostrato danno la certezza che non solo è necessaria, ma possibile la realizzazione di una politica patriottica e di sinistra che contribuisca a salvare il paese dal disastro che gli si vuole imporre”.

 

 

A cura della Commissione Internazionale della Rete dei Comunisti

 

Fonte: http://www.pcp.pt

 

L’esposizione della Germania per la crisi è enorme e la situazione può solo peggiorare, mentre l’eurozona sta ripiombando in recessione.

La Germania è esposta per 211 miliardi di euro nel fondo di salvataggio europeo EFSF, così come per l’iniziale pacchetto di prestiti per la Grecia. Se l’eurozona dovesse rompersi nell’astio, con la morsa dei default sovrani e un crollo simile agli anni ’30, le perdite potrebbero spingere il debito tedesco verso il 120 per cento del PIL.

Gary Jenkins di Evolution Securities ha detto che il contagio dell’UEM al cuore dell’Europa ha portato all’attenzione la prospettiva di una rottura e ha sollevato l’interrogativo su quanto a lungo la Germania possa ancora rimanere un porto sicuro. "Un qualsiasi scenario pessimista potrebbe richiedere almeno una sostanziale ricapitalizzazione delle banche tedesche e garantire il debito dei partner dell’eurozona."

I critici dicono che la Germania non è né carne né pesce. Ha sostenuto i salvataggi dell’UEM abbastanza per mettere in pericolo il valore del proprio credito, senza impegnarsi nella “potenza di fuoco” necessaria per ripristinare la fiducia ed eliminare i rischi di default su Spagna e Italia. È difficile intraprendere una politica più distruttiva.

Ancora non ci sono cambiamenti in vista. La Cancelliera Angela Merkel va ripetendo che la Germania non accetterà l’unificazione del debito dell’UE o un blitz di acquisti della BCE. "Se i politici pensano che la BCE possa risolvere i problemi dell’euro, stanno cercando di convincersi di qualcosa che non avverrà", ha detto.

E non essendo in grado di offrire vie d’uscita, anche per la Germania il “pantano” si avvicina.

 

A cura della Commissione Internazionale della Rete dei Comunisti



Fonte: Telegraph.co.uk

Traduzione dell' analisi editoriale del sito Global Times sullo status di seconda potenza mondiale della Cina. 

16/11/2011


La Cina è realmente la seconda potenza mondiale?

La Cina stessa in realtà è piuttosto recalcitrante ad ammetterlo.

Esempi storici del passato, come quelli del Giappone e dell'Unione Sovietica,

mostrano che lo status di seconda potenza mondiale comporta vari rischi, proprio perché tale status porta ad essere mal visto dalla prima, che tenta di ricacciarla indietro.
La Cina, in quanto portatrice di una cultura e di un'ideologia diversa da quella dell'Occidente, viene tenuta sotto stretta sorveglianza.
I funzionari cinesi sono sempre molto attenti nella scelta delle parole, e parlano di sviluppo pacifico piuttosto che di ascesa, ma gli occidentali raramente credono alle intenzioni pacifiche della Cina e si sentono nervosi ad ogni mossa che essa compie.
La crescita di grandi potenze ha sempre portato ad una redistribuzione del potere mondiale, e contenere la seconda potenza mondiale è diventata una sorta di convenzione della politica internazionale.
Per ora la relazione tra Stati Uniti e Cina è la migliore che si è mai avuta nella storia tra la prima e la seconda potenza mondiale, e l'approccio di basso profilo e di moderazione della Cina hanno contribuito non poco a questo stato, tuttavia il ruolo sempre più evidente della Cina come seconda potenza mondiale sta portando gli Stati Uniti a prendere delle misure preventive contro di essa.
La Cina deve sforzarsi di mantenere relazioni non ostili nei confronti degli Stati Uniti.
A causa di una mancanza di fiducia strategica tra le due parti, è naturale che gli Stati Uniti mobilitino maggiori risorse per tentare di contenerla. La Cina deve prepararsi a ciò e cercare di evitare ogni dannosa incomprensione.
Essere la seconda potenza mondiale comporta molti rischi, ma finché rimaniamo socialmente coesi possiamo abbassare significativamente la soglia di rischio.
Ciò che è preoccupante oggi, è che la società cinese non è più così unita e ciò ha portato ad una divergenza di interessi e valori, su cui potrebbero fare leva le forze esterne.
Questo ci obbliga a risolvere più velocemente tali problemi, cosa non semplice vista la complessa situazione interna.
Un'attitudine alla risoluzione dei problemi ed una chiara consapevolezza della situazione interna sono la chiave per mantenere la solidarietà e la coesione interna alla società cinese.
I prossimi 10-15 anni saranno la chiave della prosperità cinese.
se noi li attraverseremo con successo, avremo un brillante futuro, altrimenti, è certo che ci sarà un contraccolpo.

 

Fonte:

 

http://www.globaltimes.cn/NEWS/tabid/99/ID/684096/Second-power-status-brings-many-risks.aspx

 

Ripreso dal Quotidiano del Popolo online

 

http://english.peopledaily.com.cn/90780/7646226.html

 

Traduzione a cura della Commissione Internazionale della Rete dei Comunisti.

Realizzazione: Natura Avventura

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