La Rete dei Comunisti condivide e appoggia pienamente le iniziative indette a Roma il 3 ottobre 2012 dall’USB-UNIONE SINDACALE DI BASE nell’ambito della “Giornata internazionale di azione”, promossa dalla Federazione Sindacale Mondiale-FSM per rivendicare il diritto all’alimentazione, all’acqua, alla salute, all’istruzione e all’abitare, diritti sempre più negati dalla globalizzazione del sistema capitalistico di produzione e dal saccheggio delle risorse naturali ed energetiche, perpetrato dalle multinazionali che affamano e riducono in miseria le popolazioni e distruggono il sistema ambientale del pianeta.

In mattinata, presso la sede della Provincia di Roma si è svolto l’Incontro Internazionale "Per la Sovranità Alimentare dei Popoli" presieduto da Paola Palmieri dell’Ufficio Internazionale dell’USB: i lavori sono stati aperti dal saluto con relazione introduttiva di Rita Martufi Rappresentante Permanente della FSM presso la FAO-Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura e sono proseguiti con la relazione di Julien Huck Segretario Generale dell’UISTAACT-Unione Sindacale Internazionale Agro-Alimentare e con gli interventi di sindacalisti del Senegal, dell’Ecuador, della Tunisia, dell’Egitto, della Polonia, della Serbia, della Francia e di Blas Berriel Pena Segretario dell’UISTAACT-Cuba. George Pontikos del Pame ha svolto le conclusioni per la FSM dell’importante incontro internazionale.

Sia la relazione che gli interventi hanno denunciato la mercificazione di cibo, acqua, medicine da parte del sistema di produzione capitalista alla continua ricerca di sempre maggiori profitti. Negli ultimi anni i prezzi alimentari sono aumentati vertiginosamente, garantendo i super-profitti dei monopoli e delle multinazionali, a scapito degli agricoltori e degli allevatori che, invece, hanno visto ridursi in maniera inversamente proporzionale il prezzo dei loro prodotti, e a scapito anche dei consumatori finali che devono pagare un costo sempre più alto per l’acquisto di cibo.

La produzione di agrocombustibili da parte delle multinazionali, come alternativa al petrolio per soddisfare il bisogno delle società industrializzate, è la principale causa dell’aumento dei prezzi dei prodotti e della conseguente fame delle popolazioni: la coltura estensiva di mais geneticamente modificato sta distruggendo l’ambiente per l’inquinamento dei terreni a causa dell’utilizzo di grandi quantità di agrochimici e per lo sfruttamento delle riserve di acqua; ma provoca anche l’estromissione dei contadini dalla produzione primaria, riducendoli alla miseria e all’esclusione sociale.

Il paradosso è che, comunque, la produzione di agrocombustibili è insufficiente, perché rappresenta solo il 7% della produzione energetica; un prezzo altissimo da pagare – la fame nel mondo – per uno scarsissimo beneficio: il pieno di un auto con questo biocarburante sarebbe sufficiente a sfamare un cittadino, ad esempio africano, per un anno.

Per l’FSM, cibo e acqua sono beni comuni, come il diritto alla salute e all’istruzione di cui le popolazioni devono poter usufruire gratuitamente e sufficientemente, nel pieno rispetto dell’ambiente.

La produzione alimentare deve essere pianificata in base ai bisogni nutrizionali dei popoli, nel rispetto della salute e dell’ambiente: solo in questo contesto il cibo è un bene comune e non mezzo di profitto. Il problema dell’alimentazione è di classe e politico: ogni minuto muoiono di fame 37.000 persone, per colpa della voracità delle società sviluppate del nord del mondo.

Per risolvere il problema della fame, come ha dichiarato il cubano Blas Berriel Pena, si deve fermare questa politica genocida e lo si può fare solo con la lotta unita dei popoli per la rivendicazione della sovranità alimentare. A Cuba, ha detto, dove si sta aggiornando il modello economico, vengono distribuite in usufrutto le terre ai contadini, offrendo finanziamenti e formazione tecnica per arrivare a un modello di autoconsumo che prevede l’associazione in cooperative addette alla produzione e alla distribuzione. Le economie locali sono l’unica alternativa per la sovranità e la sicurezza alimentare, l’unica soluzione decisiva al problema della fame nel mondo.

I sindacalisti aderenti alla Federazione Sindacale Mondiale, denunciando l’inerzia e la sottomissione della FAO alle politiche neoliberiste responsabili del genocidio, della riduzione in miseria dei popoli del Sud del mondo e della distruzione ambientale, hanno deciso che nei prossimi giorni presenteranno all’ Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura una loro piattaforma rivendicativa a sostegno degli interessi dei contadini, dei lavoratori e dei poveri del pianeta.

La Rete dei Comunisti ha aderito e partecipato nel pomeriggio al corteo organizzato dall’ USB-UNIONE SINDACALE DI BASE, a cui hanno preso parte insieme a centinaia di lavoratori italiani, oltre centocinquanta militanti del forte e combattivo sindacato greco Pame, e ai rappresentanti sindacali dei vari continenti, a testimonianza del carattere internazionalista e unitario delle lotte dei sindacati aderenti alla FSM.

Il corteo partito dal Colosseo ha raggiunto la sede della FAO, perché lì si terrà dal 15 al 20 ottobre la 39° sessione del Comitato sulla sicurezza alimentare nel mondo; da un palco allestito di fronte all’istituzione mondiale sono intervenuti gli ospiti internazionali sui temi al centro della giornata internazionale.

La Rete dei Comunisti appoggia pienamente, condivide e sostiene i contenuti e le forme di lotta della Federazione Sindacale Mondiale contro la globalizzazione neoliberista, responsabile di affamare e ridurre in miseria le popolazioni e di provocare i disastri ambientali del pianeta, perché reputa la lotta sociale e di classe, l’arma principale per contrapporsi allo sfruttamento capitalista e per costruire il suo superamento nella prospettiva socialista e rivoluzionaria.

4 ottobre 2012

Commissione Internazionale della Rete dei Comunisti

 

Cinismo. Non c’è altra parola per definire l’ipocrita atteggiamento dei politicanti Cileni delle 2 Destre (la “Vecchia Destra” della Coalición por el Cambio e la “Nuova Destra” della Concertación, il PRI e il PRO) che hanno governato insieme il Cile al servizio dei grandi Imprenditori e dell’Imperialismo fin dalla “fine” formale (ma non reale) della dittatura fascista di Pinochet nel 1990.

Mentre molti di loro esprimono attualmente la loro “profonda preoccupazione per la situazione dei Diritti Umani a Cuba e in Siria” a causa della morte di in supposto “prigioniero politico” cubano Wilman Villar (in realtà un delinquente comune) in un preteso Sciopero della Fame mai esistito e della giusta risposta di legittima difesa del Regime Rivoluzionario, Democratico, Antimperialista e Antisionista Siriano (capeggiato dal compagno Presidente Bashar al Assad) e del suo popolo davanti alla Criminale Aggressione dell’imperialismo Yenkee, Europeo e Canadese e le loro marionette israeliane, arabe e turche, (aggressione infame che l’Imperialismo attraverso i suoi Mezzi di Stampa cerca di far apparire come una supposta “sollevazione popolare” mentre si tratta solo di una insurrezione armata i cui protagonisti sono i Controrivoluzionari siriani e i Mercenari stranieri finanziati, addestrati e armati dallo stesso imperialismo e dei suoi lacchè), il compagno Eduardo Rojas, Dirigente del Sindacato dei Marittimi e Portuali Specializzati di San Antonio (SEMPE) ha intrapreso già da oltre 50 giorni uno Sciopero della Fame per protesta contro l’ingiusta emarginazione di cui sono stati vittime i lavoratori del suo sindacato da parte dell’Impresa del Porto di San Antonio (EPSA) nel processo di licitazione in cui dovevano essere inclusi tutti i lavoratori del Porto di San Antonio, quando quest’impresa ha iniziato a esternalizzare le sue operazioni negli ultimi anni, come conseguenza del passaggio, dissimulato, dei Porti del Cile in mano dei privati iniziato sotto il Governo di Eduardo Frei Ruiz-Tagle e continuato con i Governi Concertazionisti di Lagos e Bachelet.

Invece, “curiosamente” questo Sciopero della Fame reale ed effettivo che il compagno Eduardo Rojas sta facendo nella sede della Central Unitaria de Trabajadores (sindacato CUT ) di San Antonio dal 3 gennaio scorso non ha motivato la benché minima preoccupazione da parte di questi politicanti, sempre così “preoccupati dei Diritti Umani” quando si tratta di condannare e lanciare infamie contro Regimi e Movimenti che non si sottomettono ai dettami dell’Imperialismo. Generalmente si dedicano a ripetere come pappagalli ammaestrati tutte le bugie e i montaggi dei mezzi di stampa pro-imperialisti, ma, “stranamente”, brillano per assenza quando gli scioperi della fame sono in Cile e le vittime di violazione dei Diritti Umani sono Prigionieri Politici Mapuche che lottano per la loro libertà e per il diritto ad un giudizio giusto, Comunità contadine mobilitate in difesa del loro ambiente e dell’accesso all’acqua (come quelle di Caimanes, nella provincia di Choapa), lavoratori del trasporto che esigono che gli si paghino i loro salari e i versamenti non fatti (come i dipendenti del “Transaraucaria”, impresa che rifornisce il TranSantiago), professori che digiunano perché si cancella il “Debito storico” che lo Stato del Cile ha con loro dal 1981 o Studenti delle superiori che lottano per il loro diritto a un’istruzione gratuita, Statale, laica, partecipativa e d’eccellenza, come sono stati i casi di Scioperi della Fame fatti nel nostro paese negli ultimi anni, in cui questi politicanti non sono mai comparsi da nessuna parte a “Difendere i Diritti Umani” e, quando si sono fatti vivi, è stato solo per figurare sulla stampa e cercare di utilizzare questi conflitti a loro favore.

Lo stesso accade con la maggior parte dei mezzi di stampa tradizionale del Cile, che salvo scarsissime eccezioni, non hanno dedicato una riga o un secondo a questo conflitto.

Per questo abbiamo chiesto di diffondere questa informazione il più ampiamente possibile tra tutti i vostri contatti e amici, come una forma concreta di appoggio a questa giusta lotta.

Infine, per completare quest’informazione, vi inviamo vari link a Youtube con immagini di differenti momenti dello sciopero della fame di cui è protagonista il compagno Eduardo Rojas, e vari link a Internet con la verità sulla morte del falso “dissidente” cubano Wilman Villar e la degna risposta del Governo di Cuba alla cinica affermazione del governo cileno su questo caso, in cui lo invita a preoccuparsi di risolvere le cause degli scioperi della fame veri che diversi settori sociali e paesi hanno fatto in Cile negli ultimi anni, a rischio della propria vita e salute, affinché le proprie giuste richieste fossero ascoltate e considerate.

I Link a Youtube sullo sciopero della fame del compagno Eduardo Rojas sono i seguenti:

1.- Dirigente Portuale di San Antonio si rivolge al Ministro Andrés Chadwick e allo Stato del Cile dopo 21 giorni di sciopero della fame: http://www.youtube.com/watch?v=Rw3fAgENNSY

2.- Da 18 giorni in sciopero della fame lavoratore portuale di San Antonio rivendica i suoi diritti

http://www.youtube.com/watch?v=ANELx_UyGj8

4.- Lavoratore di San Antonio inizia uno sciopero della fame. http://www.youtube.com/watch?v=llPc_-82k8k

5.- 28 DIC 2011 Portuale in sciopero della fame . http://www.youtube.com/watch?v=jSQMZyiRjB0

6.- Sciopero della fame al Porto SAN ANTONIO. 3 gennaio 2012

http://www.youtube.com/watch?v=hfjdWvBVkBE

7.- Lavoratore Portuale da 45 giorni in sciopero della fame. 16 DE FEBRERO 2012

http://www.youtube.com/watch?v=zy4iR1a3M9k

I Link a Internet con la verità sulla morte del falso “dissidente” cubano Wilman Villar e la degna risposta del Governo di Cuba alla cinica affermazione del Governo del Cile su questo caso:

1.- http://www.cubadebate.cu/noticias/2012/01/23/editorial-de-granma-denuncia-deliberada-manipulacion-politica-tras-muerte-de-preso-comun/

2.- http://www.cubadebate.cu/noticias/2012/01/20/nota-del-gobierno-cubano-sobre-la-muerte-de-wilman-wilar-mendoza/

3.- http://combatenews.bligoo.com.mx/cuba-responde-a-vocero-de-gobierno-chileno-no-intente-ganar-popularidad-inventando-un-disidente

 

FRATERNAMENTE

PARTITO RIVOLUZIONARIO MARXISTA-LENINISTA DEL CILE

PRML DE CHILE

PER IL POTERE OPERAIO, POPOLARE E ORIGINARIO…

SOCIALISMO MULTINAZIONALE

 

Due grandi bandiere quella di Cuba e quella della Palestina hanno fatto da sfondo alla manifestazione, che ha visto la partecipazione di tantissimi compagni e compagne che si sono dati appuntamento al Colosseo per la giornata internazionale del prigioniero politico. Il 17 aprile la giornata internazionale del prigioniero politico palestinese a Roma così ha assunto un carattere pienamente internazionalista allargandosi a sostegno della battaglia di libertà per tutti prigionieri politici antimperialisti.Nella stessa piazza si è celebrata infatti la prima delle cinque giornate (17 -21 aprile) di mobilitazione internazionale a sostegno della liberazione dei cinque patrioti cubani imprigionati da oltre 14 anni nelle galere statunitensi .

A chiamare la manifestazione sono stati il Forum Palestina, la Palestinian Prisoners’ Society, Nuestra America, Comitato Italiano Giustizia per i 5, Comitato con la Palestina nel cuore, Radio Città Aperta, Circolo Italia-Cuba di Roma “Julio Antonio Mella”, il Collettivo Militant e con un specifico comunicato l’Unione Sindacale di Base.

La Federazione sindacale Mondiale (FSM- WFTU) ,di cui l’USB fa parte, ha infatti aderito alla giornata mondiale a sostegno del prigioniero politico palestinese, dando vita a sit in e manifestazioni di fronte ai consolati israeliani in diverse città nel mondo. In questo modo il sindacalismo di classe e conflittuale ha portato il suo sostegno concreto a questa importante giornata di mobilitazione .

Tanti popoli una lotta c’era scritto nei comunicati: ”la lotta di Cuba rivoluzionaria non è separata dalla lotta del popolo palestinese, non è diversa e non può essere separata dalla lotta di quanti in tutto il mondo si battono per il progresso e l’indipendenza del proprio popolo, in Latino America, in Africa ma anche in Europa; è lo stesso blocco di interessi economici e politici che, in forme diverse da paese a paese, impone il suo dominio a danno dei popoli”.

Alla manifestazione si sono aggiunte le bandiere del PKK del Kurdistan sotto occupazione Turca una folta delegazione di curdi si è unita alla manifestazione ed ha denunciato le condizioni dei prigionieri e del Presidente Ocalan anch’esso sepolto vivo nell’isola prigione di Imrali. La bandiera basca (Ikurrina) ricordava il prezzo durissimo che la sinistra di classe ed i sindacalisti baschi stanno pagando per una lotta che dura da decenni e che anche nell’ultimo periodo ha visto appunto l’incarcerazione di diverse figure del movimento sindacale.

In diverse città d’Italia si sono svolte manifestazioni a sostegno dei prigionieri politici palestinesi,Pisa, Milano solo per citarne alcune e senza dimenticare quelle messe in campo negli scorsi mesi a testimoniare l’attenzione che giustamente i compagni riservano al tema della resistenza popolare. In questa cornice la campagna per la liberazione dei cinque rivoluzionari oltre a continua ad attivare con grande impegno tutte le associazioni e comitati di solidarietà sta ormai investendo settori sempre più ampi della società, persino ambienti per noi inusuali e non coincidenti e coinvolte nei nostri percorsi di lotta, ad esempio come il mondo cattolico , in particolare delle parrocchie dei quartieri popolari, insieme ad altri settori religiosi che si sono dimostrati culturalmente sensibili ed interessati a sostenere la campagna promossa e organizzata in Italia dal Comitato Giustizia per i Cinque. Negli ultimi tre decenni l’ideologia del nuovo ordine mondiale attraverso delle guerre senza fine ha messo in atto un offensiva su vasta scala.

Con questa iniziativa si è deciso di sottolineare come la repressione dei movimenti di liberazione debba essere inquadrata nel più ampio conflitto che contrappone le forze imperialistiche al fronte antimperialista internazionale. In questo senso la lotta e la solidarietà internazionalista per la liberazione dei prigionieri politici rafforza i legami tra le organizzazioni ed i movimenti rivoluzionari e progressisti.

 

Privo di un effettivo contrappeso il capitalismo, anche in ragione della crisi sistemica in cui si dibatte, ha ridisegnato gli equilibri contro la classe lavoratrice a livello mondiale, attraverso un’ offensiva che è stata ideologica, economica, sociale, ma è stata anche segnata dalla chiusura degli spazi di agibilità politica e dal costante ricorso alla guerra e alla repressione sempre più dura contro i movimenti rivoluzionari, dell’opposizione sociale, del sindacalismo di classe,indipendente e conflittuale. Davanti alla crisi, all’accentuata competizione tra aree valutarie e nuove potenze emergenti, il capitale internazionale chiude gli spazi di mediazione e contrappone la più ferrea repressione contro tutte le spinte emancipatrici dei popoli.

Ritorna con forza la politica neo coloniale che in alcuni casi si traveste da guerra umanitaria, in altri si presenta come lotta al narcotraffico, è il caso del Plan Colombia, oppure attraverso le politiche di strozzinaggio del FMI e della Banca Mondiale. Questa offensiva però deve fare i conti con la resistenza dei popoli, in Europa, in Medio Oriente, Afganistan, ed in maniera politicamente più avanzata in Latino America con l’alleanza politica, e socio- economica dei paesi dell’ALBA nel progetto del Socialismo nel XXI secolo.

Il "nuovo ordine mondiale", il "nuovo Medio Oriente", o “ l’iniziativa per il Sud America” assumono così il significato di fronti di battaglia antimperialista , sempre di più anche a carattere anticapitalista, contro il barbaro dominio imposto dagli Stati Uniti , da Israele, dall’Unione Europea e da tutti gli alleati della NATO .

Nel caso dell’occupazione israeliana, questa si fa ogni giorno più dura e si rafforza facendo leva sul ruolo strategico che ricopre nei confronti della politica neocoloniale delle potenze imperialiste nell’area del Medio Oriente e del Nord Africa. Sarebbe un errore non mettere in relazione , l’aumento della repressione israeliana contro il nemico “interno” palestinese e la politica di aggressione verso i paesi dell’area, Siria ed Iran in primo luogo. Per Israele la questione palestinese deve essere tenuta duramente sotto controllo a maggior ragione di fronte all’apertura di possibile conflitto regionale. Anche per queste ragioni Israele si sente legittimata ad incrementare l’uso della forza all’interno dei confini imposti dalla sua occupazione. La lotta dei prigionieri, e per la loro liberazione, è bene ricordarlo per stessa dichiarazione dei palestinesi in carcere e fuori , è tutta interna al movimento di liberazione nazionale. Nelle prigioni il movimento palestinese serra le fila contro l’occupante sionista e trova elementi di unità nelle parole dei suoi leader e nell’azione dei detenuti. Sostenere questa lotta è un dovere ed insieme una necessità politica tutta interna ai valori più alti dell’internazionalismo .

Nella stesso modo i popoli dell’America Latina combattono il nemico imperialista che aggredisce i popoli del Medio Oriente. La battaglia lanciata per il ritorno immediato nel loro paese dei Cinque rivoluzionari cubani, rientra a pieno titolo nella lotta internazionale di resistenza antimperialista, anticapitalista ,per il diritto all’autodeterminazione dei popoli. I Cinque cubani sono ostaggi politici in mano all’impero USA, perché pagano con lunghe pene detentive la colpa di avere smascherato le complicità tra lo Stato Nord Americano e la rete terroristica anticubana. L’attuale fase di rinascita politica dell’America Latina segnata da un forte protagonismo delle masse popolari, è fortemente legata a Cuba. Le esperienze dei governi del Venezuela, della Bolivia, dell’Ecuador,del Nicaragua, come di altri paesi a guida progressista come l’Argentina o del Brasile, hanno sviluppato con il governo cubano un processo di relazioni socio-economiche e politiche che di fatto contrastano gli interessi economici imperialisti in Latino America . Cuba attraverso i Cinque paga quindi per essersi difesa dal terrorismo di Stato, paga perché il suo carattere rivoluzionario socialista continua ad essere un riferimento importante per il Continente Rebelde e per i rivoluzionari in tutto il mondo.

Da sempre l’imperialismo, degli Stati Uniti ed europeo,usa ogni mezzo contro i governi ed i paesi che si liberano dal dominio del capitale e scelgono la strada dell’autodeterminazione , dell’indipendenza. Il diritto alla resistenza, questo è quello che l’imperialismo vuole seppellire nelle prigioni di annientamento turche, nei supercarceri israeliane, nelle carceri spagnole, nei penitenziari statunitensi; ecco perché è sempre centrale il percorso della solidarietà internazionalista di classe, una ragione in più per sostenere la resistenza dei popoli in lotta e rivendicare da subito la liberazione dei prigionieri politici .

Commissione Internazionale Rete dei Comunisti

Roma 21-4-2012

 

Di seguito pubblichiamo l’intervento tenuto dalla tribuna congressuale dalla commissione internazionale della RdC .

 

Cari compagni

Porto il saluto della mia organizzazione la Rete dei comunisti e della commissione internazionale di cui faccio parte al vostro terzo congresso che cade nel mezzo di una profonda crisi sistemica del modo di produzione capitalistico .Un aspetto più volte ripreso nell’agenda dei vostri lavori, dove al compito di approfondire l’analisi sulla crisi economica, affiancate l’importanza in questa fase di rafforzare l’organizzazione del partito dando maggiore spinta al lavoro tra le nuove generazioni e nei movimenti sociali, percependo giustamente che la profondità di questa crisi crea anche le condizioni per intensificare la denuncia dei limiti e delle storture del capitalismo, “ ponendo il socialismocome alternativanecessaria, solidale”. Siamo interessati al lavoro di elaborazione e di azione del Partito Comunista Danese, soprattutto dove segnala la necessità di mettere in campo un programma di riforme “democratiche” o di struttura tese ad accumulare consensi su una piattaforma che rivendichi la redistribuzione della ricchezza. Intervenendo così sulle contraddizioni che apre la crisi economica, opponendo all’attacco ai salari ed al welfare sostenuto dalle ricette liberiste , una proposta rivendicativa che partendo dagli interessi di classe sappia porsi con una prospettiva di carattere generale .

Oggi con la crisi cambiano di nuovo le “figure“ della composizione di classe e quel processo che aveva fatto crescere i redditi nei paesi sviluppati modifica nuovamente direzione e comincia a riprendere la divaricazione tra diversi settori sociali.

Le nostre forze agiscono all’interno del polo imperialista europeo, pur con le dovute differenze essendo legate al proprio specifico contesto.

La gerarchia interna all’Unione Europea è ben individuabile nelle 5 aree definite dal punto di vista produttivo ed economico: l’Europa centrale (quella del modello esportatore tedesco, appoggiato e affiancato dalla borghesia francese), i paesi Nord europei (quelli del keynesismo sociale, cioè del mantenimento del welfare nei termini ancora possibili), i paesi a  economia debole come Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna (i cosiddetti PIIGS), i paesi dell’Est-europeo (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Romania ecc.) cioè quelli della delocalizzazione produttiva (utili per tentare di risolvere la conflittualità sul versante del costo e dei diritti del lavoro) e la zona  Afro-Mediterranea (Algeria, Marocco, Tunisia, ecc...) Siamo perciò di fronte ad una Unione Europea che ha in se delle formidabili crepe.La crisi sistemica del capitalismo ha rimesso in discussione non solo l’egemonia degli USA e dell’area del dollaro, ma ha messo in grande difficoltà anche il polo imperialista europeo. E’ così che l’attuale contesto si caratterizza con l’accresciuta competizione tra i poli imperialisti e tra le aree economiche emergenti. La crisi di valorizzazione del capitale, accentua la competizione globale, rafforzando cosi la tendenza alla guerra e alla rapina delle risorse economiche e all’attacco alla classe lavoratrice .

 

L’internazionalismo di cui abbiamo bisogno nasce da un interrogativo ‘semplice’ ma pur tuttavia di carattere strategico: quale può essere il nostro ruolo e quello degli altri soggetti di classe operanti oggi in Europa , nel nostro contesto di area a capitalismo avanzato dentro il polo imperialista europeo ?

Alla lotta di classe aperta dalle borghesie europee nei confronti della classe lavoratrice in maniera modulata a seconda della divisione del lavoro assegnata alle diverse aree, hanno corrisposto lotte e movimenti di diversa intensità . La combattività e la persistenza della lotta è stata più evidente laddove c’è un forte e radicato movimento di classe , fatto di organizzazione sindacali e partiti comunisti. Questi movimenti, in queste lotte hanno palesato la cognizione della natura di classe dello scontro ed hanno ben compreso la natura e la ragione sociale dell’Unione Europea della BCE.

E’ anche per questa ragione che si va affermando tra le organizzazioni di classe europee la consapevolezza rispetto ad un n comune obiettivopolitico: l'uscita dallaUE, contro il suoruoloe la funzioneoriginaria, vale a dire una potenza imperialistaguidata dallaborghesia tedesca ed in subordine francese. Questo obiettivo è sintetizzabile con lo slogan, "Dentrol'Europa, ma fuori della UE" è una battaglia forsedifficile,mapensiamo che sial'unica possibile, se si consideral'equilibrio dei poteritra le classie gli Stati. A partire dall’Europa mediterranea , dai cosidetti PIIGS, dobbiamo lavorare alla costruzione di un movimento che sappia andare oltre lo slogan noi il debito non lo paghiamo. Capire che si può uscire dalla crisi con nuovo modello di sviluppo, sull’esempio che ci viene dai paesi dell’America Latina che sono stati sottoposti per anni alle politiche del FMI .Li i movimenti sociali e politici hanno messo in campo una vertenzialità e lotte durissime che li hanno portati al governo. E’ da questi paesi, una volta legati al dollaro, che ci viene l’indicazione che si può uscire dal’euro e creare una area di libero scambio alternativa all’UE a guida Franco Tedesca.

Un area di scambio che abbiamo definito ALIAS Area Libera per l’Interscambio Alternativo Solidale. Che si doti di una sua moneta e che reindirizzi la politica economica verso i lavoratori, dandogli cioè una caratteristica di interesse generale. Significa riaffermare il predominio della politica , nel nostro caso degli interessi di classe, rispetto al feticcio del mercato come modello sociale naturale e quindi possibile. Le borghesie Tedesca e Francese cioè dei paesi esportatori che guidano l’Euro-polo hanno imposto ai cosiddetti PIIGS un processo di deindustrializzazione, le economie di paesi come Italia , Grecia e Portogallo sono legate ai servizi verso il turismo e le imprese . Oggi i PIIGS sono importatori di merci e debito. L’uscita dall’euro, quindi dall’Eurozona o Euro-polo, è un’opzione e un passo verso la soluzione dei gravi squilibri strutturali delle economie periferiche che non sono semplicemente squilibri finanziari ma son innanzitutto di carattere produttivo. L’uscita dall’euro da parte di paesi che hanno delle caratteristiche comuni e complementari, come i paesi dell’Europa mediterranea è un alternativa politica, rispetto al fallimento suicida delle singole monete e al lento strangolamento dell’Europa delle banche.

Una strada che rivendica la nazionalizzazione dei settori determinanti , come le banche, le industrie strategiche e legate alle risorse, per disegnare una economia solidale e delle sostenibilità socio-ambientali verso la riaffermazione della pianificazione socialista come unico metodo per la trasformazione del superamento del modo di produzione capitalisticoE’ un passaggio di prospettiva che richiede la scesa in campo di un movimento di lotta con caratteristiche nel caso nostro, sovrannazionali che rimetta al centro la redistribuzione delle ricchezza a vantaggio dei lavoratori. Un protagonismo di classe che sappia aprire con le lotte, vertenze su riforme strutturali creando organizzazione di classe in grado di accumulare forze e consensi, attorno ad un programma di fase. Un programma che comunque nel rivendicare salario e diritti sia in grado di invertire i rapporti di forza nel conflitto capitale-lavoro, riconquistano così terreno di potere a favore dei lavoratori .

 

La segreteria nazionale della Rete dei Comunisti

La commissione internazionale della Rete dei Comunisti 

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