Centro Studi Cestes e Nuestra America alla conferenza internazionale di solidarietà con Cuba di Berlino.
Written by nuestra americaSi è conclusa questa notte a Berlino una tre giorni di solidarietà internazionalista con Cuba e con l’ALBA. Presenti 130 delegati in rappresentanza di 30 paesi europei: tra loro, il professor Luciano Vasapollo e Rita Martufi, presenti a nome del centro studi Cestes, dell’associazione e rivista Nuestra America e di Radio Città Aperta, tre realtà che da anni portano avanti lotte e un lavoro di informazione corretta ed approfondita su Cuba e sull’America Latina.
“Queste giornate sono state importanti” ha raccontato questa mattina il professor Vasapollo ai microfoni di Radio Città Aperta, praticamente appena arrivato da Berlino. “Erano rappresentati 30 paesi europei, dell’Ovest e dell’Est, dove si pensa che, dalla caduta del muro di Berlino, non siano più presenti realtà e movimenti sociali, internazionalisti, comunisti e democratici avanzati. Ma non è così, e anche questa tre giorni ha evidenziato il grande fermento sociale che riporta alla luce queste battaglie”.
Il professor Vasapollo ha poi raccontato come si sono svolti i lavori, e di cosa si è dibattuto: “Centrale la presenza della delegazione cubana, rappresentata ai massimi livelli. Molto importante e significativa la presenza di Elizabeth Palmeiro, la moglie di Ramon, uno dei cinque patrioti cubani illegalmente detenuti negli Stati Uniti”. Luciano Vasapollo e Rita Martufi hanno svolto una serie di incontri bilaterali con diverse personalità, associazioni, partiti e sindacati di molti paesi europei presenti alla conferenza.
“Comprendere la crisi e i suoi effetti sullo Stato sociale. Origini, sviluppo e alternative”.
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Si sono svolte nei giorni 23 e 24 novembre Le Giornate Internazionali di Economia organizzate dalla FESGA- Fondazione per lo Studio e la Divulgazione della Questione Sociale e Sindacale in Galizia e dal sindacato CIG presso il Museo Provinciale di Lugo.
Per i relatori italiani, in rappresentanza del Centro studi CESTES-PROTEO dell’Unione Sindacale di Base,gli economisti marxisti Luciano Vasapollo e Rita Martufi, non c’è cura economica per uscire da questa profonda crisi rimanendo nell’ambito dell’accettazione delle compatibilità di questo sistema, va invece invertita la relazione presente nella società capitalista, e quindi ponendo da subito la politica come direttrice fondamentale per le scelte di governo dell’economia solidale e a compatibilità socio-ambientale .
Paola Tiberi , per Radio Città Aperta
29.11.2012
Economisti, intellettuali militanti,sindacalisti , attivisti politici e dei movimenti sociali, docenti universitari, provenienti da Galizia, Catalogna, Portogallo, Italia e Messico si sono riuniti nella città di Lugo, della comunità autonoma della Galizia, per analizzare le origini e lo sviluppo dell’attuale crisi sistemica del capitalismo, le risposte date dai principali attori economici e politici dell’Unione Europea, le conseguenze di tali risposte sullo Stato sociale e per proporre alcune alternative che esplorano le possibili soluzioni della crisi.
In apertura dei lavori, la relazione del sociologo Adrian Sotelo Valencia, Dottore in Studi Latinoamericani della Facoltà di Scienze Politiche e Sociali dell’UNAM-Università Autonoma del Messico e Investigatore nel campo della sociologia del lavoro e della Teoria della Dipendenza del Centro Studi Latinoamericani della stessa Università, si è concentrata sulla rigorosa analisi dell’attuale crisi di rendimento del capitale che non riesce più a riprodurre i tassi di profitto voluti, per cui ricorre a un maggiore sfruttamento della forza del lavoro.
L’origine della crisi deriva da questa insufficienza di plusvalore, dall’incapacità cioè di generare un eccedente sufficiente per una crescita economica, simile a quella che si ebbe dopo la II Guerra Mondiale, e dal fatto che neanche le nuove tecnologie sono sufficienti a garantire tassi di crescita economica per la creazione di occupazione e aumento della produttività.
Adrian Sotelo Valencia ha messo in guardia anche dai facili ottimismi degli organismi monetari e finanziari e della stampa internazionale: la crisi è molto intensa, estesa e difficile da superare, anzi si sta approfondendo come denota il declino degli Stati Uniti come potenza egemonica, o la decelerazione dell’economia cinese, o le sempre più crescenti difficoltà dei paesi dell’eurozona e più specificatamente Grecia, Spagna e Portogallo che soffrono delle classiche misure neoliberali imposte dalla UE e dalla BCE, basate sull’austerità, l’inflazione, la contrazione della spesa sociale, dell’investimento pubblico, dei salari e delle pensioni.Queste misure hanno colpito lo stato sociale e i diritti contrattuali dei lavoratori, provocando alti indici di disoccupazione e bassi salari, riduzione dei mercati interni che ha effetti esplosivi sulla contrazione delle economie, anche sulla più sviluppata economia tedesca che registra sempre più bassi indici di crescita.
Per il docente messicano, all’interno del sistema capitalista è molto difficile trovare soluzioni al profondo ciclo recessivo dell’economia; queste soluzioni possono emergere soltanto dal mondo del lavoro, da un grande accordo dalla base che ridisegni un progetto storico dello sviluppo umano e sociale e superi i confini del capitalismo.
L’intervento di Miren Etxezarreta della Catalogna, Economista, Dottoressa in Economia della London School of Economics e della Università Autonoma di Barcellona ha esaminato l’incidenza dell’UE nell’economia e nelle politiche economiche della Spagna. L’economista propone di lasciare che affondino le banche in difficoltà, piuttosto che vengano salvate con fondi pubblici e ha invitato a una mobilitazione sociale contro le misure sbagliate attuate dal governo per mitigare gli effetti della crisi, volte ad aiutare la finanza, non l’economia e meno che mai le popolazioni.La cattedratica ha definito l’UE “un’organizzazione non democratica”, guidata dalle transnazionali, che sta indicando l’applicazione di misure che hanno deteriorato l’economia spagnola e provocato un peggioramento dei diritti dei lavoratori. Per Miren Etxezarreta queste politiche di austerità mirano ad ottenere molti benefici con il finanziamento del debito, a impadronirsi delle ricchezze dei paesi della periferia dell’unione, a distruggere lo Stato sociale e indebolire la democrazia.
A fronte di queste politiche, considerate inefficaci per uscire dalla crisi, l’economista catalana propone che la BCE emetta Euro-bonds, acquisti il debito dei paesi membri, che si concedano garanzie congiunte o si diano aiuti sociali e alla produzione.
Per i relatori italiani, in rappresentanza del Centro studi CESTES-PROTEO dell’Unione Sindacale di Base,gli economisti marxisti Luciano Vasapollo, Professore di analisi di Dati di Economia Applicata dell’Università di Roma La Sapienza, e Rita Martufi, Ricercatrice socio-economica e Rappresentante della Federazione Sindacale Mondiale FSM presso la FAO, non c’è cura economica per uscire da questa crisi sistemica, rimanendo nell’ambito dell’attuale modo di produzione, va invece invertita la relazione presente nella società capitalista, e quindi ponendo da subito la politica come direttrice fondamentale per le scelte di governo dell’economia solidale e a compatibilità socio-ambientale.
I due economisti indicano nell’Alba ,Alleanza Bolivariana per i Popoli di Nuestra America - nata proprio in alternativa all’Alca– e nella sua moneta di cambio Sucre un valido esempio che potrebbe essere seguito dai paesi dell’Europa Mediterranea, uscendo dall’Eurozona, costituendo un’alleanza internazionalista e anticapitalista intorno ai PIGS, dotandosi di una propria moneta di compensazione come IL Sucre,e dirottando le risorse destinate al pagamento del debito a investimenti nel sociale e a compatibilità ambientale e nelle nazionalizzazioni e il rafforzamento dell’economia pubblica in genere.
Per Luciano Vasapollo la BCE sta applicando ai paesi mediterranei dell’Europa, le stesse ricette di taglio neoliberale che il FMI ha applicato nei decenni scorsi in America Latina; ma questa politica di austerità non può nulla contro la crisi sistemica, perché approfondisce ulteriormente la crisi economica, sociale e di sovrapproduzione inducendo anche quella di domanda che fa fallire qualsiasi tentativo di crescita e qualsiasi illusione di una nuova fase keynesiana. Una soluzione si può individuare solo nel recupero di un nuovo e radicale protagonismo del mondo del lavoro e del lavoro negato e dei movimenti sociali in percorsi fortemente caratterizzati da un forte e significativo anticapitalismo. Ciò si può realizzare attraverso obiettivi anche tattico rivendicativi che rafforzino i lavoratori nel conflitto ; ad esempio il non pagamento del debito è una strada percorsa già da altri paesi sia in America Latina, come l’Argentina e l’Ecuador, e in Europa dall’Islanda, e consentirebbe di dirottare le risorse in investimenti pubblici, nella sfera sociale, politiche a favore dell’occupazione giovanile, la nazionalizzazione delle banche e delle imprese operanti in settori strategici: energia, istruzione, sanità, trasporti e telecomunicazioni, a partire dalla costruzione dell’alleanza ALIAS incentrata sugli interessi dei lavoratori dei paesi del Mediterraneo,per combattere l’Europolo imperialista e porre le basi per processi di fuoriuscita politica dalla crisi sistemica su percorsi possibili di transizione verso una società socialista.
Anche Rita Martufi ha ribadito con forza la proposta del Centro Studi Cestes-Proteo e per questo è indispensabile la creazione di una nuova moneta di compensazione che permetta alle relazioni commerciali dei paesi alleati di non passare per l’euro e non sottostare così alla speculazione monetaria internazionale. Impensabile, proprio per questo motivo, un ritorno alle singole monete nazionali preesistenti l’euro.
Rita Martufi, facendo riferimento alla mancanza di tensione sociale in Italia, denuncia la voluta ostinatamente perdita di capacità di mobilitazione dei sindacati tradizionali che accettano supinamente le regole imposte dalla Germania e dai poteri forti dell’Europolo e non vogliono percorrere strade di lotte conflittuali e di un serio e combattivo sciopero generale; rivendica il fatto di appartenere a un sindacato di classe l’USB-Unione Sindacale di Base che è stato l’unico sindacato a proclamare uno sciopero generale e a promuovere nel conflitto strade di alternativa sistemica. La Rappresentante della FSM presso la FAO ha segnalato, inoltre, il pericolo della possibilità di realizzare un’Europa a due velocità, che comporterebbe un ulteriore aggravamento delle condizioni dei nostri paesi; per la “periferia europea”, invece, risulta molto più percorribile l’ipotesi di una nuova area che potrebbe includere anche alcuni paesi africani che si affacciano sul Mediterraneo, e i paesi dell’est europeo dove si sono realizzate le delocalizzazioni produttive con costi del lavoro bassissimi.
La proposta dell’uscita dei paesi del Mediterraneo dall’euro e del non pagamento del debito pubblico alla BCE e la nazionalizzazione dei settori strategici , è stata appoggiata nella sua relazione anche da Pedro Carvalho, economista e consigliere presso l'Ufficio Tecnico dell’Unione dei Sindacati di Porto (Portogallo) della CGTP-IN.
Le analisi e le proposte del Cestes sono , quindi, ormai attivamente dibattute anche nei forum europei con partecipati consensi, dopo aver visto la luce nel 2011 nel libro “Il Risveglio dei Maiali” (di Vasapollo, con Martufi e Arriola), libro che è in corso di pubblicazione in lingua inglese, greca, spagnola e anche galiziana e divenuto ormai un vero manifesto di percorsi di lotta politica per i movimenti sociali e i sindacati conflittuali di classe nei PIGS.
Il forum delle Giornate Internazionali di Economia sono stati anche occasione per i due direttori del centro studi CESTES dell’USB di consolidare i già forti rapporti politico-culturali con la FESGA- Fondazione per lo Studio e la Divulgazione della Questione Sociale e Sindacale in Galizia- e con la Confederazione sindacale CIG, e di incontro e sviluppo di relazioni con il Bloque Nacionalista Gallego e in particolare con gli aderenti UPG-Union do Povo Gallego e MGS-Movemento Gallego ao Socialismo.
Fonti:
EL PROGRESO di venerdì 23 Novembre 2010, pag. 9
EL PROGRESO di sabato 24 Novembre 2010, pag. 10
EL PROGRESO di domenica 25 Novembre 2010, pag. 6
L’Unione Europea si fa imperatrice bella e si regala un vergognoso Nobel per la Pace e per i diritti umani!
Written by nuestra america
Viene da pensare che qualche funzionario di Bruxelles abbia brigato per far arrivare un premio cosi immeritato e lontano dalla realtà all’UE, ma più probabilmente la fondazione Nobel non ha bisogno di spinte per dare riconoscimenti agli amici.
La vergognosa assegnazione del Premio Nobel per la Pace all’Unione Europea, si presenta come un’operazione di sostegno mediatico e politico in un momento di crisi di legittimità per questa istituzione. La Unione Europea viene ormai percepita dai lavoratori,dai disoccupati, dai migranti , de tutti coloro che subiscono il vivere precario, come l’organo di governo della borghesia europea che per imporre le attuali e distruttive politiche economiche, finanziarie e monetarie si sta consolidando e strutturando anche a livello politico e per fa ciò usa senza ritegno le mille forme del massacro sociale.
In Grecia, Italia, Spagna e Portogallo proseguono con intensità diverse le proteste contro i tagli ai salari, allo Stato sociale, per la crescente de socializzazione e precarizzazione. E proprio mentre il Governo della Troika viene contestato dai suoi cittadini perché oltre ad impoverirli restringe gli spazi di democrazia e di sovranità nazionale, la Fondazione Nobel decide di assegnare il Nobel per la Pace e per i diritti umani all’Unione Europea. Anche questo Nobel per la Pace e i diritti umani, appare ancora più strumentale se viene messa in relazione con le repressioni delle manifestazioni, con il restringimento delle libertà sindacali e lo svuotamento della rappresentanza politica e la politica guerrafondaia mascherata con le “missioni di pace”.
La Rete dei Comunisti da oltre dieci anni, attraverso libri, convegni internazionali, campagne nazionali, ha posto l’accento sulle motivazioni e le modalità di costruzione del polo imperialista europeo, a differenza di quasi tutta la sinistra italiana e continentale, comprese la maggior parte delle forze sedicenti comuniste, che ne riconoscono la legittimità collaborando alla decisioni politiche ed economiche e militari sperando in una impossibile costruzione di una Europa “sociale” compatibile con una assurda e inconcepibile concezione di un capitalismo moderato e riformato. Gli interessi prevalenti e predominanti sono quelli della borghesia “europeista” della Germania in alleanza con le borghesie del nord-europa , e in collaborazione dei tanti “tecnici” di sistema alla Monti;interessi di classe, quindi, delineati e imposti già dagli accordi di Maastricht, che sono oggi in forte accelerazione per cercare di mantenere sempre più forti i poteri economico-finanziari, costruendo anche il necessario ruolo politico-militare primario nella competizione globale.
Per questo, l’assegnazione del Premio Nobel, somiglia sempre più a una foglia di fico che fatica a coprire le vergogne del polo imperialista europeo che basa il suo sviluppo su una vera e propria guerra sociale all’interno dei suoi confini ed una guerra di rapina nei confronti delle aree di sua influenza, come sanno bene lavoratori dell’Europa dell’Est e del Nord Africa.
Già nel 2009 la Fondazione Nobel assegnò il Premio Nobel per la Pace ad un Obama fresco di nomina, nonostante gli USA fossero fortemente e costantemente impegnati in diverse spedizioni militari e guerre di aggressione “umanitaria” che, dall’Iraq all’Afganistan hanno annichilito centinaia di migliaia di vite. Anche Il Premio Nobel ad Obama coincise con un operazione di restyling, in quel caso della deteriorata immagine dell’imperialismo statunitense in piena crisi di egemonia . Il Nobel servì a rafforzare nell’opinione pubblica internazionale, l’immagine ingannevole della nuova dottrina USA basata sul soft-power, ma che nella realtà vedeva e vede l’amministrazione Obama protagonista nei golpe in Honduras e Paraguay, nei tentativi di destabilizzazione dei paesi dell’ALBA, Venezuela e Bolivia in primo luogo, a cui si aggiungono l’embargo contro il popolo cubano e la vigliacca carcerazione dei 5 eroi cubani, segno della vera faccia del potere imperialista, aggressivo e repressivo.
Solo un operazione di propaganda può assegnare il Premio Nobel per la Pace all’Unione Europea, che con i suoi paesi è parte integrante della NATO, che ha partecipato in prima fila alle spedizioni neocoloniali contro l’Iraq, l’Afganistan e più recentemente alla guerra contro la Libia e alle aggressioni contro la Siria. Solo un organismo servile può assegnare un riconoscimento intitolato alla pace, all’UE che insieme agli USA condivide l’embargo a Cuba, all’Iran e sostiene Israele militarmente e finanziariamente .
Noi antimperialisti insieme ai popoli dei Balcani non possiamo dimenticare che un passaggio fondamentale per la costituzione dell’UE è stata la guerra contro la Jugoslavia. La stessa motivazione per l’assegnazione del Nobel, riconosce l’importanza dell’ingresso della Slovenia e della Croazia nell’UE, ma volutamente dimentica che questo è avvenuto portando la guerra civile e bombardando le città della Jugoslavia,i suoi inoffensivi cittadini, che doveva essere eliminata per favorire l’espansione del polo imperialista europeo. Una guerra di conquista ,per i passaggi e i corridoi mercantili, di braccia da sfruttare con misere paghe, di conquista di aree strategiche e di strutture produttive. Questo in Jugoslavia è stato ottenuto con la guerra, nei restanti paesi dell’est sono state le rivoluzioni di velluto che hanno portato i banchieri e gli industriali, le mafie, dell’Ovest alla spoliazione di diritti e delle ricchezze le popolazioni dei paesi ex socialisti.
Con la guerra guerreggiata o strangolando le economie dei paesi è così che l’Imperialismo Europeo si sta facendo strada, in questo senso l’assegnazione del Premio Nobel all’UE riporta la mente la frase di Tacito : hanno fatto il deserto e l’hanno chiamato pace (Desertum fecerunt et pacem appellaverunt).
La storia dei Premi Nobel per la pace vede uomini e donne che hanno indubbiamente dato un reale e onesto contributo per la pace e lo sviluppo della relazioni tra i popoli come Martin Luther King, Adolfo Perez Esquivel, Nelson Mandela, Desmond Tutu, Yasser Arafat e Rigoberta Menchu . Nomine che servono a dare lustro ad un premio, che altrimenti sarebbe una galleria di orrori o discutibili riconoscimenti. Non per nulla questo premio nasce dalla figura controversa di un uomo che fu al tempo stesso l’inventore della dinamite e pacifista. Un Premio che viene assegnato da uno dei migliori salotti della borghesia europea, la Fondazione Nobel appunto.
Nella galleria dei vincitori infatti vengono accosti alla pace oltre a Obama e all’UE, Kissinger, Sadat, Rabin, le forze di “pace dell’ONU” (!?), personaggi e organismi gravemente responsabili nei confronti del proprio popolo come Gorbaciov e intellettuali reazionari come Solgenitsin .
E’ evidente che l’assegnazione dei premi Nobel per la Pace, prescinde dalla realtà ed è molto lontana dal senso etico e della giustizia sociale, così come l’avvertono i popoli.
Se si trattasse realmente un Premio per la Pace si dovrebbe riconoscere che nessun popolo del mondo ha smesso di subire la violenta ingerenza dell’imperialismo USA e dell’UE. Gli imperialisti in questi ultimi decenni, sono divenuti ancora più aggressivi complice la competizione tra le aree valutarie resa più forte dalla crisi economica.
Nel contesto della crisi sistemica del modo di produzione capitalista, l’Unione Europea costruita sul modello di export tedesco, ha declassato economicamente, produttivamente e socialmente i paesi europei dell’ area mediterranea, e colpito duramente le condizioni di vita delle classi lavoratrici, per questo sosteniamo con forza le lotte dei sindacati conflittuali e di classe come l’USB in Italia che insieme all’FSM combattono le imposizioni dell’imperialismo europeo.
Le parole d’ordine del non pagamento del debito, della nazionalizzazione delle banche e dei settori strategici dell’economia e la costruzione di un’area politica, economica e sociale alternativa e fuori dall’Unione Europea per i paesi PIIGS con una propria moneta di conto, avanzata ad esempio nel libro PIIGS - Il risveglio dei maiali, è oggi nel dibattito, nell’analisi e nelle lotte dei movimenti sociali e delle forze di classe e anticapitaliste dell’Europa mediterranea allargata.
Contrariamente ai criteri della Fondazione Nobel, il nostro premio per la Pace e i diritti umani ,va agli uomini e alle donne del lavoro e del lavoro negato che stanno lottando in Europa per la loro dignità , i diritti e l’autodeterminazione, insieme ai popoli del Continente Rebelde, ai prigionieri palestinesi, ai Cinque eroi cubani, ai siriani che combattono contro l’aggressione imperialista, insieme a quanti lottano ogni giorno per costruire un mondo del lavoro e dei lavoratori,dove non ci sia lo sfruttamento insito nel modo di produzione del capitalismo, per costruire giorno dopo giorno il percorso del socialismo possibile e necessario.
La Rete dei Comunisti
Italia, Spagna, Grecia l’Europa dei movimenti sociali e la necessità di una prospettiva politica anticapitalista e solidale
Written by nuestra america
Diverse città europee hanno visto sfilare in questi giorni manifestazioni di protesta contro la crisi e le politiche economiche dei governi e della BCE.
Con modalità ed intensità diverse da paese a paese l’Europa è attraversata da movimenti di protesta contro le politiche di austerità e tagli promosse da governi subordinati alla BCE .
La portata dell’attacco da parte della leadership economica e finanziaria europea si dispiega in maniera più intensa nei paesi che costituiscono la periferia dell’Unione Europea. Ma anche all’interno dei paesi della fascia mediterranea la reazione da parte della classe lavoratrice e dei settori popolari che vengono via, via impoveriti continua manifestarsi in maniera differenziata.
In Italia livello di risposta fatica ancora a costituire una efficace reazione , nonostante le lotte generose che si sono sviluppate, ma che nella maggior parte dei casi sono rimaste legate al territorio, è il caso dell’Alcoa, prima ancora di Termini Imerese, ed ora dell’ILVA. Queste lotte necessarie ed importanti come l’azione costante fatta di scioperi generali e di innumerevoli iniziative promosse dall’USB non hanno trovato uno sbocco di carattere più generale ed una risposta di massa.
Nonostante la profondità dell’attacco che ha portato, il Governo Monti sta lavorando in un clima di malessere e non di conflittualità sociale e politica.
Le recenti manovre del Governo Monti hanno assestato colpi micidiali al sistema pensionistico, a quello che rimaneva degli ammortizzatori sociali e del Welfare State e hanno aggravato ulteriormente la situazione complessiva del sistema paese. C’è infatti un generale arretramento delle condizioni di vita e dei salari, dimostrato tra l’altro dai consumi reali delle famiglie italiane che nel giro di 4 anni sono crollati del 4,4% .
Ma queste condizioni da sole non sembrano essere sufficienti alla ripresa e all’allargamento del conflitto in Italia.
Sicuramente un ruolo importante in negativo lo hanno giocato sia la scomposizione della forza lavoro introdotta dai processi di riorganizzazione e sia il ruolo giocato dai sindacati confederali e dalle organizzazioni collaterali, fino agli ultimi accordi e alla resa nei confronti del Governo .
I partiti e i sindacati, in profonda crisi di credibilità vengono tenuti in ostaggio dai governi tecnici come quello Monti e dalle istituzioni economiche europee in quanto utili strumenti di concertazione e consenso.
La situazione oggi appare ingessata, ma visto il quadro generale nulla toglie che possiamo trovarci di fronte a cambiamenti e ad accelerazioni improvvise.
La crisi economica e finanziaria sta confermando il suo carattere sistemico e non congiunturale, sono le stesse dichiarazioni delle istituzioni internazionali a rivedere al ribasso le previsioni di crescita non solo dei PIIGS, come l’Italia ma anche della locomotiva tedesca e delle economie statunitense e cinese. Stando così le cose per il futuro le contraddizioni sembrano destinate ad allargarsi e potremmo trovarci di fronte a delle accelerazioni che possono determinare le condizioni per un protagonismo sociale di massa.
La manifestazione del 27 ottobre si colloca in questo scenario, è un passaggio importante, non è decisivo ovviamente, ma rappresenta il risultato di un lavoro prezioso fatto da centinaia di compagni e compagne per dare testa e gambe al conflitto di classe .
Escludendo il 15 ottobre questa è la seconda manifestazione nazionale indetta nel giro di pochi mesi da un cartello di forze che nel tempo si è ampliato e che mette insieme i sindacati di base e conflittuali come l’USB, Unicobas, Slai Cobas,Cobas insieme a pezzi di CGIL, organizzazioni storiche della sinistra di classe come la nostra . Nel mezzo assemblee nazionali, decine e decine di riunioni e iniziative locali. Guardando alle esperienza dei compagni greci del PAME , dei movimenti sociali e dei sindacati conflittuali della FSM , se c’è una possibilità di intercettare la ripresa del conflitto sociale questo sarà anche grazie alla capacità di essere radicati tra i lavoratori e dimostrarsi uno strumento di azione politica e sindacale validi per la classe.
La resistenza sociale alle politiche di Bruxelles ha tra i suoi principali animatori i sindacati conflittuali riuniti nella Federazione Sindacale Mondiale, come l’Unione Sindacale di Base, il PAME ed il LAB. Al contrario, il processo di costruzione dell’Unione Europea che oggi è guidato dalle elite delle borghesie industriali e finanziarie, ha raccolto invece il sostanziale sostegno delle centrali sindacali della FEM come CGIL,CISL e UIL.
La valutazione sul ruolo e la natura dell’Unione Europea, infatti rappresenta uno spartiacque anche all’interno della sinistra.
Contrariamente ai mantra recitati dalla sinistra sull’esigenza di rafforzare l’Unione Europea, risulta sempre più evidente che questa necessità di irrobustire l’area monetaria dell’euro, di centralizzare i meccanismi decisionali legislativi, fiscali, amministrativi e bancari sino a ridurre la sovranità di interi paesi, sia legata alla più generale competizione tra blocchi economico-finanziari e aree valutarie.
Un competizione destinata a colpire il mondo del lavoro, attraverso un ulteriore attacco al salario diretto, indiretto e differito.
Il processo di costruzione dell’UE oggi sta affrontando un ulteriore passaggio qualitativo, e lo fa attraverso una lotta interna ai pezzi della borghesia europea allo scopo di ridisegnare le gerarchie all’interno dell’UE.
La visione di una Europa diretta unicamente dalla Germania rischia di non farci vedere le dinamiche che stanno portando alla luce una borghesia transnazionale che punta alla leadership dell’UE. Quello a cui stiamo assistendo e’ un processo di selezione di una classe dirigente europea che mette in competizione le elite borghesi e finanziarie dei rispettivi paesi.
La costruzione di una classe dirigente europea, comporterà un ulteriore inasprimento della lotta di classe dall’alto, poiché per sostenere questo passaggio si dovranno trasferire nelle casse di industriali e finanzieri quote ingenti di ricchezza pubblica e di risparmio privato, insieme ad una ulteriore intensificazione dello sfruttamento nelle aree produttive dei paesi dell’est Europa e del mediterraneo.
Le risposte di questa classe dirigente europea non prevedono né mediazione, né conflitto, le repressioni delle manifestazioni e del dissenso sociale, sono un elemento che ha accompagnato le politiche dell’Unione Europea in questa sua ultima e decisiva decade.
La manifestazione del 27 dovrà portare a casa il risultato di mantenere aperta l’agibilità alla protesta sociale di massa .
La mobilitazione dei lavoratori in Grecia, Portogallo e Spagna, di per sé non assicura un diretto impatto sui lavoratori italiani, ma sicuramente la manifestazione del 27 ottobre si colloca all’interno di un periodo di mobilitazione a dimensione europea.
Se la sinistra di classe in Europa ha una possibilità di rilanciare il proprio ruolo, questa sta all’interno di una scelta coerentemente anticapitalista fuori e contro l’idea di un capitalismo riformabile, "dentro l'Europa, ma fuori della UE" .
Per questo la Rete dei Comunisti saluta e condivide pienamente i contenuti internazionalisti e di classe della mobilitazione indetta dall’USB con il convegno alla Provincia e la manifestazione alla FAO, nell’ambito della “giornata di internazionale di azione” del 3 Ottobre promossa dalla Federazione Sindacale Mondiale, che vedrà la presenza oltre 100 militanti sindacali del PAME, il forte e combattivo sindacato greco, e di esponenti del sindacalismo di classe europeo e mondiale.
Rete dei Comunisti -Commissione Internazionale
Roma 1 Ottobre 2012