nuestra america
Saperi critici e percorsi decoloniali delle transizioni. PER LA TRICONTINENTAL DEL PLURIPOLARISMO. L’editoriale di “Nuestra America
Pubblichiamo l’editoriale del numero 0 di “Nuestra America, Rivista decoloniale di analisi socio-politica e culturale del Sud Globale” che è attualmente in stampa e sarà presentato a Cuba nel prossimo mese di Novembre. Promossa dal Capitolo Italiano della Rete di artsti e intellettuali in difesa dell’umanità, quest’iniziativa ha una precisa collocazione accademica e scientifica essendo collegata alla Scuola di Economia Antropologica Decoloniale fondata da Luciano Vasapollo, decano di Economia dell’Università La Sapienza, e l’intento dichiarato di contribuire alla Tricontinental del Pluripolarismo, in un momento storico caratterizzato da una crisi del modello unipolare e imperialisitico.
La direzione di FarodiRoma porge i propri auguri di successo a Nuestra America e al suo Comitato Editoriale, che è formato da Luciano Vasapollo, Rita Martufi, Luigi Rosati, Mirella Madafferi, Viviana Vasapollo.
Un’ alternativa che parte dal Sud globale. È questo il filo conduttore della vicenda storica di semi-distacco, di deoccidentalizzazione e decolonizzazione in risposta alla mondializzazione capitalista e imperialista, caratterizzata da un rapporto di dominanza tra blocchi egemoni e blocchi egemonizzati. A ben vedere, sono percorsi storici attraversati copiosamente da una teorizzazione risalente, come quella Questione meridionale gramsciana come problema della caratterizzazione del Mezzogiorno inteso come disgregazione sociale del Sud globale, del blocco dello sviluppo come processo indotto e del confinamento ai margini della storia delle masse popolari.
Le diverse iniziative tese a pensare, progettare e sperimentare l’idea di una società plurale e realizzabile in cui possano coesistere principi differenti di costruzione della realtà fanno parte di un processo di trasformazione della società gobale attraverso la critica e la prassi decoloniale. Oggi per tutti noi socialisti rivoluzionari si tratta di indicare chiaramente una delle basi teoriche più profonde del pensiero antimperialista e delle prospettive socialiste, con le declinazioni oggi in costruzione sulla economia decoloniale, la visione e la realtà del pluripolarismo nell’ampia dimensione teorica e di processi in divenire del pluriverso.
La Rivista Decoloniale « Tricontinentale del Pluripolarismo » situa il suo terreno d’intervento nel movimento del Multicentrismo contro l’ordine unipolare del mondo sotto l’egida occidentale, ordine fautore di guerre distruttive e senza fine, dell’ecocidio sistematico che con il riscaldamento climatico porta a rendere inabitabili alcune regioni del pianeta, de l’intensificazione dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, della volontà d’annientamento dei popoli che ne rifiutano logiche e procedure mortifere.
Se la guerra è il suo sacramento e la sottomissione del Tutto-Vivente e dell’inanimato la sua legge, la comunicazione e l’informazione devianti ne sono oggi i vettori indispensabili per la perpetuazione dei suoi poteri. Da cui l’urgenza di questa Tricontinentale, che associa l’analisi decoloniale alla demistificazione delle grandi narrazioni giustificative del potere incontrtollato dell’Occidente con i suoi corollari disinformazionali, laddove il suprematismo di un solo gruppo umano struttura il suo dominio con la confiscazione della storia e la fabbrica del falso.
In questa competizione interimperialista, il capitale finanziario, che rappresenta la componente più forte del capitale transnazionale contemporaneo, segue una strategia contraddittoria rispetto agli Stati: in nome della “libertà economica” necessita per toglierli di mezzo ma, dall’altro, ne ha bisogno come interfaccia con società civili sempre più degradate e globalizzate, e per estrarre denaro e “pace sociale” dai lavoratori, occupati e non e per far ciò è indispensabile la guerra sociale, la guerra economico-monetaria e la guerra militare con il rafforzamento degli apparati industriali-militari anche a uso civile.
Il rapporto di reciprocità che esiste tra il modello produttivo dominante e la società dei subalterni pende ancora più chiaramente verso la destrutturazione globale considerando il rapporto tra scienza e militarismo. Il primo elemento di chiarezza al riguardo è il contributo quantitativo che la scienza riserva all’apparato produttivo militare e tecnologico mondiale: Nell’Unione Europea, ad esempio, il neoliberismo militarista più agguerrito è insito nella stessa legge fondamentale, il Trattato di Lisbona, che vieta l’adozione di misure contrarie alla circolazione dei capitali. Invece, nei discorsi ufficiali, l’”Europa sociale” riempie la bocca ad agenti che si muovono solo nell’interesse della compatibilità delle leggi di guerra del capitale.
In questa prospettiva, a partire dalle teorizzazioni sviluppate dalla nostra scuola di critica marxista per una economia antropologica a determinanti decoloniali, quindi antimperialiste per il pluripolarismo, nelle prospettive delle transizioni socialiste ( da ora direttamente e solo Economia decolonaile socialista) nel solco di un nuovo meridionalismo su basi marxiste, si pone centralmente la questione di un delinking, di un semi-distacco che riguardi anche l’Europa, superando ogni premessa eurocentrica e le tradizionali categorie storiche, politiche, economiche, culturali imposte dall’egemonia neoliberista e del postmodernismo, attraverso la costruzione di un’ALBA euro-afro-mediterranea.
La teorizzazione gramsciana sulla Questione meridionale, il portato della tradizione del terzomondismo e di Bandung e dei processi in atto di delinking innervano oggi la riflessione critica sul prodotto ultimato delle contraddizioni della UE. La rottura dell’Europolo si presenta, essenzialmente, come sganciamento da un sistema di dominazione, per i popoli europei come primo terreno fondamentale di emancipazione, in senso generale, in sintonia con un vasto fronte di popoli e Paesi, alternativo alla mondializzazione.
Il Multicentrismo, proposta strategica del comandante Hugo Chavez per un pianeta retto dall’equilibrio e la giustizia nelle relazioni internazionali, tra gli Stati e soprattutto tra i popoli, è un processo in corso da diverso tempo. Ma ha conosciuto un’accelerazione straordinaria a partire dal 21 febbraio 2022, quando è scoppiata la guerra nell’Europa dell’Est. Guerra che, nell’era della post-verità, è stata etichettata come « aggressione della Russia », mentre è in realtà una guerra della NATO contro Mosca.
Ora, subito dopo l’inizio delle ostilità, un fatto nuovo ha posto le premesse di un cambiamento epocale, suscettibile di modificare i rapporti di forza esistenti sullo scacchiere internazionale e di disegnare i contorni di un mondo nuovo e libero dal dominio dell’asse euro-atlantico unipolare.
In effetti, fu una sorpresa totale per molti quando, a marzo 2022, all’occasione del voto di condanna dell’« offensiva russa » in Ucraina, la maggior parte dei paesi del Sud si astenne. Il Sud Globale si è pronunciato « contro di noi » ?, si chiesero gli editorialisti dei media mainstream in Occidente. Ai quali sembrava un’evidenza che, dal 1945, l’ammirazione fosse un sentimento generale da parte di questi paesi nei confronti dell’Occidente, della sua cultura, delle sue ricchezze e del suo modo di vita, anche se questo sentimento era accompagnato da una sorta di recriminazione… Ora, improvvisamente, l’ammirazione si era trasformata in rigetto. Un rifiuto che apparve, in Occidente, come una forma di odio. E fece paura.
Qualche settimana più tardi, in Sudafrica, una riunione dei paesi del BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) metteva all’ordine del giorno il processo di dedollarizzazione per disfarsi dell’egemonia della moneta americana : una messa in discussione radicale dell’« ordine transatlantico », da attuarsi con la fine del comando planetario dell’equivalente universale dello scambio dettato da Washington.
Una mutazione dei rapporti di forza è certamente in corso. E i suoi segnali sono lampanti. Tra le pietre miliari di questo cambiamento, la perdita, da parte della Francia, di tre componenti essenziali (Mali, Burkina-Faso e Niger) del suo impero neo-coloniale africano è il segno di un processo irreversible in corso.
L’erosione crescente dell’asse di dominazione dell’Atlantico-Nord è ormai una realtà in fieri. Senza la quale, l’insurrezione armata palestinese del 7 ottobre 2023 non avrebbe potuto aver luogo. E neppure la resistenza armata del Movimento del 23 Marzo (M23) nell’Est della repubblica democratica del Congo (RDC), in guerra contro le politiche tribaliste e razziste del governo di Kinshsasa, che mobilita milizie etniche e mercenari per sterminare alcune delle sue popolazioni (Tutsi, Hema, Banyamulenge, Téké).
L’evoluzione in corso, con i suoi imprevedibili sviluppi, non è limitata alla crisi di un ordine stabilito alla fine della Seconda Guerra Mondiale e che si è rafforzato con la dissoluzione dell’Unione Sovietica. Se abbiamo alluso a un « cambiamento epocale » è perché ci troviamo di fronte alla possibilità di invertire il corso di una Storia cha ha ormai più di 5 secoli di vita, un ciclo che si è aperto nel 1492, la cui scena inaugurale si presenta con la Conquista delle Americhe e la Tratta Transatlantica.
Al cui avvento, fondatore del capitalismo come modo di produzione universale e della modernità occidentale come sistema di valori planetario, l’appropriazione delle terre e la sottomissione dei popoli che vi abitavano fu supportata, e lo è ancora, da una vasta operazione culturale ed epistemica di inferiorizzazione del mondo meridionale oggetto della Conquista e della Tratta.
Alla decolonizzazione dell’America del Sud e dell’Africa, gli effetti di questa operazione -che è un’operazione terrible di violenza mentale- non si sono dissolti, in alcuni casi si sono addirittura estesi.
Di fronte a questa realtà, è sorta negli anni ’90 in America del Sud uan corrente di pensiero e di lotte, la Decolonialità.
Essa prevede la restituzione dei saperi, delle storie, delle forme societali, delle credenze, delle culture e delle istituzioni delle popolazioni che, pur avendo acquisito un’indipendenza formale, restano avvinte al dispotismo dei valori imposti dall’Occidente, di cui il profitto (con l’ambizione spropositata di beni materiali superflui) e il razzismo, emblema e viatico quest’ultimo, dell’inferiorizzazione dei popoli oppressi, sono le leve principali.
Su questa realtà concreta poggia la prospettiva dell’unità del Sud, ad iniziare da quello europeo, per un’ALBA euro-afro-mediterranea che, oltre a fermare il suo processo di “mezzogiornificazione” del Sud Europa, si proponga di archiviare la polarizzazione mondiale, in primo luogo, per l’affermazione di un contesto mondiale multicentrico.
Nelle lungimiranti riflessioni gramsciane, ritroviamo tratti di estrema attualità nella tendenza attuale che è stata definita “mezzogiornificazione” di una vasta area mediterranea, quella dei PIGS fondamentalmente, attraverso il processo di integrazione economica e monetaria europea della “Fortezza Europa”. Questo status di blocco guerrafondaio indotto, perpetrato attraverso l’ordoliberismo, che impregna i Trattati fondamentali della UE, alimenta un sistema di dominazione neocoloniale tra Paesi del Centro-Nord Europa e area mediterranea. Una realtà che collega il Vecchio Continente a dinamiche tanto attuali quanto risalenti a decenni passati, con le specificità proprie del contesto europeo (ad es. compressione strutturale della sovranità degli Stati, squilibri commerciali, deflazione salariale).
Noi siamo consapevoli che il mondo plurale in gestazione con il processo del Multicentrismo è necessariamente in relazione con il Movimento decoloniale. La loro associazione è il sine qua non del loro avanzare e della loro riuscita.
Un riferimento che riesce ad andare oltre la particolarità e la contingenza per affermarsi come fondamento di tutte le rivoluzioni antimperialiste che hanno la capacità e la forza di proporre saperi critici della cultura dei popoli nelle cosmovisioni indigene, inserendole, come ci ha insegnato Mariátegui, in un progetto di integrazione internazionale che è alla base della transizione rivoluzionaria.
« L’idea di un universo plurale di alternative al capitalismo è qualcosa di relativamente recente, la cui presenza resta ancora marginale nel dibattito politico, nonostante sia il risultato naturale dell’affermazione dei recenti movimenti antisistemici, delle lotte per il superamento dell’eredità coloniale e del patriarcato, della rielaborazione del pensiero marxista, di quello socialista e di quello libertario. Negli ultimi decenni, in particolare, la critica allo sviluppo si è rivelata l’ambito principale in cui si è potuto pensare un’alternativa ai grandi progetti sociali della modernità, incluse le grandi esperienze di gestione collettivista dell’economia…. Il progetto di Pluriverso nasce quindi in un momento cruciale della storia del capitalismo, ma anche dei suoi movimenti di opposizione. Rispetto a ciò, la sua traduzione italiana esce tuttavia in una fase molto distinta rispetto a quella della prima edizione del testo, nonostante sia passato solo un anno. Il pianeta affronta una crisi sanitaria globale, ennesima dimostrazione tangibile della contraddizione ecologica in cui si muove lo sviluppo capitalistico; al contempo accelera il processo di crisi economica intorno a cui ruoterà la politica globale nei prossimi anni. La differenza però non coinvolge solo la particolare condizione in cui versa il capitalismo globale, ma è anche definita dalle novità interne al pensiero critico.” (Il tempo di Pluriverso di ORTHOTES, edit.2021).
Per riassumere: la Decolonialità è la critica radicale de la modernità occidentale (avvento del capitalismo) sorta dalla violenza del 1492. In quanto tale, la Decolonialità mette in crisi il sistema di dominazione planetario eretto in seguito a questo avvenimento. Cioè la direzione unipolare del mondo da parte dell’asse euro-atlantico, direzione alla quale oggi si oppongono le dinamiche del Multicentrismo.
Ricordiamo anche che Walter D. Mignolo, semiologo argentino e figura della Decolonialità, diceva : Poiché la colonialità è ovunque, la decolonialità è inevitabile. Cio’ che rinvia à una implicazione potenziale della popolazioni occidentali, almeno quelle situate sulle due rive del Mediterraneo, nel progetto di un mondo pluricentrico. E che si manifesta nella progressione dell’ecologia radicale in alcuni paesi europei.
Ciò che Marx non poteva certo prevedere era una dinamica rivoluzionaria che mettesse in discussione il primato e il predominio dell’Occidente, ma con un processo di transizione lungo, tortuoso e aperto. L’intuizione fondamentale che, tuttavia, emerge prepotentemente dalla sua analisi è la carica rivoluzionaria contenuta nelle società del suo tempo collocate in una condizione di sfruttamento coloniale e la prospettiva universale del mercato internazionale e le contraddizioni capitaliste che alberga.
La Rivista Decoloniale «Tricontinentale del Pluripolarismo» del Sud Globale si propone di svolgere la sua funzione e di lavorare in questo spazio di pensiero e d’azione. In quanto Rivista, essa assume il capitolo della demistificazione della comunicazione deviante (destrutturazione della fabbrica del falso) come una delle sue finalità.
José Marti, Amilcar Cabral e Antonio Gramsci hanno tutti messo la cultura al primo posto della lotta di liberazione.
Oggi diversi tra i Paesi ex coloniali animano in relazione alle impostazioni e politiche internazionali della Cina la prospettiva del multicentrismo e, alcuni fra questi, perseguono anche quella della transizione economico-politico e di tipo socialista. Il contributo teorico e di riflessione proveniente dalla Cina popolare e dall’Asia coniuga un’originale prospettiva di universalizzazione non euro-atlantica dei rapporti internazionali, sul rapporto Stato-mercato e ruolo strategico della soggettività per la transizione.
In conclusione, bisogna sempre analizzare con la chiave dell’economia decoloniale socialista, partendo dalla ricerca propositiva di modelli alternativi sociali, economici, produttivi e ambientali di sostenibilità, complementarietà, contro gli apparati e industrie della guerra. Sulla falsa riga di questo proposito, sarà sostenuta la necessità della costruzione di un diverso modello pluripolare , multicentrico e di transizione anticapitalista di relazioni tra Paesi e popoli, partendo dalle transizioni al socialismo di Cuba, Venezuela, Cina, Vietnam, ecc. accompagnate da un diverso modello produttivo e sociale, reso urgente e imprescindibile dalle contraddizioni acute del presente.
L’analisi si dovrà ancora sviluppare seguendo sempre la linea tracciata dalla visione della reale vigenza dei percorsi teorici e di realizzazione pratica attraverso il metodo del materialismo storico e nella e per la egemonia culturale dei subalterni, come prospettiva internazionalista e attraverso l’interpretazione pluripolare, e in particolare nella declinazione gramsciana. Molto importante sarebbe giungere a una ridefinizione e riqualificazione nella pratica dei movimenti sindacali e politici dei termini teorici e attuativi della filosofia della prassi e la individuazione con le potenzialità di azione delle nuove soggettualità degli operai, dei contadini, degli impiegati, dei commercianti, dei piccoli imprenditori e quindi dei nuovi soggetti del lavoro e del lavoro negato, del non lavoro, con l’idea del governo politico ed economico in una nuova prospettiva di potenziale realizzazione di modelli di transizione post-capitalista, e in tendenza di rottura socialista rivoluzionaria.
Dobbiamo ricominciare a ragionare sulle fasi storiche della politica di trasformazione, sui cicli rivoluzionari come ha fatto Cuba modificando spesso i suoi modi di vivere la pianificazione e la transizione socialista. Bisogna mettere in relazione la strategia del cambiamento con dei passaggi tattici.
Non ci si può opporre senza partito con una capacità rivoluzionaria.
Idea fondamentale anche per tutti quei giovani occidentali che vogliono mettere in discussione lo stato presente delle cose. Per questo devono rivolgere lo sguardo al pensiero di Marti , Bolívar, di Lenin, di Gramsci, di Mao, di Guevara , Fidel Castro e di Chavez al fine di studiare concretamente dei percorsi di emancipazione.
L’asse portante della nostra ricerca-inchiesta marxista in itinere sarà quello di proporre temi di ricerca e casi studio locali, settoriali e di sistema paese come, per esempio, la trattazione critica, e dell’oggi, della validità nell’attualizzazione dei temi forti gramsciani e delle teorie anticolonialiste del delinking, nella declinazione della questione delle alleanze per l’egemonia e la sua composizione e prospettiva politico-sociale per il superamento della fase attuale della globalizzazione neoliberista, ponendosi nella transizione dall’unipolarismo al multicentrismo nelle relazioni internazionali, partendo da casi studio di realtà dei sud del mondo. Divenire storico ed egemonia culturale dei Sud nel mondo contemporaneo: si tratta cioè di declinare una attualizzazione di contesti localizzativi anche di categorie di un pensiero -azione per una filosofia della prassi, provenienti dagli studi e pratiche di grandi rivoluzionari di riferimento come Marti, Bolivar, Lenin, Stalin, Gramsci, Mariatequi, Mao, Guevara, Fidel, Chavez, sia attraverso i contributi di studiosi europei e dell’America Latina e che spaziano anche su altre aree dei sud del mondo di oggi, in particolare dell’Africa e del vicino Oriente.
E allora teoria e prassi , filosofia della storia e filosofia della prassi con cui bisogna riportare questo pensiero e agire nelle mille difficoltà della rivoluzione socialista cubana , a quello che oggi sta avvenendo per esempio a Cuba, in Venezuela, Cina, Vietnam che con le loro differenze sono comunque vive transizioni al Socialismo che camminano in una diversa modalità applicativa e con culture diverse da quella di noi comunisti occidentali, ma alle quali siamo uniti nella speranza di poter trasformare non solo il nostro Paese ma di costruire una nuova umanità ricca di forza di rottura e amore rivoluzionario.
Il Comitato Editoriale (Luciano Vasapollo, Rita Martufi, Luigi Rosati, Mirella Madafferi, Viviana Vasapollo)
PER LA TRICONTINENTAL DEL PLURIPOLARISMO Rivista decoloniale di analisi socio-politica e culturale del Sud Globale
Editoriale :
Saperi critici e percorsi decoloniali delle transizioni
Un’ alternativa che parte dal Sud globale. È questo il filo conduttore della vicenda storica di semi-distacco, di deoccidentalizzazione e decolonizzazione in risposta alla mondializzazione capitalista e imperialista, caratterizzata da un rapporto di dominanza tra blocchi egemoni e blocchi egemonizzati. A ben vedere, sono percorsi storici attraversati copiosamente da una teorizzazione risalente, come quella Questione meridionale gramsciana come problema della caratterizzazione del Mezzogiorno inteso come disgregazione sociale del Sud globale, del blocco dello sviluppo come processo indotto e del confinamento ai margini della storia delle masse popolari.
Le diverse iniziative tese a pensare, progettare e sperimentare l’idea di una società plurale e realizzabile in cui possano coesistere principi differenti di costruzione della realtà fanno parte di un processo di trasformazione della società gobale attraverso la critica e la prassi decoloniale. Oggi per tutti noi socialisti rivoluzionari si tratta di indicare chiaramente una delle basi teoriche più profonde del pensiero antimperialista e delle prospettive socialiste, con le declinazioni oggi in costruzione sulla economia decoloniale, la visione e la realtà del pluripolarismo nell’ampia dimensione teorica e di processi in divenire del pluriverso.
La Rivista Decoloniale « Tricontinentale del Pluripolarismo » situa il suo terreno d’intervento nel movimento del Multicentrismo contro l’ordine unipolare del mondo sotto l’egida occidentale, ordine fautore di guerre distruttive e senza fine, dell’ecocidio sistematico che con il riscaldamento climatico porta a rendere inabitabili alcune regioni del pianeta, de l’intensificazione dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, della volontà d’annientamento dei popoli che ne rifiutano logiche e procedure mortifere.
Se la guerra è il suo sacramento e la sottomissione del Tutto-Vivente e dell’inanimato la sua legge, la comunicazione e l’informazione devianti ne sono oggi i vettori indispensabili per la perpetuazione dei suoi poteri. Da cui l’urgenza di questa Tricontinentale, che associa l’analisi decoloniale alla demistificazione delle grandi narrazioni giustificative del potere incontrtollato dell’Occidente con i suoi corollari disinformazionali, laddove il suprematismo di un solo gruppo umano struttura il suo dominio con la confiscazione della storia e la fabbrica del falso.
In questa competizione interimperialista, il capitale finanziario, che rappresenta la componente più forte del capitale transnazionale contemporaneo, segue una strategia contraddittoria rispetto agli Stati: in nome della “libertà economica” necessita per toglierli di mezzo ma, dall’altro, ne ha bisogno come interfaccia con società civili sempre più degradate e globalizzate, e per estrarre denaro e “pace sociale” dai lavoratori, occupati e non e per far ciò è indispensabile la guerra sociale, la guerra economico-monetaria e la guerra militare con il rafforzamento degli apparati industriali-militari anche a uso civile.
Il rapporto di reciprocità che esiste tra il modello produttivo dominante e la società dei subalterni pende ancora più chiaramente verso la destrutturazione globale considerando il rapporto tra scienza e militarismo. Il primo elemento di chiarezza al riguardo è il contributo quantitativo che la scienza riserva all’apparato produttivo militare e tecnologico mondiale: Nell’Unione Europea, ad esempio, il neoliberismo militarista più agguerrito è insito nella stessa legge fondamentale, il Trattato di Lisbona, che vieta l’adozione di misure contrarie alla circolazione dei capitali. Invece, nei discorsi ufficiali, l'”Europa sociale” riempie la bocca ad agenti che si muovono solo nell’interesse della compatibilità delle leggi di guerra del capitale.
In questa prospettiva, a partire dalle teorizzazioni sviluppate dalla nostra scuola di critica marxista per una economia antropologica a determinanti decoloniali, quindi antimperialiste per il pluripolarismo, nelle prospettive delle transizioni socialiste ( da ora direttamente e solo Economia decolonaile socialista) nel solco di un nuovo meridionalismo su basi marxiste, si pone centralmente la questione di un delinking, di un semi-distacco che riguardi anche l’Europa, superando ogni premessa eurocentrica e le tradizionali categorie storiche, politiche, economiche, culturali imposte dall’egemonia neoliberista e del postmodernismo, attraverso la costruzione di un’ALBA euro-afro-mediterranea.
La teorizzazione gramsciana sulla Questione meridionale, il portato della tradizione del terzomondismo e di Bandung e dei processi in atto di delinking innervano oggi la riflessione critica sul prodotto ultimato delle contraddizioni della UE. La rottura dell’Europolo si presenta, essenzialmente, come sganciamento da un sistema di dominazione, per i popoli europei come primo terreno fondamentale di emancipazione, in senso generale, in sintonia con un vasto fronte di popoli e Paesi, alternativo alla mondializzazione
Il Multicentrismo, proposta strategica del comandante Hugo Chavez per un pianeta retto dall’equilibrio e la giustizia nelle relazioni internazionali, tra gli Stati e soprattutto tra i popoli, è un processo in corso da diverso tempo. Ma ha conosciuto un’accelerazione straordinaria a partire dal 21 febbraio 2022, quando è scoppiata la guerra nell’Europa dell’Est. Guerra che, nell’era della post-verità, è stata etichettata come « aggressione della Russia », mentre è in realtà una guerra della NATO contro Mosca.
Ora, subito dopo l’inizio delle ostilità, un fatto nuovo ha posto le premesse di un cambiamento epocale, suscettibile di modificare i rapporti di forza esistenti sullo scacchiere internazionale e di disegnare i contorni di un mondo nuovo e libero dal dominio dell’asse euro-atlantico unipolare.
In effetti, fu una sorpresa totale per molti quando, a marzo 2022, all’occasione del voto di condanna dell’« offensiva russa » in Ucraina, la maggior parte dei paesi del Sud si astenne. Il Sud Globale si è pronunciato « contro di noi » ?, si chiesero gli editorialisti dei media mainstream in Occidente. Ai quali sembrava un’evidenza che, dal 1945, l’ammirazione fosse un sentimento generale da parte di questi paesi nei confronti dell’Occidente, della sua cultura, delle sue ricchezze e del suo modo di vita, anche se questo sentimento era accompagnato da una sorta di recriminazione... Ora, improvvisamente, l’ammirazione si era trasformata in rigetto. Un rifiuto che apparve, in Occidente, come una forma di odio. E fece paura.
Qualche settimana più tardi, in Sudafrica, una riunione dei paesi del BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) metteva all’ordine del giorno il processo di dedollarizzazione per disfarsi dell’egemonia della moneta americana : una messa in discussione radicale dell'« ordine transatlantico », da attuarsi con la fine del comando planetario dell’equivalente universale dello scambio dettato da Washington.
Una mutazione dei rapporti di forza è certamente in corso. E i suoi segnali sono lampanti. Tra le pietre miliari di questo cambiamento, la perdita, da parte della Francia, di tre componenti essenziali (Mali, Burkina-Faso e Niger) del suo impero neo-coloniale africano è il segno di un processo irreversible in corso.
L’erosione crescente dell’asse di dominazione dell’Atlantico-Nord è ormai una realtà in fieri. Senza la quale, l’insurrezione armata palestinese del 7 ottobre 2023 non avrebbe potuto aver luogo. E neppure la resistenza armata del Movimento del 23 Marzo (M23) nell’Est della repubblica democratica del Congo (RDC), in guerra contro le politiche tribaliste e razziste del governo di Kinshsasa, che mobilita milizie etniche e mercenari per sterminare alcune delle sue popolazioni (Tutsi, Hema, Banyamulenge, Téké).
L’evoluzione in corso, con i suoi imprevedibili sviluppi, non è limitata alla crisi di un ordine stabilito alla fine della Seconda Guerra Mondiale e che si è rafforzato con la dissoluzione dell’Unione Sovietica. Se abbiamo alluso a un « cambiamento epocale » è perché ci troviamo di fronte alla possibilità di invertire il corso di una Storia cha ha ormai più di 5 secoli di vita, un ciclo che si è aperto nel 1492, la cui scena inaugurale si presenta con la Conquista delle Americhe e la Tratta Transatlantica.
Al cui avvento, fondatore del capitalismo come modo di produzione universale e della modernità occidentale come sistema di valori planetario, l’appropriazione delle terre e la sottomissione dei popoli che vi abitavano fu supportata, e lo è ancora, da una vasta operazione culturale ed epistemica di inferiorizzazione del mondo meridionale oggetto della Conquista e della Tratta.
Alla decolonizzazione dell’America del Sud e dell’Africa, gli effetti di questa operazione -che è un’operazione terrible di violenza mentale- non si sono dissolti, in alcuni casi si sono addirittura estesi.
Di fronte a questa realtà, è sorta negli anni ’90 in America del Sud uan corrente di pensiero e di lotte, la Decolonialità.
Essa prevede la restituzione dei saperi, delle storie, delle forme societali, delle credenze, delle culture e delle istituzioni delle popolazioni che, pur avendo acquisito un’indipendenza formale, restano avvinte al dispotismo dei valori imposti dall’Occidente, di cui il profitto (con l’ambizione spropositata di beni materiali superflui) e il razzismo, emblema e viatico quest’ultimo, dell’inferiorizzazione dei popoli oppressi, sono le leve principali.
Su questa realtà concreta poggia la prospettiva dell’unità del Sud, ad iniziare da quello europeo, per un’ALBA euro-afro-mediterranea che, oltre a fermare il suo processo di “mezzogiornificazione” del Sud Europa, si proponga di archiviare la polarizzazione mondiale, in primo luogo, per l’affermazione di un contesto mondiale multicentrico.
Nelle lungimiranti riflessioni gramsciane, ritroviamo tratti di estrema attualità nella tendenza attuale che è stata definita “mezzogiornificazione” di una vasta area mediterranea, quella dei PIGS fondamentalmente, attraverso il processo di integrazione economica e monetaria europea della “Fortezza Europa”. Questo status di blocco guerrafondaio indotto, perpetrato attraverso l’ordoliberismo, che impregna i Trattati fondamentali della UE, alimenta un sistema di dominazione neocoloniale tra Paesi del Centro-Nord Europa e area mediterranea. Una realtà che collega il Vecchio Continente a dinamiche tanto attuali quanto risalenti a decenni passati, con le specificità proprie del contesto europeo (ad es. compressione strutturale della sovranità degli Stati, squilibri commerciali, deflazione salariale).
Noi siamo consapevoli che il mondo plurale in gestazione con il processo del Multicentrismo è necessariamente in relazione con il Movimento decoloniale. La loro associazione è il sine qua non del loro avanzare e della loro riuscita.
Un riferimento che riesce ad andare oltre la particolarità e la contingenza per affermarsi come fondamento di tutte le rivoluzioni antimperialiste che hanno la capacità e la forza di proporre saperi critici della cultura dei popoli nelle cosmovisioni indigene, inserendole, come ci ha insegnato Mariátegui, in un progetto di integrazione internazionale che è alla base della transizione rivoluzionaria.
« L’idea di un universo plurale di alternative al capitalismo è qualcosa di relativamente recente, la cui presenza resta ancora marginale nel dibattito politico, nonostante sia il risultato naturale dell’affermazione dei recenti movimenti antisistemici, delle lotte per il superamento dell’eredità coloniale e del patriarcato, della rielaborazione del pensiero marxista, di quello socialista e di quello libertario. Negli ultimi decenni, in particolare, la critica allo sviluppo si è rivelata l’ambito principale in cui si è potuto pensare un’alternativa ai grandi progetti sociali della modernità, incluse le grandi esperienze di gestione collettivista dell’economia…. Il progetto di Pluriverso nasce quindi in un momento cruciale della storia del capitalismo, ma anche dei suoi movimenti di opposizione. Rispetto a ciò, la sua traduzione italiana esce tuttavia in una fase molto distinta rispetto a quella della prima edizione del testo, nonostante sia passato solo un anno. Il pianeta affronta una crisi sanitaria globale, ennesima dimostrazione tangibile della contraddizione ecologica in cui si muove lo sviluppo capitalistico; al contempo accelera il processo di crisi economica intorno a cui ruoterà la politica globale nei prossimi anni. La differenza però non coinvolge solo la particolare condizione in cui versa il capitalismo globale, ma è anche definita dalle novità interne al pensiero critico.” (Il tempo di Pluriverso di ORTHOTES, edit.2021).
Per riassumere : la Decolonialità è la critica radicale de la modernità occidentale (avvento del capitalismo) sorta dalla violenza del 1492. In quanto tale, la Decolonialità mette in crisi il sistema di dominazione planetario eretto in seguito a questo avvenimento. Cioè la direzione unipolare del mondo da parte dell’asse euro-atlantico, direzione alla quale oggi si oppongono le dinamiche del Multicentrismo.
Ricordiamo anche che Walter D. Mignolo, semiologo argentino e figura della Decolonialità, diceva : Poiché la colonialità è ovunque, la decolonialità è inevitabile. Cio’ che rinvia à una implicazione potenziale della popolazioni occidentali, almeno quelle situate sulle due rive del Mediterraneo, nel progetto di un mondo pluricentrico. E che si manifesta nella progressione dell’ecologia radicale in alcuni paesi europei.
Ciò che Marx non poteva certo prevedere era una dinamica rivoluzionaria che mettesse in discussione il primato e il predominio dell’Occidente, ma con un processo di transizione lungo, tortuoso e aperto. L’intuizione fondamentale che, tuttavia, emerge prepotentemente dalla sua analisi è la carica rivoluzionaria contenuta nelle società del suo tempo collocate in una condizione di sfruttamento coloniale e la prospettiva universale del mercato internazionale e le contraddizioni capitaliste che alberga.
Oggi diversi tra i Paesi ex coloniali animano in relazione alle impostazioni e politiche internazionali della Cina la prospettiva del multicentrismo e, alcuni fra questi, perseguono anche quella della transizione economico-politico e di tipo socialista. Il contributo teorico e di riflessione proveniente dalla Cina popolare e dall’Asia coniuga un’originale prospettiva di universalizzazione non euro-atlantica dei rapporti internazionali, sul rapporto Stato-mercato e ruolo strategico della soggettività per la transizione.
La Rivista Decoloniale « Tricontinentale del Pluripolarismo » del Sud Globale si propone di svolgere la sua funzione e di lavorare in questo spazio di pensiero e d’azione. In quanto Rivista, essa assume il capitolo della demistificazione della comunicazione deviante (destrutturazione della fabbrica del falso) come una delle sue finalità.
José Marti, Amilcar Cabral e Antonio Gramsci hanno tutti messo la cultura al primo posto della lotta di liberazione.
Oggi diversi tra i Paesi ex coloniali animano in relazione alle impostazioni e politiche internazionali della Cina la prospettiva del multicentrismo e, alcuni fra questi, perseguono anche quella della transizione economico-politico e di tipo socialista. Il contributo teorico e di riflessione proveniente dalla Cina popolare e dall’Asia coniuga un’originale prospettiva di universalizzazione non euro-atlantica dei rapporti internazionali, sul rapporto Stato-mercato e ruolo strategico della soggettività per la transizione.
Oggi diversi tra i Paesi ex coloniali animano in relazione alle impostazioni e politiche internazionali della Cina la prospettiva del multicentrismo e, alcuni fra questi, perseguono anche quella della transizione economico-politico e di tipo socialista. Il contributo teorico e di riflessione proveniente dalla Cina popolare e dall’Asia coniuga un’originale prospettiva di universalizzazione non euro-atlantica dei rapporti internazionali, sul rapporto Stato-mercato e ruolo strategico della soggettività per la transizione.
In conclusione, bisogna sempre analizzare con la chiave dell’economia decoloniale socialista, partendo dalla ricerca propositiva di modelli alternativi sociali, economici, produttivi e ambientali di sostenibilità, complementarietà, contro gli apparati e industrie della guerra. Sulla falsa riga di questo proposito, sarà sostenuta la necessità della costruzione di un diverso modello pluripolare , multicentrico e di transizione anticapitalista di relazioni tra Paesi e popoli, partendo dalle transizioni al socialismo di Cuba, Venezuela, Cina, Vietnam, ecc. accompagnate da un diverso modello produttivo e sociale, reso urgente e imprescindibile dalle contraddizioni acute del presente.
L’analisi si dovrà ancora sviluppare seguendo sempre la linea tracciata dalla visione della reale vigenza dei percorsi teorici e di realizzazione pratica attraverso il metodo del materialismo storico e nella e per la egemonia culturale dei subalterni, come prospettiva internazionalista e attraverso l'interpretazione pluripolare, e in particolare nella declinazione gramsciana. Molto importante sarebbe giungere a una ridefinizione e riqualificazione nella pratica dei movimenti sindacali e politici dei termini teorici e attuativi della filosofia della prassi e la individuazione con le potenzialità di azione delle nuove soggettualità degli operai, dei contadini, degli impiegati, dei commercianti, dei piccoli imprenditori e quindi dei nuovi soggetti del lavoro e del lavoro negato, del non lavoro, con l'idea del governo politico ed economico in una nuova prospettiva di potenziale realizzazione di modelli di transizione post-capitalista, e in tendenza di rottura socialista rivoluzionaria.
Dobbiamo ricominciare a ragionare sulle fasi storiche della politica di trasformazione, sui cicli rivoluzionari come ha fatto Cuba modificando spesso i suoi modi di vivere la pianificazione e la transizione socialista. Bisogna mettere in relazione la strategia del cambiamento con dei passaggi tattici.
Non ci si può opporre senza partito con una capacità rivoluzionaria.
Idea fondamentale anche per tutti quei giovani occidentali che vogliono mettere in discussione lo stato presente delle cose. Per questo devono rivolgere lo sguardo al pensiero di Marti , Bolívar, di Lenin, di Gramsci, di Mao, di Guevara , Fidel Castro e di Chavez al fine di studiare concretamente dei percorsi di emancipazione.
L’asse portante della nostra ricerca-inchiesta marxista in itinere sarà quello di proporre temi di ricerca e casi studio locali, settoriali e di sistema paese come, per esempio, la trattazione critica, e dell’oggi, della validità nell’attualizzazione dei temi forti gramsciani e delle teorie anticolonialiste del delinking, nella declinazione della questione delle alleanze per l’egemonia e la sua composizione e prospettiva politico-sociale per il superamento della fase attuale della globalizzazione neoliberista, ponendosi nella transizione dall’unipolarismo al multicentrismo nelle relazioni internazionali, partendo da casi studio di realtà dei sud del mondo. Divenire storico ed egemonia culturale dei Sud nel mondo contemporaneo: si tratta cioè di declinare una attualizzazione di contesti localizzativi anche di categorie di un pensiero -azione per una filosofia della prassi, provenienti dagli studi e pratiche di grandi rivoluzionari di riferimento come Marti, Bolivar, Lenin, Stalin, Gramsci, Mariatequi, Mao, Guevara, Fidel, Chavez, sia attraverso i contributi di studiosi europei e dell'America Latina e che spaziano anche su altre aree dei sud del mondo di oggi, in particolare dell’Africa e del vicino Oriente.
E allora teoria e prassi , filosofia della storia e filosofia della prassi con cui bisogna riportare questo pensiero e agire nelle mille difficoltà della rivoluzione socialista cubana , a quello che oggi sta avvenendo per esempio a Cuba, in Venezuela, Cina, Vietnam che con le loro differenze sono comunque vive transizioni al Socialismo che camminano in una diversa modalità applicativa e con culture diverse da quella di noi comunisti occidentali, ma alle quali siamo uniti nella speranza di poter trasformare non solo il nostro Paese ma di costruire una nuova umanità ricca di forza di rottura e amore rivoluzionario .
20/11, Bologna – Unione Europea da polo a superstato imperialista?
Sabato 20.11 (ore 11 / 18) e domenica 21.11 (ore 10 / 13)
presso il Cinema Nosadella, Via L. berti 2/7 Bologna
Forum nazionale della Rete dei Comunisti sulle prospettive della UE
Introduzione di Mauro Casadio (Rete dei Comunisti), relazioni di Giacomo Marchetti, Marcella Grasso, Giovanni Russo Spena, Luciano Vasapollo, Franco Russo, Francesco Piccioni, Cinzia della Porta, Sergio Cararo
Il declino degli USA, l’avvio della ristrutturazione dell’industria continentale e l’esercito europeo sono la condizione per un salto di qualità del ruolo internazionale della UE.
Nella relazione sullo stato dell’Unione fatta dalla Von Der Leyen un’affermazione perentoria è risaltata più di tutte le altre ed è quella che testualmente dice “Stiamo entrando in una nuova era caratterizzata dall’ipercompetitività”. Tale evidenziazione ha come presupposto molti elementi che erano presenti già nei precedenti anni ma che ormai, per quanto riguarda la UE, hanno la necessità oggettiva di una sintesi politica, istituzionale e militare.
Questa necessità ha cominciato a concretizzarsi con la vicenda pandemica che ha evidenziato come le relazioni interne alla UE andassero modificate nel senso di una più stretta centralizzazione decisionale ed operativa.
Il Recovery Fund è esattamente la concretizzazione di questa necessità relativa in primo luogo alla tenuta competitiva economica e finanziaria internazionale.
Questo infatti indirizza le imprese europee, in particolare i cosiddetti “campioni” ovvero le multinazionali continentali, verso una ristrutturazione di alto livello tecnologico e pseudo ambientale per tenere testa alla competizione con la Cina ma anche con gli USA oggi in evidente difficoltà.
Non solo, ma la dimensione dei Bond Europei integrati con quelli emessi dal Next Generation EU danno la possibilità alla UE di essere competitiva con l’Euro anche sul piano delle monete di riserva mondiale erodendo, assieme allo Yuan cinese, la rendita di posizione del dollaro che va avanti dalla fine della seconda guerra mondiale con gli accordi di Bretton Woods.
Ma il fatto principale che obbliga gli eurocrati e le forze economiche e finanziare della UE a procedere speditamente sul piano dell’integrazione è la crisi di egemonia degli USA che ormai è palese a tutto il mondo. La fuga dall’Afghanistan, averlo fatto senza “avvisare” gli alleati della NATO e, per ultimo, l’accordo strategico Auskus fatto con Inghilterra ed Australia in funzione anticinese dimostra il fallimento totale della strategia USA nata dopo il crollo dell’URSS.
L’abbandono del continente asiatico, il debole e difensivo tentativo di ricostituire un’alleanza “pelagica” senza i paesi UE e l’affronto fatto alla Francia sui sottomarini venduti all’Australia obbliga l’Unione Europea ad un rilancio del proprio ruolo che non può che essere strategico. Prendendo innanzitutto atto del ridimensionamento degli USA come forza unipolare mondiale e dell’avvio di una inedita fase multipolare dove ogni soggetto statuale è solo nella ipercompetizione suddetta.
La discontinuità che si è creata con la fase unipolare ad egemonia USA porta inevitabilmente alla formazione di un esercito europeo che è già presente nei progetti e nelle dichiarazioni pubbliche del governo della Unione Europea.
Un tale livello di concorrenza mondiale implica per la UE la necessità della centralizzazione decisionale e del ricompattamento interno al proprio ambito comunitario ma rivolto anche alla sua prima periferia esterna, Africa del Nord, Occidentale e Medio Oriente, che porta immediatamente alla necessità di una vera e propria ristrutturazione sia di carattere produttivo che sociale.
Per il nostro paese il parallelo non può che essere fatto con la ristrutturazione industriale avuta negli anni ’80 che ha puntato scientificamente alla distruzione di quella classe operaia che negli anni ’70 era l’avanguardia delle lotte nella società italiana rimettendo in discussione la redistribuzione della ricchezza nazionale fino ad allora tutta a vantaggio delle classi dominanti.
Questo riferimento ci può dare la dimensione di quello che sta maturando e come sotto la retorica ambientalista, delle energie alternative, della modernità prodotta dalla civiltà europea si prospetti un periodo di profonda modifica della produzione, dei servizi pubblici, della condizione sociale fatta di lacrime e sangue tutte versate naturalmente dalle classi subalterne a cominciare dai cosiddetti ceti medi oggi in evidente crisi verticale.
Come è altrettanto evidente che il processo di centralizzazione generalizzato penalizzerà la democrazia nei singoli paesi come sta dimostrando il decisionismo di Draghi ben più aggressivo e pericoloso di quello avuto da Craxi negli anni ’80.
In prospettiva il ridimensionamento dell’apparato industriale, i licenziamenti, la precarizzazione, il piegare le risorse pubbliche a vantaggio delle imprese, la consunzione dei residui spazi democratici saranno i caratteri di una lunga fase che vedrà un peggioramento complessivo delle società europee e questo in un contesto internazionale dove la competizione economica potrà tracimare in scontro politico e militare con schieramenti ad oggi imprevedibili.
EFFETTI SOCIALI DELLA RISTRUTTURAZIONE
Come Rete dei Comunisti dagli anni ’90 abbiamo individuato questa tendenza storica e l’abbiamo descritta come costruzione di un “Polo Imperialista Europeo” in una divisione del mondo post sovietico che vedeva la nascita di aree economico-monetarie competitive sia attorno agli USA, prima con il NAFTA e poi con il tentativo fallito dell’ALCA per l’America Latina, che attorno al Giappone ravvedendo in quella tendenza i pericoli di una ripresa di un conflitto mondiale. Già dall’epoca abbiamo affermato che il dovere degli antimperialisti e dei comunisti era di lottare contro il proprio imperialismo che per noi significava appunto contrastare e rompere la UE che si andava formando.
Da quel decennio sono cambiate molte cose, c’è stata l’emersione della Cina come potenza economica mondiale, il moltiplicarsi di forze regionali quali l’Iran, la Russia e la Turchia, la fine delle velleità imperialiste del Giappone ed ora anche la crisi egemonica degli USA. L’unico progetto organico che è andato avanti grazie proprio alle molteplici crisi, che hanno fatto da volano per il progetto d’integrazione, è stato quello della costruzione dell’Unione Europea. Questa oggi si avvia a superare la condizione di “Area/Polo economico finanziario” e diventare un superstato imperialista che compete sull’agone mondiale come le altre potenze.
In questa paradossale discontinuità internazionale e continuità della UE ci sembra indispensabile riconfermare l’obiettivo della rottura dell’Unione Europea, della fuoriuscita dell’Italia dalla UE e dalla NATO, della costruzione di un’area alternativa che ravvisiamo in quella che abbiamo definito Alba Euromediterranea.
PROPOSTA POLITICA
Sappiamo bene che questo non è un obiettivo all’ordine del giorno ma sappiamo bene che i prossimi anni, la prossima fase storica, sarà caratterizzata dall’incremento dei conflitti, da quello di classe all’interno della UE a quello internazionale certamente politico se non militare direttamente.
Dunque dare una direttiva di marcia, indicare chiaramente qual è il nemico, non lasciare disarmati politicamente e ideologicamente i conflitti prossimi venturi è un impegno che deve partire dal presente momento di crisi del nostro avversario di classe pena l’affermazione di movimenti reazionari di cui ce se ne accorge sempre troppo tardi nonostante che da anni si gridi “al lupo al lupo” spesso verso la direzione sbagliata.
25 Settembre 2021 Assemblea Nazionale USB per preparare lo sciopero generale dell'11 ottobre
8 marzo 2021. Giornata internazionale delle donne lavoratrici
Venezuela. Il rapporto preliminare dell’ONU denuncia le gravi violazioni dei diritti umani inflitte con le misure coercitive unilaterali imposte da USA e UE
“Il proposito annunciato di una campagna di ‘massima pressione’ per rimuovere il governo del Venezuela viola il principio di uguaglianza sovrana degli Stati e costituisce un intervento negli affari interni del Venezuela che influenza anche le relazioni regionali del paese”, mentre “le sanzioni all’importazione di cibo, che costituisce più del 50% del consumo alimentare interno, ha causato una crescita costante della malnutrizione negli ultimi 6 anni”, così come in campo sanitario il blocco ha causato “una grave carenza di farmaci e vaccini contro morbillo, febbre gialla e malaria” e “la mancanza di cure per l’HIV, nel 2017-2018, ha comportato un grave aumento del tasso di mortalità”. Lo denuncia la Relatrice Speciale delle Nazioni Unite sull’impatto negativo delle misure coercitive unilaterali sul godimento dei diritti umani, la signora Alena Douhan, che ha diffuso un rapporto preliminare sulla sua visita nella Repubblica Bolivariana del Venezuela compiutaa dal primo al 12 febbraio 2021. Tali osservazioni, precisa il documento, “sono il risultato delle consultazioni con un’ampia gamma di interlocutori.
Il rapporto completo sarà presentato al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite nel settembre 2021.
Nella sua missione, la signora Douhan ha incontrato il Presidente e il Vice Presidente della Repubblica; i Vicepresidenti incaricati dei poteri esecutivo, legislativo, giudiziario, cittadino ed elettorale; i Ministri degli Affari Esteri, della Salute, dell’Istruzione, della Pianificazione, dell’Economia, delle Finanze, del Petrolio, delle Miniere, del Cibo, delle Donne e dell’Uguaglianza di Genere, del Blocco, dell’Edilizia Popolare, del Lavoro sociale, della Scienza, Tecnologia, Trasporti, Cultura e dei Popoli Indigeni; il Coordinatore dei Comitati Locali di Produzione e Fornitura (CLAP); il Segretario generale del Comitato per i diritti umani; il Presidente della PDVSA; il Presidente della Banca Centrale, il Direttore delle Telecomunicazioni, il Presidente della Corte Suprema, l’Ispettore Fiscale, il Procuratore Generale; il Presidente e i membri dell’Assemblea Nazionale; il difensore del Popolo; il
Segretario Esecutivo dell’ALBA; rappresentanti di tutto lo spettro di partiti politici, opposizione e sindacati; organizzazioni umanitarie nazionali e internazionali; del settore privato; della Chiesa cattolica; come degli attori nel governo venezuelano che lavorano nei settori della salute, dei diritti umani, della protezione dell’infanzia, delle donne e dei bambini; medici familiari; docenti universitari; docenti scolastici; ricercatori indipendenti e, cosa più importante, vittime di violazioni dei diritti umani. Ed ha inoltre incontrato i rappresentanti del gruppo delle Nazioni Unite nel paese e i membri della comunità diplomatica. Ha visitato l’ospedale pediatrico di Corazón; lo stabilimento farmaceutico di Quimbotiec; il complesso cananeo; la scuola elementare Hugo Chávez e la scuola materna Ciudad Mariche, nella periferia di Caracas.
Nello Stato di Carabobo, il Governatore ha facilitato un incontro con i direttori delle aziende pubbliche (acqua, luce, gas e telecomunicazioni), il dipartimento di maternità che ha sede nell’ospedale statale, uno dei centri di salute primaria provinciali ispirati al modello cubano e diverse organizzazioni nel governo.
La Relatrice Speciale esprime la sua gratitudine a tutti questi interlocutori, che hanno generosamente offerto tempo, informazioni, analisi, esperienze e pensieri per aiutarla a capire cosa ha portato a una situazione molto complessa e allarmante. La Relatrice Speciale apprezza la calorosa accoglienza e la forma costruttiva e collaborativa con cui il Governo ha facilitato la sua visita, che ha consentito un dialogo franco e aperto esprimendo uno speciale ringraziamento al Ministero degli Affari Esteri per l’efficace collaborazione con il suo staff. Ringrazio anche l’Ufficio del Coordinatore Residente delle Nazioni Unite per il suo supporto e assistenza durante la visita.
Il contesto della visita al paese
Gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni contro il Venezuela dal 2005, quando hanno introdotto sanzioni selettive contro persone ed entità presumibilmente coinvolte nel traffico di droga. Nel 2006 ha sollecitato un embargo sulle armi, poiché riteneva che il Governo non stesse cooperando a sufficienza negli sforzi antiterrorismo.
Successivamente, una legge statunitense del 2014 ha dato luogo a sanzioni contro alcuni funzionari venezuelani che, tra le altre cose, sono accusati di repressione violenta delle proteste, persecuzione degli oppositori politici, lacerazione della libertà di stampa e corruzione. Nel 2015, gli Stati Uniti hanno dichiarato la situazione in Venezuela come un’emergenza nazionale che mina la sicurezza e la politica estera del paese.
Nel 2017, gli Stati Uniti hanno qualificato come illegittime le elezioni legislative venezuelane e hanno imposto sanzioni contro il governo e altre entità, tra cui PDVSA, bloccando le loro transazioni e l’accesso ai mercati finanziari americani.
Nel 2018, dopo le elezioni presidenziali venezuelane, gli Stati Uniti hanno irrigidito le sanzioni contro il governo, indicando come causa la gestione economica, la corruzione, la rappresentanza degli oppositori politici e gli sforzi per minare la democrazia.
Nel gennaio del 2019, gli USA hanno riconosciuto il leader dell’Assemblea Nazionale Juan Guaidó come presidente ad interim del Venezuela, e sollecitato ulteriori sanzioni contro PDVSA, la Banca Centrale del Venezuela e funzionari governativi, imponendo un embargo economico totale nell’agosto 2019. Ed hanno concesso a Guaidó anche il controllo dei beni e delle proprietà del governo venezuelano nelle banche americane, compreso il denaro che arriva a PDVSA dalla sua filiale americana, Citgo.
Altre sanzioni degli Stati Uniti nel 2018 e 2019 sono state rivolte ai settori dell’oro e delle miniere, degli alimenti, delle cripto valute e delle banche.
Nel settembre 2020 sono state imposte sanzioni americane a cinque deputati che dirigevano i partiti che collaboravano con il Governo.
Dal 2020, gli Stati Uniti hanno cercato di bloccare il Venezuela in modo che non ottenesse carburante dall’Iran includendolo nell’elenco dei pirati del petrolio, vietando l’uso dei porti aerei e marittimi venezuelani e il blocco dei beni della compagnia Rosneft.
Sembrerebbe, inoltre, che alcuni funzionari statunitensi abbiano lanciato minacce non ufficiali per impedire le transazioni di stati terzi con il Venezuela.
La Relatrice Speciale ONU prende atto della decisione del governo degli Stati Uniti del 21 aprile 2020 di rivedere le sanzioni USA, in modo da ridurre al minimo l’impatto umanitario della pandemia, della decisione del governo degli Stati Uniti del 2 febbraio 2021 di ammorbidire le sanzioni che influenzano il funzionamento delle operazioni ordinarie nei porti e negli aeroporti venezuelani.
L’Unione Europea ha imposto sanzioni contro il Venezuela nel 2017, tra cui un embargo sulle armi, il divieto di esportare altre merci che potrebbero essere utilizzate per la rappresentanza interna, il divieto di esportare tecnologia e il materiale per la sorveglianza delle intercettazioni delle telecomunicazioni, il divieto di viaggiare in Venezuela e il congelamento dei beni di persone le cui azioni sono state considerate dall’UE come un tentativo contro la democrazia, lo stato di diritto e il rispetto dei diritti umani, contestati dal Venezuela dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione Europea.
È stato riferito che 1 miliardo e 200 milioni di dollari di fondi del governo del Venezuela sono stati congelati da una banca portoghese nel 2019.
Circa 2 miliardi di dollari della Banca centrale del Venezuela sono stati congelati e depositati presso la Banca d’Inghilterra e il caso è stato inviato presso i tribunali britannici.
Nel 2017 e nel 2018, il Canada ha congelato i beni e vietato le transazioni per le proprietà dei funzionari venezuelani accusati di rappresaglie, gravi violazioni dei diritti umani, corruzione, censura, esecuzioni extragiudiziali e altri atti.
Nel 2018, il Messico ha congelato i beni e imposto restrizioni di viaggio a 13 alti funzionari
venezuelani.
Nel 2018 e nel 2019, la Svizzera ha imposto un embargo sulle armi al Venezuela, ha congelato i beni e imposto restrizioni di viaggio ai funzionari venezuelani.
Nel 2019 la Colombia ha vietato l’ingresso di 200 venezuelani legati al governo.
Panama nel 2018 ha imposto sanzioni selettive contro persone ed entità venezuelane considerate altamente rischiose, per partecipare al blocco dei capitali, al finanziamento del terrorismo e alla proliferazione di armi di distruzione di massa.
Nel 2019, 13 dei 14 paesi del gruppo di Lima hanno deciso di vietare l’ingresso di funzionari
venezuelani e hanno negato l’accesso ai loro sistemi finanziari.
Sempre nel 2019, la maggior parte dei membri del Trattato di Rio ha approvato una Risoluzione che consente l’imposizione di sanzioni selettive, compreso il congelamento dei beni, ai funzionari venezuelani presumibilmente coinvolti in traffico di droga, attività terroristiche, criminalità organizzata e/o violazioni dei diritti umani.
Il 13 febbraio 2020, il Venezuela ha presentato una denuncia alla Corte Penale Internazionale ai sensi dell’articolo 14 dello Statuto di Roma rispetto alle misure coercitive unilaterali.
Situazione economica e umanitaria in Venezuela
Il Venezuela possiede una delle più grandi riserve di petrolio del pianeta. Il petrolio è stato il principale prodotto di esportazione del paese e la principale fonte di reddito e valute.
Dal 2000, il Governo ha annunciato il lancio di una vasta gamma di progetti sociali nei settori dell’edilizia popolare, istruzione, alfabetizzazione, nutrizione, approvvigionamento idrico, assistenza sanitaria, pianificazione familiare, alfabetizzazione informatica e sviluppo della comunità: gran parte di quello che è stato realizzato, a costo zero per i privati, è stato sostanzialmente sovvenzionato dallo Stato.
L’economia mono-orientata è dipesa in gran parte dalla vendita di petrolio; la maggior parte dei prodotti, dai macchinari e ai pezzi di ricambio, dagli alimenti ai medicinali, sono stati importati principalmente dagli Stati Uniti e dall’Europa.
La produzione interna si è mantenuta ad un livello abbastanza contenuto e non è stata in grado di soddisfare le esigenze di consumo interno.
Le difficoltà dell’economia sono iniziate nel 2014 con il calo dei prezzi del petrolio.
Tra gli altri fattori che influenzano l’economia venezuelana, si è parlato di gestione, corruzione e controlli statali sui prezzi.
Le sanzioni unilaterali di Stati Uniti, Unione Europea e altri paesi si sono accentuate e hanno aggravato i suddetti problemi.
E’ noto che gli introiti pubblici e il bilancio dello Stato si sono ridotti del 99% e che il paese
attualmente vive con l’1% del reddito che possedeva prima delle sanzioni.
I rimedi dall’estero sono stati ridotti a causa del blocco dei beni dello Stato, della complessità dei trasferimenti e degli impedimenti alla loro esecuzione.
Quattro anni di iperinflazione hanno causato la svalutazione totale della moneta nazionale (1 USD = 1,8-1,9 milioni di bolivar).
I salari mensili nel settore pubblico sono stati ridotti da 150-500 USD nel 2015, a 1-10 USD nel 2020 e un crescente livello di povertà.
Nel 2018-2019, il governo ha introdotto nuove politiche economiche: il controllo dei prezzi è stato revocato e il settore privato è stato liberalizzato.
Tuttavia, l’inasprimento delle sanzioni che il paese deve affrontare dal 2015 ha minato il possibile impatto positivo delle riforme attuali, nonché la capacità dello Stato di mantenere le infrastrutture e realizzare progetti sociali.
Il Venezuela sta attualmente affrontando la scarsità di macchinari, forniture, elettricità, acqua, carburante, gas, cibo e medicinali necessari.
I beni venezuelani congelati nelle banche di Stati Uniti, Regno Unito e Portogallo ammontano a 6 miliardi di dollari.
L’acquisto di beni e pagamenti da aziende pubbliche è bloccato o congelato.
Il settore privato, le organizzazioni governative, le università, i club sportivi e i cittadini venezuelani denunciano il rifiuto delle banche estere ad aprire i propri conti bancari, compresi quelli delle banche corrispettive negli Stati Uniti e in Europa; denunciano difficoltà nell’ottenere visti e acquistare biglietti; denunciano la necessità di agire tramite agenti di paesi terzi e la necessità di pagare costi assicurativi aggiuntivi.
Nell’ottobre 2020, il deferimento delle sanzioni economiche e il crescente eccesso di complimento delle stesse hanno dato luogo all’approvazione della Legge Costituzionale Anti-Blocco.
Viene dichiarato che le linee elettriche oggi funzionano meno del 20% della loro capacità.
Si stima che, dal 2015, il numero di venezuelani che hanno abbandonato il Paese in cerca di una vita migliore oscilli tra 1 e 5 milioni e che la popolazione si ridurrà a circa 27 milioni nel 2021. La maggior parte dei servizi pubblici hanno visto una riduzione del personale dal 30% al 50%, compresi i più qualificati (medici, infermieri, ingegneri, insegnanti, maestri, personale di sicurezza, ecc.), fatto che ha causato disorganizzazione interna, aumento del carico di lavoro per il resto del personale, una riduzione del servizio e una riduzione della qualità dello stesso. Si stima che il 90% delle famiglie sia collegato alla rete idrica nazionale. Tuttavia, molte famiglie riferiscono frequenti tagli a causa di interruzioni di corrente che interessano le pompe dell’acqua e la manutenzione delle infrastrutture e la carenza di personale qualificato per la manutenzione.
La distribuzione dell’acqua può essere attuata solo “a turni” per garantire la consegna a tutta la popolazione, e la maggior parte delle famiglie può accedere all’acqua solo una volta alla settimana per alcune ore.
A causa delle sanzioni commerciali, l’uso di agenti chimici per trattare e purificare l’acqua per l’acqua potabile è stato ridotto del 30%.
Le sanzioni all’importazione di cibo, che costituisce più del 50% del consumo alimentare interno, ha causato una crescita costante della malnutrizione negli ultimi 6 anni, con oltre 2,5 milioni di persone in una situazione di grave insicurezza alimentare.
I meccanismi per affrontare questa situazione includono la riduzione del numero di pasti giornalieri (1 o 2 invece di 3); la riduzione del cibo e della qualità del cibo; la svendita/vendita dei prodotti alimentari e la riduzione della spesa per salute, abbigliamento e istruzione; con un correlato aumento di crisi familiari, tensioni, violenze e separazioni; lavoro minorile; partecipazione all’economia sommersa; attività criminale, compreso il traffico di droga e di esseri umani, il lavoro forzato e l’emigrazione. Il programma CLAP (fornitura gratuita di alimenti), che è stato lanciato come iniziativa del governo
nel 2017 e supporta 6 milioni di famiglie in tutto il paese, ha visto diminuire la diversità e completezza dei prodotti alimentari.
Il Venezuela ha fatto completamente affidamento sui medicinali importati dall’estero, sebbene prima del 2016 la maggior parte dei servizi medici pubblici fossero forniti dallo Stato gratuitamente. Gli ostacoli all’assistenza sanitaria riguardano la grave mancanza o carenza di medicinali e vaccini, l’aumento dei prezzi, la carenza di elettricità per alimentare le apparecchiature, la scarsità di acqua, i problemi di igiene che ne derivano, il deterioramento delle infrastrutture dovuto alla mancanza di manutenzione, all’assenza di pezzi di ricambio, la mancanza di disponibilità di nuove attrezzature per carenza di risorse o per la vendita e la consegna, il degrado delle condizioni di lavoro e la mancanza di dispositivi di protezione contro le malattie infettive, la perdita di personale in tutte le aree mediche a causa dei bassi salari e il mancato completamento della costruzione di ospedali e centri di assistenza primaria.
In particolare, l’Ospedale Cardiologico Infantile di Caracas ha subito una diminuzione di 5 volte il numero di interventi chirurgici (da una media di 1.000 interventi annuali nel periodo 2010-2014 a 162 nel 2020). I posti di medici negli ospedali pubblici sono vacanti al 50-70%. Attualmente solo il 20% circa delle apparecchiature mediche è in funzione.
Il paese nel 2017-2018 ha dovuto affrontare una grave carenza di farmaci e vaccini contro morbillo, febbre gialla e malaria. La mancanza di cure per l’HIV, nel 2017-2018, ha comportato, secondo i rapporti, un grave aumento del tasso di mortalità.
Il dirottamento dei beni dalla filiale americana di PDVSA, CITGO, ha impedito trapianti di fegato e midollo osseo a 53 bambini venezuelani; tali trapianti, prima del 2016, sarebbero stati effettuati in Italia e Argentina a carico dello Stato.
Il Relatore Speciale ONU osserva anche la crescita della mortalità neonatale e materna dal 2013, con un leggero miglioramento nel 2019, quando è stata attivata la cooperazione umanitaria con l’UNICEF, l’OPS, la chiesa e altre organizzazioni umanitarie.
Altri effetti dannosi della crisi sono da un lato il crescente problema delle gravidanze di donne adolescenti, che sta raggiungendo un livello critico tra i 12 e 13 anni d’età, causato dalla mancanza di informazioni e di metodi contraccettivi, e l’aumento dell’HIV/AIDS dovuto alle scarsità di relazioni protette.
L’istruzione scolastica e universitaria dal 2016 ha registrato una grave interruzione del sostegno del governo, compresa la mancata fornitura di uniformi scolastiche, scarpe, zaini e attrezzature per laboratori, la riduzione del numero di pasti giornalieri nella scuola (da 2 a 1), la riduzione della quantità e diversità degli alimenti o la totale eliminazione degli stessi. L’indisponibilità di risorse finanziarie e la reticenza delle società straniere a commerciare sia con le istituzioni pubbliche venezuelane sia con le società private, ha causato la sospensione del Programma Canaima, avviato nel 2015 per assemblare computer portatili compatti con finalità educative, grazie al quale erano stati
distribuiti 6,5 milioni di pc attraverso il sistema scolastico senza alcun costo per le famiglie.
Alcuni incidenti tecnici nel 2019 hanno paralizzato il satellite pubblico del Venezuela, riducendo sostanzialmente la copertura Internet nel paese e rendendo difficile l’istruzione a distanza durante la pandemia.
Prima della crisi economica e umanitaria, il governo venezuelano aveva attivato la cooperazione con UNDP, UNICEF, UNAIDS, OPS, con la chiesa, con il settore privato e con le ONG umanitarie che forniscono assistenza umanitaria, facilitando la ricostruzione di impianti e sistemi idrici, nonché la fornitura di vaccini, medicinali, analisi e indagini mediche, reagenti, materiale scolastico e cibo.
Tuttavia, nel 2020 i tentativi di riacquisire i fondi congelati presso la Banca d’Inghilterra per
l’acquisto di medicinali, vaccini, dispositivi di protezione e attrezzature mediche attraverso UNDP e OPS sono falliti. Non sono stati sbloccati nemmeno i fondi per l’acquisto di COVAX attraverso l’OPS nel 2020 – 2021.
Nonostante l’intensificazione del lavoro con gli attori umanitari, sono stati segnalati alcuni casi di controllo e persecuzione dei membri di ONG nazionali che partecipano al lavoro umanitario.
Valutazione della base giuridica per l’imposizione di sanzioni
La Relatrice Speciale ONU ritiene che lo stato di emergenza nazionale annunciato dal Governo degli Stati Uniti l’8 marzo 2015 come base per l’introduzione delle sanzioni contro il Venezuela e più volte prorogato, non soddisfi i requisiti di cui all’art. 4 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, come l’esistenza di una minaccia effettiva alla vita della nazione, la limitazione delle misure alle esigenze effettive della situazione, una durata limitata, l’assenza di discriminazioni, la proibizione di derogare al diritto alla vita e il divieto di punire attività che non costituiscono reato, come menzionato nella comunicazione degli esperti in diritti umani del 29 gennaio 2021.
La Relatrice Speciale sostiene che le sanzioni unilaterali contro il petrolio, l’oro, l’estrazione mineraria e altri settori economici, nonché contro la compagnia aerea di stato e l’industria televisiva costituiscono una violazione del diritto internazionale e non si esclude la loro illiceità in riferimento alle contromisure.
Il proposito l’aver annunciato di una campagna di “massima pressione” per rimuovere il governo del Venezuela viola il principio di uguaglianza sovrana degli Stati e costituisce un intervento negli affari interni del Venezuela che influenza anche le relazioni regionali del paese.
Facendo riferimento alle norme consuetudinarie sull’immunità dei beni dello Stato, la Relatrice Speciale ricorda che i beni della Banca Centrale sono utilizzati dai funzionari pubblici con finalità dello Stato del Venezuela e non a titolo privato o governativo.
Pertanto, il congelamento dei beni della Banca Centrale del Venezuela motivato dal non
riconoscimento del suo Governo, nonché l’adozione delle relative sanzioni, viola i diritti sovrani del paese e impone che il governo effettivo debba garantire i bisogni della popolazione.
Il Relatore Speciale ONU sostiene che l’inclusione di funzionari statali nell’elenco ufficiale dei sanzionati contraddice il divieto di punire un’attività che non costituisce un reato, impone ai dipendenti la possibilità di rappresentare gli interessi del Venezuela nei tribunali internazionali e in altre istituzioni internazionali e mina il principio di uguaglianza sovrana degli Stati.
Allo stesso modo, sottolinea che i ripetuti rifiuti delle banche degli Stati Uniti, Regno Unito e
Portogallo a liberare i beni venezuelani necessari per l’acquisto di medicinali, vaccini e dispositivi di protezione, sotto il controllo di organizzazioni internazionali, violano il suddetto principio e impediscono la capacità di risposta del Venezuela all’emergenza Covid 19.
La Relatrice Speciale esprime preoccupazione per il fatto che le sanzioni selettive unilaterali, nella loro forma attuale, violino, come minimo, gli obblighi che derivano dagli strumenti universali e regionali nel settore dei diritti umani, molte delle quali sono di carattere perentorio – garanzie processuali e presunzione di innocenza -, in considerazione del fatto che le ragioni della loro introduzione non costituiscano, per la maggior parte, reati internazionali, né abbiano a che fare con l’ambito della giurisdizione penale universale; al tempo stesso, prende atto della presentazione dinanzi alla Corte Penale Internazionale da parte di un gruppo di Stati di una remissione contro il Venezuela il 27 settembre 2018.
Il Relatore Speciale ONU sottolinea che l’applicazione della giurisdizione extraterritoriale a cittadini e società di Stati terzi per la cooperazione con autorità pubbliche, cittadini e società del Venezuela, e le presunte minacce a detti Stati terzi, non è giustificata dal diritto internazionale e aumenta i rischi di eccesso rispetto alle sanzioni. Il Relatore Speciale rileva con preoccupazione le presunte minacce alle società private e ai donatori, partner e organizzazioni umanitarie di paesi terzi, così come l’introduzione di clausole di riservatezza nella Legge Costituzionale Anti-Blocco del Venezuela per quanto riguarda l’identità dei partner corrispondenti.
Impatto sul godimento dei diritti umani
La Relatrice Specialìe ONU osserva con preoccupazione che le sanzioni settoriali contro le industrie petrolifere, aurifere e minerarie, il blocco economico del Venezuela e il congelamento dei beni della Banca Centrale hanno esacerbato la situazione economica e umanitaria preesistente, impedendo l’uso delle risorse per sviluppare e mantenere le infrastrutture e per i programmi di assistenza sociale, con un effetto devastante su tutta la popolazione del Venezuela, in particolare su coloro che vivono in condizioni di estrema povertà, donne, bambini, operatori sanitari, persone con disabilità o malattie
croniche o potenzialmente letali e sulla popolazione indigena.
La Relatrice Speciale sottolinea che le eccezioni umanitarie esistenti risultano inefficaci e insufficienti, soggette a procedure lunghe e costose, e non coprono la consegna di pezzi di ricambio, attrezzature e macchinari necessari per la manutenzione e il ripristino dell’economia e dei servizi pubblici.
La Relatrice Speciale teme che l’applicazione di sanzioni extraterritoriali secondarie, nonché le presunte minacce di sanzioni, diano luogo a un eccesso di rispetto dei regimi sanzionatori esistenti, impedendo al governo del Venezuela, al suo settore pubblico e alle società private di acquisire macchinari, pezzi di ricambio, farmaci, cibo, forniture agricole e altri beni essenziali, comprese le licenze concesse dal governo degli Stati Uniti. Esse portano anche a un numero crescente di dinieghi di trasferimenti bancari, tempi di bonifico estesi (da 2 a 45 giorni), maggiori costi di consegna, assicurazione e bonifico bancario, nonché aumenti di prezzo segnalati per tutte le merci (in particolare le merci importate).
La Relatrice Speciale osserva con preoccupazione che la mancanza di risorse e il rifiuto da parte di partner stranieri, banche e società di trattare con partner venezuelani comporta l’impossibilità di acquisire le attrezzature mediche e tecnologiche necessarie, i reagenti e pezzi di ricambio per la riparazione e la manutenzione di elettricità, gas, acqua, trasporti pubblici, telefonia e sistemi di comunicazione, scuole, ospedali, alloggi e altre istituzioni pubbliche, situazione che mina il godimento di molti diritti umani, compreso il diritto a una vita degna.
Nonostante la revisione periodica e l’aumento dei salari in Venezuela, lo stipendio medio nel settore pubblico è stimato tra i 2 ei 3 dollari USA al mese, copre meno dell’1% del paniere di base alimentare e rende la popolazione sempre più dipendente sul sostegno sociale del Governo sotto forma di CLAP (scatole di cibo) e periodici trasferimenti di denaro attraverso la “Carta de la Patria”, sovvenzioni multiple per funzionari pubblici, nonché aiuti umanitari esteri.
La Relatrice Speciale ONU osserva che tutto questo aumenta il livello di emigrazione, facilita la partecipazione delle persone all’economia grigia, interessando in primo luogo gli specialisti di alto livello del settore pubblico, inclusi medici, infermieri, insegnanti, professori universitari, ingegneri, poliziotti, giudici, tecnici e molti altri, violando i loro diritti economici, tra cui il diritto al lavoro, a un lavoro dignitoso, alla previdenza sociale, inclusa la polizza sociale e un livello di vita adeguato. Il numero di posti vacanti tra il personale necessario a garantire il normale funzionamento dei servizi pubblici sarebbe stato compreso tra 1/3 e 1/2. L’emigrazione di massa in assenza di trasporti a prezzi accessibili mette in pericolo la vita dei migranti e impone oneri aggiuntivi ai paesi ospitanti. Viene
denunciato, tra gli altri problemi, il mancato accesso a cibo, medicine e assistenza medica per i migranti venezuelani, la mancanza di documenti di identità per i bambini nati all’estero, la separazione delle famiglie e l’assenza di un’adeguata attenzione ai bambini che soggiornano con i nonni in Venezuela.
La Relatrice Speciale esprime preoccupazione per la mancanza di benzina, con il conseguente aumento dei prezzi del trasporto, violi la libertà di movimento, impedisca l’accesso a ospedali, scuole e altri servizi pubblici, aggravi i problemi di consegna e distribuzione di cibo e forniture mediche – soprattutto nelle aree remote del paese, colpendo, tra le altre cose, la popolazione indigena e causando ritardi nei servizi pubblici, compresa la giustizia penale e civile. La segnalata mancanza di gasolio, utilizzato principalmente per scopi agricoli, industriali e di trasporto, ha un potenziale effetto
drammatico sulla produzione e conservazione del cibo, con il rischio di aggravare ulteriormente l’insicurezza alimentare del popolo venezuelano, che sta già affrontando un deterioramento della quantità e qualità di cibo e l’aumento della malnutrizione, aumentando così i rischi per la salute e le minacce alla vita.
La Relatrice Speciale rileva con preoccupazione che, a causa della mancanza di disponibilità di nuovi macchinari, pezzi di ricambio e personale competente, il popolo venezuelano possiede un accesso limitato all’elettricità, il che impedisce, tra l’altro, il funzionamento delle pompe dell’acqua, con conseguente violazione del diritto all’acqua, compresa l’acqua potabile sicura e l’acqua sanitaria, aumentando i rischi di malattie rilevanti.
La Relatrice Speciale sottolinea che i bassi salari, l’assenza o l’insufficienza di materiale scolastico, uniformi scolastiche e cibo a scuola che il governo era solito fornire, i problemi di trasporto, l’assenza di elettricità e la copertura limitata di Internet e della telefonia mobile mettono in pericolo l’esercizio del diritto all’istruzione. Le ragioni di cui sopra, così come l’impossibilità segnalata di utilizzare risorse online con indirizzi IP venezuelani, influenzano l’accesso alle informazioni e la libertà di espressione.
Il presunto rifiuto dei partner stranieri a cooperare con le istituzioni venezuelane, comprese le università, le società sportive e le ONG, nonché gli impedimenti ai trasferimenti di denaro, le difficoltà nell’ottenere i visti e il rifiuto di aprire e chiudere conti bancari di cittadini venezuelani o di società pubbliche e private con sede in Venezuela per paura di sanzioni secondarie, pregiudica il diritto all’istruzione, le libertà accademiche, i diritti culturali e impedisce la fornitura di aiuti umanitari.
La Relatrice Specialee teme inoltre che la carenza di gas, che costringe le persone a cucinare con il fuoco a legna, possa violare il diritto a un ambiente favorevole. Osserva che, per la necessità di garantire i bisogni umani essenziali alla sopravvivenza, il Governo ha sospeso tutti i programmi volti al raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, compresi i progetti agricoli e sanitari, la tutela dell’ambiente, il miglioramento dell’alfabetizzazione e dell’informatica, la ricostruzione e altri.
Il Relatore Speciale sottolinea che il blocco di proprietà, beni e conti bancari di cittadini venezuelani da parte di banche e corrispondenti stranieri, spesso a causa di un’eccessiva osservanza, implica la violazione del diritto di proprietà. Rileva inoltre con preoccupazione che l’applicazione di sanzioni unilaterali contro il Venezuela incide sui diritti dei cittadini di paesi terzi; in particolare, la risoluzione di contratti con società di paesi terzi ha il potenziale rischio di incidere sui diritti economici e di proprietà dei loro proprietari e dipendenti; inoltre, l’assenza di contributi da parte del Venezuela, che era solito donare a progetti di assistenza regionale (ad esempio, ALBA), sta incidendo negativamente
sul diritto all’aiuto umanitario dei suoi beneficiari oltre i confini del Venezuela.
La Relatrice Speciale ONU riconosce che le sanzioni selettive e secondarie violano il diritto al giusto giudizio, le garanzie procedurali, la libertà di circolazione, i diritti di proprietà e il diritto alla reputazione.
Le sanzioni contro i rappresentanti dei gruppi di opposizione per la loro partecipazione alle elezioni violano il loro diritto di esprimere la loro opinione e di partecipare agli affari pubblici. Mentre il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (art. 275) offre alle persone inserite nell’elenco la possibilità di accedere alla Corte di giustizia delle Comunità europee, pur non esistendo garanzie procedurali prima che vengano prese decisioni in merito alle sanzioni, la Relatrice Speciale rileva che l’accesso alla giustizia non è invece garantito per quanto riguarda le sanzioni degli Stati Uniti, soprattutto in considerazione delle numerose rinunce denunciate da avvocati statunitensi a presentare casi davanti all’OFAC a causa delle supposte minacce del Governo degli Stati Uniti e il conseguente timore di probabili sanzioni.
Il Relatore Speciale ONU conclude che le sanzioni imposte contro il Venezuela, i suoi cittadini e le aziende colpiscono il popolo del Venezuela e il suo territorio, sia nel settore pubblico che privato, i cittadini di paesi terzi e i datori di lavoro di società di paesi terzi colpiti da sanzioni secondarie o da timore di ritorsioni, i donatori e le ONG umanitarie internazionali, i beneficiari dell’assistenza di organizzazioni internazionali tradizionalmente finanziate dal Venezuela, le persone a basso reddito, le donne, i bambini e le persone con bisogni speciali o con malattie croniche o coloro che sono gravemente colpiti nell’ ambito di tutti gli aspetti dei diritti umani, inclusi i diritti civili, politici, economici e sociali e le attività culturali e il diritto allo sviluppo.
La Relatrice Speciale accoglie con favore i rapporti sull’accresciuto impegno del governo del
Venezuela nei confronti dell’UNDP UNICEF, UNAIDS, OPS, altre organizzazioni internazionali e ONG ecclesiastiche, il settore privato e umanitario, nella fornitura di assistenza umanitaria, facilitando la ricostruzione dei sistemi idrici e la fornitura di vaccini, medicinali, analisi, reagenti, materiale scolastico e cibo, che sta aiutando 4 milioni di persone.
Tuttavia, la Relatrice Speciale esprime preoccupazione per le segnalazioni di cattiva gestione nella distribuzione degli aiuti umanitari, sorveglianza e persecuzione del personale delle ONG nazionali coinvolto nel lavoro umanitario e per l’assenza di regolamenti provvisori per il lavoro delle ONG internazionali.
Raccomandazioni della Relatrice Speciale
la Relatrice Speciale ONU fa affidamento su tutte le parti, sul loro obbligo, in virtù della Carta delle Nazioni Unite, di osservare i principi e le norme del diritto internazionale, inclusi i principi di uguaglianza sovrana, indipendenza politica, ingerenza negli affari interni degli Stati e risoluzione pacifica delle controversie internazionali.
La Relatrice Speciale sollecita che qualsiasi controversia venga contestata attraverso le istituzioni giudiziarie e altre istituzioni internazionali competenti.
La Relatore Speciale sottolinea che le preoccupazioni umanitarie devono sempre prevalere sulle politiche e che le misure unilaterali possono essere prese solo tenendo conto dello Stato di diritto, delle norme dei diritti umani, del diritto dei rifugiati e del diritto umanitario; devono rispettare gli obblighi legali internazionali degli Stati e possono essere applicate solo nel quadro di contromisure legali riconosciute a livello internazionale.
La Relatrice Speciale ONU ricorda che le valutazioni d’impatto umanitario preliminari e in corso devono essere effettuate nel corso di qualsiasi attività unilaterale, poiché nessuna buona intenzione giustifica la violazione dei diritti umani fondamentali come “danno collaterale”.
La Relatrice Speciale sottolinea l’inammissibilità dell’applicazione di sanzioni extraterritoriali ed esorta il Governo degli Stati Uniti a porre fine all’emergenza nazionale relazionata con il Venezuela, a rivedere e revocare le sanzioni settoriali contro il settore pubblico in Venezuela, a rivedere e revocare le sanzioni secondarie contro paesi terzi e astenersi dall’imporre sanzioni sulla fornitura di gasolio e carburanti che provocherebbe una crisi umanitaria di proporzioni senza precedenti.
La Relatrice Speciale esorta tutti gli interlocutori (compresi gli Stati, le organizzazioni internazionali, le banche, le società private e la società civile) ad evitare coercizioni, minacce scritte o orali e qualsiasi altro atto che possa provocare o dar luogo ad un eccesso di adempimento, o che si interpretino tutte le limitazioni in eccessivamente ristretto nel periodo provvisorio prima della revoca delle sanzioni unilaterali, tenendo debitamente conto delle Linee Guida emesse dalla Relatrice Speciale nel dicembre 2020.
La Relatrice Speciale chiede a tutti gli Stati di rivedere e revocare le sanzioni selettive nel rispetto dei principi del diritto internazionale, dello Stato di diritto, dei diritti umani e del diritto dei rifugiati, che garantiscono la possibilità che i dipendenti dello Stato del Venezuela rappresentino lo Stato sulla base del principio di eguaglianza sovrana degli Stati, e che garantiscono i diritti delle persone colpite, di presunzione di innocenza, di garanzie procedurali, dell’accesso alla giustizia e altri diritti fondamentali.
La Relatrice Speciale ONU esorta i Governi di Regno Unito, Portogallo e Stati Uniti e le banche corrispondenti a scongelare gli attivi della Banca Centrale del Venezuela per acquisire medicinali, vaccini, cibo, attrezzature mediche e di altro tipo, forniture e altri beni essenziali per garantire i bisogni umanitari del popolo venezuelano e il ripristino dei servizi pubblici in collaborazione con l’UNDP e altri organismi delle Nazioni Unite e attraverso meccanismi reciprocamente concordati e controllati dall’ONU.
Pur riconoscendo l’effetto devastante delle sanzioni unilaterali sull’ampio ambito di applicazione dei diritti umani, in particolare il diritto al cibo, il diritto alla salute, il diritto alla vita, il diritto all’istruzione e il diritto allo sviluppo, il Relatore chiede in particolare al governo del Venezuela e l’Ufficio dell’Alto Commissario per i diritti umani di attuare pienamente l’accordo di cooperazione firmato tra loro, per rafforzare la presenza dell’OHCHR sul terreno e monitorare, tra le altre cose, l’impatto delle sanzioni unilaterali, organizzando visite nel Paese degli esperti speciali pertinenti.
Il Relatore Speciale invita il Governo del Venezuela, l’UNDP, ed altre agenzie delle Nazioni Unite e l’OHCHR in Venezuela a negoziare un accordo che garantisca una distribuzione trasparente ed equa e non discrimini i beni essenziali e gli aiuti umanitari sotto il controllo delle istituzioni internazionali, indipendentemente da razza, sesso, nazionalità, età, credenze religiose o opinioni politiche, tenendo debitamente in conto i gruppi sociali con bisogni speciali.
La Relatrice Speciale fa appello al Governo del Venezuela affinché, in collaborazione con il
coordinatore residente delle Nazioni Unite e l’OHCHR in Venezuela, termini di redigere una
legislazione chiara e non discriminatoria che consentirà e faciliterà il lavoro umanitario di ONG internazionali e nazionali in Venezuela e garantisca la sicurezza e l’integrità del loro personale. Allo stesso tempo, richiama le ONG umanitarie all’obbligo di agire rispettando le norme dell’attività puramente umanitaria.
https://www.farodiroma.it/venezuela-il-rapporto-preliminare-dellonu-denuncia-le-gravi-violazioni-dei-diritti-umani-inflitte-con-le-misure-coercitive-unilaterali-imposte-da-usa-e-ue/
El gobierno Draghi no puede transformar la ciencia economica-social en un poder absoludo (por Luciano Vasapollo)
Con el Gobierno del economista prof. Draghi, Italia ha entrado definitivamente en la fase de cesión completa de la soberanía popular y nacional, continuando la larga fase de control comisarial por parte de los poderes fuertes de la Unión Europea en interés de la burguesía transnacional, como alma palpitante del polo imperialista europeo.
Esto sucede en nombre de la prevalencia de la ciencia económica entendida como la ciencia del modo de producción capitalista orientada a la ganancia y al desarrollo compatible sólo con las necesidades de hacer negocios en el mercado de capitales sin dar ninguna respuesta positiva a los problemas acuciantes del desarrollo cualitativo que pueda resolver las necesidades de los trabajadores, los explotados, los desempleados, los migrantes.
Pero si el conjunto de fuerzas políticas parlamentarias que son todas internas al gobierno de Draghi, creando de hecho un arco de fuerzas anticonstitucional ya que no respetan los dictados de la Constitución italiana, se presentan como fuerzas de la esperanza y de la recuperación económica, debemos preguntarnos cómo van a lograr la aplicación de una ciencia económica y social del pensamiento único: es decir, un poder absoluto de “masacre social”.
El desarrollo de instrumentos y metodologías, cuantitativas y cualitativas, ha sido uno de los puntos fuertes de la ciencia económica; y desde su creación en el siglo xix.
Una de las direcciones de los debates historicos fue rechazar o aceptar la neutralidad de la evaluación de los instrumentos convencionales de la macro y microeconomía y otras áreas de la ciencia económica; además, se discutió si estos instrumentos podrían ser la única forma objetiva de lograr resultados verdaderamente científicos en la investigación económica.
Las ciencias económicas son un fenómeno relativamente reciente, al menos en comparación con otras disciplinas científicas, pero han logrado consolidarse como el principal instrumento de medición de la realidad social y como un medio fundamental para controlar y gestionar la propia sociedad.
La pretensión científica de esta disciplina, en sentido amplio como política económica internacional, es, de manera estricta e indiscutible, una cuestión política, la implantación de una visión ideológica. Hoy, más que nunca, podemos ver esto: el fracaso del modelo dominante neoliberal y capitalista, en general, está ante los ojos de todos, destacando su seriedad. Un modelo económico-cultural que debería haber garantizado una prosperidad generalizada y una mejora de las condiciones de vida ha generado todo lo contrario, una crisis global, una crisis de civilización.
Como ya hemos tenido ocasión de subrayar en diversas obras, el ciclo económico en el que nos encontramos comenzó hace más de cuarenta años, cuando la crisis de sobreproducción dio lugar a una gran y aún no resuelta crisis de acumulación capitalista. Hasta el día de hoy, solo gracias al análisis de Marx se puede entender y evaluar críticamente el funcionamiento y las contradicciones del sistema capitalista y, por lo tanto, de su modo de producción.
Está claro que la economía política marxista (o más bien la crítica de la economía política) es ciencia e ideología crítica al mismo tiempo. La crítica no puede tener como objeto la transformación de la ciencia en un poder absoluto; para Marx, la crítica al pensamiento que la precedió llevó a un pensamiento de síntesis.
Desde este punto de vista, tales necesidades no tienen ningún juicio de valor subjetivo, ya que son las condiciones subjetivas a partir de las cuales se derivan los juicios de valor, la ideología y las doctrinas políticas.
Ha habido muchos intentos de separar los elementos puramente objetivos de la economía de aquellos que implican un juicio de valor. Estamos de acuerdo en que, para los fines de la teoría y el análisis, ambos aspectos están inextricablemente unidos. Como se mencionó anteriormente, una de las características de la ciencia de la modernidad es la creación de representaciones idealizadas de la realidad que pueden conducir a conceptos no empíricos, es decir, no alcanzable en la realidad.
El hecho de que el criterio de la investigación del modelo asuma un juicio de valor en los estudios económicos no significa que el proceso de investigación y sus resultados no sean científicos, pero el uso de la economia pura no debe ser fuera de la solucion inmediata y total de los intereses de los trabajadores, desempleados, migrantes y todos los explotados. La esencia de los estudios de Economía Política consiste en comprender lo que hay detrás de estos modelos económicos, revelando las verdaderas relaciones sociales de producción.
Para finalizar, es importante recalcar que nosotros, del área de la oposicion real y conflictual al Gobierno Draghi, como EUROSTOP, la Red Comunista, el CESTES, el Sindicato USB, desde hace trece años venimos proponiendo un ALBA euromediterráneo que lleve al desprendimiento de asfixia del euro, de los banqueros, de la deuda, de la especulación, para crear un espacio de los pueblos del Mediterráneo que mire al ALBA latinoamericano tanto en una perspectiva socialista transicional, como en una economía. Con la formación de su propio banco, con su propia moneda, con la solidaridad y la cooperación basadas no en ventajas comparativas y absolutas, sino en ventajas complementarias entre los distintos países. Esta idea está ahora en la agenda no solo en Italia sino también en Espana, Francia y Portugal.
Amanecer, pues, para una humanidad futura que ya no debe ser sometida al Gobierno de la economia que domina la realidad politica de los intereses de los explotados que con la fuerzas politica y sindical de clase se ponen contra al Gobierno Draghi combatiendo contra la barbarie y la opresión del imperialismo y el liberalismo.
https://www.farodiroma.it/el-gobierno-draghi-no-puede-transformar-la-ciencia-economica-social-en-un-poder-absoludo-por-luciano-vasapollo/
TRATTATO DI ANALISI DEL CICLO ECONOMICO MULTICENTRICO VOLTA LA CARTA… … NEL NUOVO SISTEMA ECONOMICO-MONETARIO: DAL MONDO PLURIPOLARE ALLE TRANSIZIONI AL SOCIALISMO
Luciano Vasapollo con Joaquin Arriola e Rita Martufi, Edizioni Efesto, Roma, 2020
Volta la carta… o voltare pagina ad un ciclo e ad una lunga fase internazionale. Potrebbe riassumersi così il contenuto di questo Trattato di analisi. A partire dalla disamina storico-economica delle relazioni internazionali, delle principali dottrine che le hanno ispirate, le pagine di questo lavoro attraversano la storia di un lungo dibattito che affonda le radici nella necessità di un alternativa al modo di produzione capitalistico e di rilanciare un processo generale delle transizioni verso il socialismo che, in ultimo, la crisi da coronavirus ha reso urgente per i destini dell’umanità intera. In tale contesto, l’analisi del sistema monetario internazionale, delle sue trasformazioni determinate in special modo dalla diffusione e sperimentazione di cripto valute, alternative alla dollarizzazione del mercato finanziario internazionale.
A partire da tali premesse generali, si espongono le categorie fondamentali della critica dell’economia politica, della fase imperialista dello sviluppo del modello di produzione egemone, ma si dà contestualmente conto, con ampio spazio, del fitto dibattito che queste categorie, che questa tradizione, hanno attraversato nel corso del Novecento e negli anni più recenti. Fondamentale, in tale prospettiva, è il contributo di autori e teorici che hanno fatto della rottura dei rapporti di dominanza tra centro capitalista e imperialista con le periferie del mondo il cuore di una riflessione originale sulle prospettive del movimento rivoluzionario mondiale. Dell’apporto peculiare che viene dai cosiddetti paesi del “Terzo Mondo” nel volume in oggetto viene dato ampio riscontro.
La lunga fase storica presa in considerazione nel testo arriva fino all’attualità: essa descrive il tendenziale declino dell’unipolarismo statunitense, del primato euroatlantico, dell’eurocentrismo come prospettiva strategica per il futuro dell’umanità, accompagnato, in parallelo, dall’ascesa di una nuova articolazione delle relazioni internazionali, dei rapporti di forza tra Paesi. Protagonisti di questo nuovo ciclo multicentrico sono proprio quegli Stati un tempo oppressi dal giogo coloniale e imperialista, liberatisi da tale condizione di subordinazione grazie all’apporto dei movimenti e delle rivoluzioni anticoloniali. Tra essi, spicca il ruolo dell’asse di Paesi rappresentato dai BRICS, ed il ruolo di Paesi che perseguono saldamente la via delle transizioni al socialismo come Repubblica Popolare Cinese, Cuba, Venezuela. Paesi caratterizzati da una lunga riflessione teorica e da un intenso dibattito sulle caratteristiche storiche peculiari di ciascun specifico contesto nazionale, da una riflessione originale sul rapporto tra categorie socialiste e categorie di mercato nel quadro della transizione, da un impegno attivo per l’ascesa di un mondo multicentrico e per l’affermazione della cooperazione internazionale, in luogo dell’unilateralismo imperialista, stretto nella morsa della crisi. Una crisi, quella della pandemia globale, che ha rivelato fortemente il ruolo d’avanguardia rivestito dagli Stati socialisti, dai paesi che fanno della pianificazione e del primato degli interessi sociali su quelli proprietario la colonne portanti della propria architettura sociale, economica e istituzionale.
Il lungo e tendenziale processo di depolarizzazione in atto, incoraggiato dalla diffusione di criptovalute indipendenti dalle logiche serventi e strumentali alle logiche proprietarie nello scambio che la moneta riveste nelle società capitalistiche occidentali – funzione di cui, nel testo, viene ampiamente indagato il nesso col modello produttivo e la sua teorizzazione - sta contribuendo a liberare Paesi e popoli dal ruolo oppressivo esercitato dal dollaro a livello internazionale. II dollaro è strumento economico fondamentale per il permanere dell’oppressione imperialista nel mondo, specialmente nei confronti degli Stati sottoposti alle mire predatorie di multinazionali e degli interessi del capitale finanziario internazionale, in cerca di nuove e diverse frontiere dell’accumulazione e della valorizzazione capitalista in danno dell’indipendenza dei popoli. Non è un caso che i Paesi emergenti assieme alle esperienze di transizione al socialismo abbiano lanciato idee e sperimentazioni che, a partire dall’esigenza di dedollarizzare le relazioni commerciali, nel campo delle criptovalute, al fine di realizzare e consolidare relazioni e rapporti finanziari liberi dall’intermediazione del dollaro. In questa prospettiva, la proposta di rottura dell’Unione Europea attraverso la creazione di un’ALBA euro-afro-mediterranea, fondata su pilastri economico sociali alternativi al liberismo e unita da un SUCRE mediterraneo quale criptovaluta come moneta di compensazione per gli scambi, si inserisce nel contesto della crisi manifesta dell’UE, ricercando e sostenendo un’alternativa possibile, e in quello del multicentrismo nelle relazioni internazionali e di un nuovo sistema monetario internazionale fondamentale per la determinazione di nuovi equilibri nel mondo.
Il Trattato indaga e interpreta le aspre contraddizioni di cui è foriero il tempo presente, ripropone la necessità di una via della trasformazione sociale, che superi i limiti e le barbarie del modo di produzione capitalistico, specialmente nel quadro della sua lunga crisi sistemica, che riproponga l’attualità dei processi di transizione al socialismo alla luce dell’esperienza storica del Novecento, dei percorsi peculiari che da esso sono sorti e del dibattito e confronto teorico in corso nel movimento rivoluzionario mondiale.
La guerra economica contro il Venezuela. L’iperinflazione pilotata dall’esterno. Perché e come batterla. L’analisi di Pasqualina Curcio coincide con gli studi di Luciano Vasapollo
Ci sono alcuni che tentano di fare analisi, ma dimostrano una grande mancanza di conoscenza dell’ economia e in particolare della realtà venezuelana, avendo scritto che la situazione iperinflazionistica che esiste attualmente in Venezuela, che è estremamente complessa, sarebbe determinata dalla dipendenza dalle esportazioni di petrolio, e anche dall’alta dipendenza dalle importazioni di beni essenziali.
Costoro affermano che di fronte al calo del prezzo del petrolio, e quindi alla diminuzione delle esportazioni, il paese è entrato in una situazione di deficit della bilancia dei pagamenti che, a sua volta, fa pressioni sulla perdita di valore del bolivar, aumenta il prezzo delle merci importate (da cui, secondo questi, siamo molto dipendenti) con conseguente iperinflazione.
Devono essere fatte diverse precisazioni al riguardo, come dimostrano ad esempio gli studi del professor Luciano Vasapollo, ordinario di economia all’Università La Sapienza. Certamente il Venezuela è un paese mono esportatore di petrolio, più del 90% del reddito in valuta estera viene dalla vendita di idrocarburi la cui produzione è nelle mani dello Stato. Ciò ci dice molto del settore privato che storicamente non ha esportato più del 10% del totale.
Tuttavia, il Venezuela non è un paese produttore solo di petrolio. Solo il 15% del prodotto interno lordo totale, deriva dalla produzione di petrolio, il resto è imputabile a settori che nulla hanno a che vedere con la produzione del petrolio.
Il che a sua volta indica che non tutto ciò che viene consumato in Venezuela viene importato. C’è quindi una precisa e ben sviluppata produzione nazionale interna.
Le importazioni in Venezuela rappresentano il 17% del PIL nazionale. Di ciò che è importato, il primo per importanza corrisponde, con il 29%, a macchinari e tecnologie, di cui siamo altamente dipendenti. Al secondo posto le importazioni dell’industria chimica e farmaceutica con il 14%. Al terzo posto , i prodotti per il trasporto con il 12%.
Gli alimenti rappresentano solo il 5%. In Venezuela, l’88% del cibo consumato viene prodotto internamente nel paese , la differenza viene importata e Principalmente si tratta di grano.
Non c’è dubbio che la variazione del prezzo del petrolio ha un impatto diretto sui livelli di produzione interna.
Tuttavia, ciò che non è corretto dal punto di vista soprattutto economico e non solo , è affermare che la perdita di valore del bolivar, soprattutto negli ultimi anni, sia stata causata dal deficit della bilancia commerciale.
Questa perdita si è evidenziata a partire dal 2012, quando anche il prezzo del petrolio ha superato i 100 dollari al barile.
Il tasso di cambio in Venezuela si modifica secondo criteri che non corrispondono alla realtà economica, né al comportamento della bilancia dei pagamenti, né ai livelli delle riserve internazionali, né alle esportazioni di petrolio. Il suo prezzo è stato politicamente attaccato e manipolato attraverso listini della speculazione finanziaria che quotano e stimano il loro presunto valore giornaliero.
Queste variazioni del tasso di cambio, che arrivano a partire dal 2012 a 6.000 milioni di volte in termine percentuali, passando da 8.69 BsF / US $ nel 2012 a 520.000.000 BsF / US $ oggi, sono il risultato di un attacco politico criminale che non riguarda solo il prezzo delle merci importate, ma tutti i prezzi di beni e servizi dell’economia venezuelana.
Tali condizioni di guerra economica , commerciale , finanziaria e monetaria agiscono su una variabile psicologica, e creano le aspettative di coloro che cercano di massimizzare i loro profitti e rendite , e quindi si basano sul tasso di cambio più alto per calcolare i prezzi delle merci .
La manipolazione politica del tasso di cambio, come arma principale della guerra economica, determina l’iperinflazione e quindi il deterioramento del potere d’acquisto, accompagnato da un condizionamento mediatico e psicologico attraverso il quale il governo viene ritenuto responsabile di politiche sbagliate , o del presunto fallimento del modello socialista.
Questa iperinflazione indotta ha tre effetti principali, e cioè polverizza il salario reale e diminuisce i livelli di produzione interna nazionale a causa della perdita di potere di acquisto; tutto ciò implica una contrazione della domanda aggregata e ciò fa si che gli imprenditori riducano il loro
livello di produzione.
Inoltre, in terzo luogo, l’iperinflazione genera una diminuzione della quantità di denaro in termini relativi.
Di fronte all’aumento dei prezzi, è necessario più denaro in termini nominali per le dimensioni quantitative dell’economia . In altre parole, l’indice di monetizzazione diminuisce.
Questa situazione richiede l’aumento della quantità di denaro in circolazione per garantire simili livelli adeguati di consumo nella popolazione. Soprattutto ciò e’ vero ed è necessario nell’ambito di processi rivoluzionari a carattere socialista .
Non è il modello di rendita del petrolio, né il deficit della bilancia dei pagamenti che modifica il tasso di cambio generando iperinflazione. Non c’è modo di spiegare o sostenere per chi ne sa almeno un po’ di economia che il bolivar si sia svalutato di 6000 milioni percentuali perché i prezzi del petrolio sono diminuiti.
La causa determinante dell’iperinflazione in Venezuela è l’attacco politico speculativo al bolivar da parte dell’imperialismo.
Non aiutano certo il processo rivoluzionario bolivariano coloro che per mancanza di conoscenza o infatuati e portatori di modelli teorici e paradigmi dogmatici che comunque si riferiscono alle scuole economiche e alle teorie capitaliste convenzionali , anche qualora fossero mai in qualche modo animati da buone intenzioni, indicano con alcune diverse e accattivanti teorie ortodosse , la causa di ciò che sta accadendo in Venezuela a fattori che non sono determinanti ne’ significativi in questo momento caratterizzato dalle diverse modalità dell’ attacco politico imperialista .
È quindi la guerra economica imperialista , nelle sue diverse configurazioni produttive , commerciali , monetarie , finanziarie, le continue brutali aggressioni tutte a caratterizzazioni politiche nel quadro delle guerre non convenzionali, e non altre supposte teorizzazioni che siano di comodo sulla realtà venezuelana, che determinano la durissima situazione attuale.
Pasqualina Curcio, ordinario di economia all’Universidad Simón Bolívar
Nelle foto: il professor Vasapollo e la professoressa Curcio a Caracas, con Rita Martufi del Cestes, il Centro studi del Sindacato USB. I due economisti condividono la stessa analisi della situazione. Si vedano ad esempio centinaia di articoli sui siti di Últimas noticias, o di 15 Ultimo, Correo dell’Orinoco , 4 F etc ; ed anche davvero una infinita’ di disposizioni , circolari , documenti di commissioni economiche e atti governativi venezuelani , e inoltre pubblicati in Italia per esempio i due recenti libri: Pasqualina Curcio , La mano visibile del mercato , guerra economica in Venezuela, Ediz. Efesto 2019 ; Luciano Vasapollo con Joaquin Arriola , Trattato di critica delle politiche per il governo dell economia , VOL. 2 , Teoria e critica delle politiche economiche e monetarie dello sviluppo , Ediz. Efesto 2019
http://www.farodiroma.it/la-guerra-economica-contro-il-venezuela-liperinflazione-perche-e-come-batterla-lanalisi-di-pasqualina-curcio-coincide-con-gli-studi-di-luciano-vasapollo/
Roma. Forum sul Venezuela e Sit-in a Porta Pia
Appuntamenti: Sabato 13 aprile, dalle ore 10:00 alle 13.30, forum di discussione presso il Centro Convegni Villa Palestro – via Palestro 24, (vicino Stazione Termini/Piazza Indipendenza) Roma
A seguire, Sit-in piazza di Porta Pia dalle 14 alle 15.30
Giù le mani dal Venezuela! Hands off Venezuela!
Forum Venezuela