“Avevano dato per morta l’ondata progressista in America Latina e invece la Spada di Bolivar è più viva che mai.” Con queste parole Luciano Vasapollo, professore all’Università la Sapienza,  commenta la vittoria del peronismo in Argentina che, sommata con il trionfo di Morales e la vittoria delle sinistre nelle elezioni comunali colombiane, conferma un trend ormai consolidatosi con l’esplosione di ribellione dei popoli di Ecuador e Cile contro il neo-liberismo.  “Quello che era esploso in Ecuador e poi in Cile erano solo segnali di un risveglio di massa. Si erano illusi che con Bolsonaro e Macri l’America Latina fosse tornata ad essere il cortile di casa degli Stati Uniti, ma i popoli di quelle terre si stanno riprendendo la loro indipendenza e sovranità”.

 
 
 “La vittoria di Evo Morales in Bolivia è un segnale straordinario. Ha scatenato subito i tentativi di colpo di stato. Non dimentichiamo che l’internazionale nera ha avuto grande ospitalità in Bolivia, dove l’oligarchia è molto potente e c’è una lotta di classe in corso per l’esproprio delle grandi risorse di cui gode quel paese. In Venezuela è il petrolio, in Bolivia è per il litio. Le Guarimbas in Bolivia non sono finite e bisogna rimanere in massima allerta per difendere l’indipendenza e le conquiste sociali di Evo.”, ha commentato Vasapollo.
 
Grande vittoria in Argentina del progressismo peronista. “In passato abbiamo sempre difeso Cristina nonostante le idiozie di certa sinistra italiana. Per il suo appoggio al Venezuela a Cuba alla Bolivia, per le sue ricette politico economiche di nazionalizzazioni contro il Fondo Monetario Internazionale e contro l’imperialismo statunitense, il ritorno del peronismo può dare ulteriore impulso a tutto il continente.
Come membro fondamentale Mercosur, l’Argentina potrà dare un segnale forte di nuova linfa di integrazione regionale che negli ultimi anni era stata abbattuto dai vassalli degli Usa. Non dimentichiamo che Nestor, insieme a Chavez, Lula e Fidel sono stati i primi grandi artefici dell’ondata progressista e socialista che ha tolto dalla povertà milioni e milioni di persone, offrendo al mondo un modello alternativo alle barbarie del neo-liberismo. Per questo l’attacco fatto di colpi di stato e guerre ibride da parte degli Stati Uniti è stato particolarmente feroce in questi anni.”, ha proseguito.

“Dopo il fascista, lobbista delle oligarchie Macri la parola è tornata al popolo argentino. La parola torna a chi aveva già combattuto il FMI e aveva vinto. La battaglia sarà difficilissima, perché lo strozzinaggio del FMI è enorme. E’ stato spezzato via dal paese da Nestor, con Macri era rientrato e ha subito portato il paese in una fase di crisi devastante. Ma ora il popolo è tornato a riprendere in mano le sue sorti. Per il futuro dell’Argentina non ci sono alternative alle nazionalizzazioni, alla redistribuzione, alle politiche sociali. Solo un governo progressista può farlo.”
 
Fondamentali anche le vittorie progressiste in Colombia contro l’uribismo e tutta l’estrema destra che da anni attraverso l’imperialismo nord-americano ha lavorato per abbattere la sovranità del Venezuela e di Cuba. “E’ un segnale enorme nel paese che è il maggior vassallo dell’imperialismo statunitense e ora avamposto della Nato che lavoro per la destituzione anche armata del legittimo governo di Caracas”.
 
Dopo Ecaudor, Cile, paese dell’esperimento dei Chicago boys, Perù, ora Argentina e i primi segni di cedimento in Colombia. La conclusione per Vasapollo è chiara: “Il Gruppo di Lima, quel Cartello di paesi dell'America Latina che, umiliando il diritto internazionale e la sovranità delle proprie nazione, ha lavorato per conto degli Stati Uniti e contro il socialismo sta per essere sepolto e spazzato via dalla storia. In corso in America Latina è una straordinaria lotta di classe che, quella si, deve essere esportata in tutto il mondo. A partire dalla dormiente Europa. A partire dalla morente Italia in cui il capitale trionfa con la battaglia tra poveri costruita ad arte per premiare le finte alternative delle destre.”
 
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-vasapollo_sulla_vittoria_del_peronismo_in_argentina_in_america_latina_i_popoli_si_riprendono_la_loro_sovranit_contro_il_fmi/5496_31393/
 

Intervista al Prof. Vasapollo: "Io sono con i popoli che lottano contro il capitale transnazionale ovunque nel mondo. E quindi sono con il governo del Venezuela, della Bolivia e con i popoli che in Ecuador e in Cile manifestano contro i rappresentanti del Fondo Monetario Internazionale.



L’America Latina è in ebollizione. In rapida successione Ecuador e Cile hanno mostrato al mondo la fragilità dei sistemi neo-liberali, costretti a reprimere le proteste popolari con la militarizzazione, lo stato d’eccezione e il coprifuoco, trasformando quindi i paesi in semi-dittature militari con gli spettri del passato che aleggiano soprattutto nel paese di Pinochet. La vittoria di Morales in Bolivia non riconosciuta dalle destre che hanno messo in scena violenze simili alle famigerate Guarimbas venezuelane, con incendi di materiale elettorale e delle autorità competenti al controllo del voto, d'altro canto, alimentano uno stato di profonda incertezza per il futuro del continente.

Come AntiDiplomatico abbiamo intervistato il prof. Vasapollo, professore alla Sapienza e uno dei massimi conoscitori del mondo dell’America Latina in Italia, per cercare di trarre alcune linee guida.
 

L'INTERVISTA


Professore cosa sta succedendo nel continente?
 
I popoli si stanno ribellando al neo-liberismo. Ecuador, Cile e aspettiamo il voto di domenica prossima in Argentina che potrebbe finalmente mandare a casa il fallimentare Macrì. Sono tre governi che hanno imposto alle loro popolazione le fallimentari politiche economiche del Fondo Monetario Internazionale e questi sono i risultati.
 

Le immagini dei militari in Cile sono davvero raccapriccianti. Scene di uccisioni e rapimenti che gettano il continente indietro alle famigerate dittature militari?
 
Ieri a Plaza Italia, il cameraman di Telesur, una delle pochissime voci oneste in questo mondo di fake news di regime, è stata colpito dagli spari di soldati cileni che reprimevano una manifestazione pacifica di cittadini che protestavano contro lo stato d’eccezione imposto da Pinera. Sì, i video che sto vedendo in questi giorni dal Cile mi hanno gettato indietro con il tempo e ho provato più di un brivido. Ma non dimentichiamo che non è solo Ecuador e Cile. Non dimentichiamo quello che sta accadendo da mesi e totalmente censurato ad Haiti, dove governa un presidente fantoccio degli Stati Uniti senza nessuna legittimità e in Honduras, paese che ha subito il golpe contro il Presidente Zalaya nel 2007 e che da allora ha un Presidente senza nessuna legittimità e con un fratello arrestato per narco-traffico negli Stati Uniti. Un paese fallito in mano ad un regime vassallo del neo-liberismo che reprime il suo popolo ma che non fa notizia per l’ipocrita Unione Europea. Ma è palese come i popoli di questi paesi si stiano risvegliando, così come il popolo della Colombia, il cui governo di estrema destra non solo ha militarizzato il confine con il Venezuela e non ha rispettato la tregua di pace con le Farc, ma si macchia di decine e decine di omicidi di leader sociali nell'assordante silenzio della famigerata comunità internazionale. E la resistenza straordinaria del popolo venezuelano è stato un esempio per tutto il continente.
 

Si può spiegare meglio...
 
Il popolo venezuelano vittima del golpe del 2002 contro Hugo Chavez, delle guarimbas del 2014 e del 2017, del più atroce e criminale blocco economico della storia recente - peggiore a quello di Cuba e che per molti tratti assomiglia agli assedi medioevali - ha mostrato al mondo che il regime neo-liberista non è invincibile. Si può sconfiggere. Per valori alti come la difesa della propria indipendenza, della propria sovranità e della propria autodeterminazione si possono affrontare grandi sacrifici a livello di tutto il popolo. E questo sta dando grande impulso al risveglio di tutto il continente.
I governi delle destre neo-liberiste che si erano raggruppati nel famigerato Gruppo di Lima per attaccare la sovranità del Venezuela stanno implodendo uno alla volta: è iniziato proprio il Perù con la crisi istituzionale senza precedenti tra Presidente e Parlamento, poi Ecuador e Cile. Aspettiamo le elezioni in Argentina e poi potrebbe ripartire un nuovo corso di socialismo progressista in America Latina. Siamo arrivati al punto di non ritorno: quando Duque, presidente della Colombia, è arrivato a presentare prove palesemente e ridicolmente false per cercare un pretesto per una guerra contro il Venezuela, in molti popoli è scattata una scintilla. Il risveglio dei popoli dell’America Latina getterà questi vassalli dell’imperialismo nella spazzatura della storia.

 

In Bolivia le destre non accettano la rielezione di Evo Morales. Nella notte si sono registrate altri incendi contro il Tribunale supremo elettorale a La Paz. C'è il rischio di una destabilizzazione del paese?

Il rischio c'è. E lo scenario possibile è quello che conosciamo bene in Venezuela. Non si riconoscono le elezioni, quando a vincere non è un mandante delle politiche neo-liberiste e si finanziano e armano gruppi per destabilizzare il paese. Temo lo scoppio di Guarimbas in Bolivia. Evo Morales ha dimostrato che il socialismo è più efficace delle politiche neo-liberiste e ha vinto le sue quarte elezioni democratiche con uno scarto di 10,1 sul secondo candidato Carlos Mesa.

 

In America Latina è in corso uno scontro di classe tra capitale e lavoro che impone a tutti di fare delle scelte chiare. Io in Bolivia sto con le nazionalizzazioni, con il socialismo e con il popolo che ha confermato Evo Morales alla guida del paese. 


L’ha sorpreso vedere quel Parlamento europeo che tante volte ha attaccato la sovranità del Venezuela votare addirittura contro l’apertura di un dibattito sui fatti in Cile?
 
Non mi ha sorpreso. Considero l’imperialismo dell’Unione Europea pericoloso tanto quello degli Stati Uniti.  
 


Cosa risponde però a coloro che accusano di ipocrisia chi vede in modo diverse le manifestazioni in Bolivia e Venezuela, da un lato, e quelle in Ecuador e Cile…
 
Questa è una domanda molto importante, che merita una premessa chiara. Stiamo vivendo una fase di recrudescenza della lotta di classe internazionale. Da marxista la mia analisi parte sempre da qui: conflitto tra lavoro e capitale. E il capitale è transnazionale, rappresentato sempre più dal Fondo Monetario Internazionale, Unione Europea e tutte quelle sovrastrutture sovranazionali create proprio perché il capitale internazionale possa sopraffare il lavoro, che è nazionale e quindi a discapito della sovranità dei singoli paesi. Ebbene, in questa recrudescenza di lotta di classe internazionale, ci sono paesi in cui il capitale scende in piazza finanziando colpi di stato contro stati indipendenti, come le Guarimbas in Venezuela (e in Bolivia ieri notte), e ci sono paesi in cui il capitale reprime le popolazioni che lottano contro le politiche neo-liberiste imposte dal Fondo Monetario Internazionale.
Io sono con i popoli che lottano contro il capitale transnazionale ovunque nel mondo. E quindi sono con il governo del Venezuela, della Bolivia e con i popoli che in Ecuador e in Cile manifestano contro i rappresentanti del Fondo Monetario Internazionale.

 

In quest’ottica si potrebbe creare una nuova fase di internazionalismo dei popoli in lotta?
 
Si, lo credo fermamente. L’obiettivo internazionalista proletario oggi è proprio quello di mettere insieme tutti i popoli che lottano per la sovranità e autodeterminazione, come in Ecuador e Cile, da un lato, con chi resiste per non vedersela portare via, come in Venezuela e Bolivia. Il nuovo internazionalismo deve sviluppare sempre più una coscienza di classe nuova, che abbia come punti di riferimento la denuncia della guerra imperialista – che è guerra economica, psicologica e mediatica più che militare oggi – l’organizzazione del potere popolare che spazzi via ogni legame con quella finta sinistra venduta al neo-liberismo.
 

Ma in Europa tutto tace?
 
In tanti paesi del mondo è in corso una lotta di classe – aspettiamo di vedere anche quello che accadrà in Libano - che richiede una solidarietà di classe. In Europa, purtroppo, il dibattito è deviato su alcuni dogmi considerati irreversibili e che da anni alimentano una guerra tra poveri da cui non si vede uscita. Non c’è nulla di irreversibile quando si parla di un sistema stato costruito per fare gli interessi di pochi contro il popolo. È giunto il momento di rompere il circolo vizioso, dopo anni di propaganda mediatica che ha fatto credere alle popolazioni europee che non ci sia alternativa alle barbarie del neo-liberismo. L’alternativa esiste e non è la guerra tra poveri che il capitale ha scelto per il futuro dell’Europa. Solo fuori dalla gabbia dell’euro e dell’Unione Europea è possibile un futuro in cui le classi subalterne di questo continente possono riscattarsi realmente.
 
 
Quali conseguenze potrà avere a livello geopolitico l’ebollizione attuale in America Latina?
 
Non dimentichiamo quello che sta accadendo in Siria e il ritiro progressivo degli Stati Uniti dopo anni di sconfitte dell’imperialismo nord-americano in quella regione. Attraversiamo davvero una fase decisiva per il futuro della geopolitica dei prossimi anni. La vera sfida non è militare ma, come scrivo da alcuni anni, monetaria. Trump non è lo stupido che vogliono far passare, è l’espressione del comparto monetario-finanziario e dell’industria petrolifera nord-americana. In quest’ottica, la guerra dei dazi è in realtà una guerra monetaria con l’obiettivo preciso di conservare al dollaro il suo ruolo di moneta internazionale sempre più a rischio. E’ sempre più chiaro come il controllo di una moneta indipendente – ad esempio una cripto-valuta – sarà pienamente decisiva per l’affermazione della sovranità e per l'indipendenza dei popoli.  Nella guerra monetaria che si alimenterà sempre più nei prossimi mesi, Russia, Cina, Iran, Venezuela, Siria, Turchia e tutti i paesi che stanno cercando di costruire alternative al dollaro faranno sempre più cartello insieme. Del resto, le sanzioni occidentali non faranno altro che cementare e rafforzare quest’alleanza geopolitica.
 

Notizia del: 23/10/2019

 https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-in_america_latina__in_corso_una_storica_lotta_di_classe_tra_capitale_e_lavoro/5496_31289/

Bruno Rodríguez Parrilla, Ministro delle Relazioni Estere della Repubblica di Cuba ha denunciato in una Conferenza Stampa che «il Dipartimento di Stato si affanna in decine di capitali di tutto il mondo a mobilitare sforzi per aggredire economicamente Cuba».

In una conferenza stampa nella sede della cancelleria cubana il Ministro delle Relazioni Estere, Bruno Rodríguez Parrilla, ha assicurato che stamattina è circolata la notizia da parte del Dipartimento di Stato, dell’attualizzazione della detta lista delle imprese cubane sanzionate che sono ora circa 200 con l’aggiunta di altre 5 nuove.

Poi ha ricordato che l’assessore alla sicurezza nazionale degli USA, John Bolton, ha detto lo scorso 17 aprile che «insieme possiamo terminare quello che è cominciato in queste spiagge – Playa Girón – e che la Dottrina Monroe è viva e sta bene.

Il cancelliere cubano ha precisato che Bolton ha scelto Miami come luogo per gli annunci e un pubblico selezionato di rimanenti della vecchia dispersa e sconfitta Brigata 2506 «Solo questo pubblico poteva applaudire le sue parole», ha segnalato.

Photo: Cubaminrex

Durante il suo intervento, il capo della diplomazia cubana ha informato che un documento reso pubblico di recente esprime come argomento per le misure addizionali contro Cuba la presenza di militari dei servizi d’intelligenza nello Stato venezuelano.

«È una volgare calunnia che smentisco di nuovo», ha reiterato.

Il ministro ha ratificato che Cuba non ha truppe nè forze militari nella Repubblica bolivariana del Venezuela e che Bolton è un bugiardo patologico, che aveva già accusato lo stesso cancelliere cubano che c’erano 20.000 cecchini in territorio venezuelano.

Questo memorandum del Dipartimento di Stato assicura uno spiegamento delle forze militari cubane verso la frontiera del Venezuela con la Colombia, per realizzare azioni provocatrici e per questo il Cancelliere ha esortato gli USA a presentare prove su questo, anche se la calunnia che indigna maggiormente è quella che i medici cubani vanno di porta in porta ripartendo medicinali e avvertendo i residenti venezuelani che se non votano per il governo saranno privati dei servizi medici.

Photo: Cubaminrex

«Bolton mente sul ruolo dei medici cubani in Venezuela, quando dice che scambiano medicinali per voti a favore di

Nicolás Maduro».

«Volgi ringraziare molti governi del mondo che si sono pronunciati contro le misure annunciate dal Governo degli USA e specialmente quelle voci che si sono alzate da questo paese in solidarietà con Cuba ».

«Le nuove misure non solo danneggiano gli interessi del popolo cubano, ma sono lesive per la libertà e il diritto dei cittadini degli USA d’inviare rimesse ai loro familiari e amici in Cuba».

Photo: Cubaminrex

«Cuba condanna le misure annunciate il 17 aprile e reitera che il governo degli Stati Uniti, per mancanza di argomenti o di ragioni, utilizza menzogne per cercare di presentare questa azioni, e ora nella maniera più vergognosa».

«Le msure annunciate castigano le famiglie cubane, tutte senza eccezioni e castigano le famiglie dei residenti in questo paese (...) le famiglie cubane non dovrebbero essere ostaggi della politica interna degli USA.».

«Noi cubani confidiamo nella forza della verità, del diritto e della giustizia».

«Cuba reitera la sua volontà di basare le sue relazioni in accordo con i principi del Diritto Internazionale, del rispetto mutuo e del beneficio reciproco».

Photo: Cubaminrex

Il Cancelliere cubano ha richiamato la comunità internazionale a fermare l’insensatezza e l’irresponsabilità di queste misure e ad agire prima che sia troppo tardi.

«Il governo degli USA ignora l’opinione dei suoi cittadini di diversi settori, interessati alla continuità delle buone relazioni tra le due nazioni.

«Gli Stati Uniti accusano Cuba di violare i diritti umani, di attaccare i loro diplomatici, di costituire una minaccia per il loro paese e di rispondere a interessi di altri governi».

«Cuba condivide l’appoggio di maggioranza della comunità internazionale attraverso la sua collaborazione medica e la sua ampia presenza diplomatica nel mondo, ed è ospite di un significativo numero d’ambasciate».

(Redazione Digitale/ GM – Granma Int.)

All’inizio dell’anno pensavamo di dover fare presto i conti con una nuova operazione di “regime change” contro il Venezuela, impostata negli Stati Uniti ed eseguita disciplinatamente da tutti gli apparati politici, diplomatici e mediatici anche in Europa e in America Latina.

L’autoproclamazione di un presidente (Guaidò) antagonista a quello eletto dal popolo venezuelano (Maduro) voleva sancire il progetto statunitense di riportare sotto il proprio dominio quello che ritengono, molto ma molto arbitrariamente, il loro “cortile di casa”.

Il vento degli ultimi due anni sembrava spirare a favore dei progetti di Washington. L’Argentina era già tornata in mano alla destra liberista, ma soprattutto nel gigante del latinoamerica – il Brasile – la destra era riuscita prima a deporre la presidente Dilma Roussef, poi ad impedire che Lula potesse ricandidarsi alla carica, infine ad eleggere come presidente un ex militare ultrareazionario che non avrebbe affatto sfigurato nel recente congresso di Verona. 

Prima ancora il governo dell’Honduras (di destra ma inviso agli Usa) era già stato rovesciato. I paesi della Costa del Pacifico dell’America Latina (Cile, Perù, Colombia) erano rimasti sempre allineati ai dettami di Washington anche nel ventennio progressista che ha investito il continente. La rivoluzione ciudadana in Ecuador era stata normalizzata con un repentino voltafaccia della nuova presidenza. E anche il Nicaragua sandinista aveva conosciuto un tentativo di revanche reazionaria, anch’essa fallita, finanziata e appoggiata dagli Usa.

La situazione, vista dalla Casa Bianca, era dunque eccellente.

Eppure in Venezuela non è andata secondo i piani di Washington, né secondo il copione ampiamente sperimentato in passato in altri paesi come Jugoslavia, Libia, Siria, Ucraina etc.

Diventa dunque interessante, e importante ai fini della ridefinizione in corso nei rapporti di forza a livello internazionale, provare a capire perché il Venezuela resiste ai tentativi di rovesciamento politico del suo governo.

In primo luogo va sottolineato come sia la costruzione del governo bolivariano che la sua difesa, sono sempre passati attraverso il processo democratico e costituzionale. Inclusa la rimozione dell’uomo di paglia di Washington, Guaidò.

L’elezione di Maduro e la nascita dell’Assemblea Costituente sono passati attraverso la verifica elettorale e popolare, la cui regolarità è stata certificata da osservatori internazionali non certo “amici” della Rivoluzione Bolivariana (tra di essi anche l’ex presidente Usa Jimmy Carter o l’ex premier spagnolo Zapatero).

In particolare, nelle votazioni per l’Assemblea Costituente, che ha fatto decadere la precedente Assemblea Nazionale, il fronte chavista si è misurato con tutte le forze di opposizione, mentre solo una piccola parte della destra – quella apertamente golpista – si è rifiutata di partecipare al voto.

E’ evidente come in Venezuela ci sia scontro politico e scontro di classe, tra settori sociali con interessi antagonisti tra loro attraverso le proprie rappresentanze politiche. La borghesia venezuelana, diversamente da quella cubana, non è scappata a Miami, ma in gran parte è rimasta nel paese, covando da anni rabbia e sentimenti di rivincita contro un modello politico e sociale che ha dato soluzioni e dignità ai settori più poveri della popolazione (che erano la maggioranza, in uno dei paesi socialmente più disuguali dell’America Latina). 

Per milioni di poveri, l’esperienza bolivariana ha significato materialmente l’uscita dalla povertà, abitazioni invece che baracche nelle favelas, sanità e cure invece che malattie e mortalità precoce, istruzione invece che analfabetismo.

Ma rovesciare completamente le regole del gioco e le priorità sociali, non è mai un processo pacifico né gratuito, soprattutto sul piano economico. Si procede spesso a tentoni e per tentativi, il nemico di classe ti sabota e ti boicotta, intralcia con ogni mezzo le soluzioni utili per un processo di cambiamento, il “fronte esterno” imperialista ti chiude molte vie decretando sanzioni e blocco economico.

Nasce anche da questo la penuria dei beni, la speculazione sulla moneta, l’assedio economico, il furto “legalizzato” delle risorse (vedi l’oro dello Stato venezuelano, rapinato dalle banche inglesi in cui era depositato), il ripetuto sabotaggio della rete elettrica e quant’altro.

Questi interessi sociali antagonisti non possono che confliggere tra loro, in Venezuela come in ogni società e in ogni paese. Se c’è un pezzo di società che si emancipa, un altro pezzo non può che perdere parte dei suoi privilegi.

Ma il terreno della violenza è stato scelto deliberatamente dalla destra e dalle forze dell’opposizione contro Chavez prima e Maduro poi. Le forze armate continuano a rispettare il dettato costituzionale ed a tenere un profilo basso nel controllo delle piazze. L’autodifesa popolare e la mobilitazione di massa del fronte chavista hanno hanno fatto vedere a tutto il mondo che il governo bolivariano è tutt’altro che privo di consenso in larga parte della società venezuelana.

Il tentativo di rovesciare la realtà delle cose è stato potente e prepotente, ma ha avuto successo soprattutto nel sistema mediatico occidentlale, ancora determinato in larga parte da agenzie che agiscono in modo sincronizzato, dal centro fino all’ultimo telegiornale delle tv locali. La manipolazione e disinformazione mediatica è parte strategica di quelle che Alvaro Verzi Rangel definisce “Guerre di Quinta Generazione”.

Ma se la realtà sul campo è di un certo tipo, le manipolazioni possono non bastare più a vincere le operazioni di regime change. Resta così la strada dell’intervento militare diretto da parte degli Usa, come avvenuto spesso in America Latina e in altri paesi.

Ma se l’aggressione militare diretta – o quella tramite le agenzie di contractors che ormai vanno sostituendo gli eserciti regolari su molti fronti – ha funzionato in passato, oggi il suo esito non è affatto scontato, anzi.

L’amministrazione Usa sbandiera sempre il fatto che il golpista Guaidò è stato riconosciuto da 53 Stati, ma dimentica che gli Stati membri dell’Onu – e dunque dell’intero mondo – sono ben 193. E se gli Usa affermano che con loro sono schierati la gran parte degli Stati europei o Stati importanti dell’America Latina, il governo venezuelano di Maduro viene riconosciuto da Stati altrettanto e tendenzialmente più importanti: per popolazione, peso economico e politico. Infine i tre quarti degli Stati del mondo non hanno obbedito a Washington e non hanno riconosciuto Guaidò.

Sono tutti dati che debbono guidare l’azione di solidarietà popolare e internazionale con il Venezuela, avendo ben chiaro che si sono forze che condividono politicamente il processo bolivariano, altre che non lo condividono ma che gli sono solidali e altre ancora che lo rispettano senza condividerlo, né solidarizzano con esso. Ma sono tutte forze reali che hanno contribuito ad impedire il rovesciamento di un governo legittimo. Per lavorare unitariamente con questo atteggiamento, il prossimo 13 aprile a Roma si riunisce per la prima volta il Forum Venezuela.

Ci troviamo dunque di fronte ad una esperienza politica e statuale, quella del Venezuela bolivariano, che sta resistendo efficacemente ad uno scenario di destabilizzazione fino ad oggi senza ostacoli.

E’ un segno dei cambiamenti in corso nel mondo, cambiamenti significativi che indicano le evidenti difficoltà del primus inter pares – gli Stati Uniti – di tutti gli assetti strategici della fase storica precedente. Un indebolimento che lo rende meno capace di dettare i destini di tutto il mondo ma non per questo meno pericoloso. Il Venezuela resiste e dobbiamo essergliene grati.

Dimostriamolo il prossimo 13 aprile.

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