UN PUNTO DI SVOLTA STRATEGICO PER LA RIVOLUZIONE CHAVISTA: DAL GOVERNO PER LA TRANSIZIONE ALLA PRESA DEL POTERE PER IL SOCIALISMO

Intervista di Radio Città Aperta a Luciano Vasapollo sulle elezioni in Venezuela

7 dicembre 2015.

Sbobinamento di Viviana Vasapollo  dell’intervista a Radio Città Aperta di Luciano Vasapollo; riveduta e corretta per questa versione scritta

 

S: Caro Luciano, cosa ne pensi della situazione politica mondiale di questi ultimi anni?

L.V.: Grazie Sandrino a te  e a Radio Città Aperta per la sempre convinta disponibilità a parlare di temi che la stragrande maggioranza dell’informazione nega e distorce.

La situazione politica attuale a livello mondiale è quella di una guerra permanente. Il tentativo di uscire dalla crisi economica che pervade un gran numero di paesi capitalisti, si sta risolvendo in una “corsa agli armamenti” che di fatto continua a destabilizzare i paesi.

La guerra, oltre che militare, può essere però sociale ed economica: la prima è caratterizzata dalla repressione, dagli arresti, dalla presenza dell’esercito nelle strade con il pretesto di difendere le città dal “terrorismo” – altro argomento sul quale ragionare: terrorismo da parte di chi? chi sono i veri terroristi se il terrorismo è di Stato, come appunto quello dell’ISIS voluto dalle petromonarchie e ben sostenuto da molti paesi occidentali?- ; la seconda, la guerra economica, è quella per esempio scatenata contro il Venezuela e contro la Russia.

Infatti, chi sono i più grandi esportatori di petrolio? Uno è senza dubbio il Venezuela, al quinto posto fra i paesi esportatori, e il primo al mondo fra i paesi che detengono riserve petrolifere; un altro è la Russia, fra i più grandi competitori nello scacchiere internazionale degli USA e dell’Europa.

 

S: A proposito del Venezuela, come mai alle ultime elezioni ha vinto la destra?

L.V.: Torniamo al 14 aprile 2013, giorno successivo alla vittoria di Maduro alle elezioni in Venezuela: bande di fascisti e mercenari al soldo delle multinazionali del petrolio scendono in piazza e, mentre la gente festeggiava la vittoria del Presidente, attaccano con le armi i policlinici cubani al grido di “no alla cubanizzazione”, attaccano i cortei dei lavoratori, del popolo rivoluzionario e in pochi giorni causano decine di morti e feriti.

Ciò rappresenta l’inizio di una serie di tentativi – durati almeno per tutto il primo anno di mandato del presidente Maduro- di provocare un colpo di Stato. Ma quando si è capito che la via armata, diretta dagli USA, dalle oligarchie, dall’imperialismo e dai fascisti, non avrebbe ottenuto successo in quanto si è espresso un consenso popolare nei confronti del governo bolivariano molto alto, l’imperialismo ha tentato un’altra strada, quella della guerra economica.

“Guerra economica” significa togliere dal mercato la maggior parte dei beni di prima necessità, approfittando del fatto che la quasi totalità della grande distribuzione e dell’informazione, delle televisioni e dei giornali è in mano all’ologarchia. Ad esempio: il riso, le uova,  il formaggio, i beni di prima necessità, vengono contrabbandati – attraverso l’appoggio dei narcotrafficanti che negli ultimi anni non commerciano più cocaina dalla Colombia ma fanno incetta illegale di merci dal Venezuela, perché al momento più convenienti- e che fanno rientrare in Venezuela come importazioni e rientrano a un costo molto più alto del prezzo di partenza, e in dollari. Come se la situazione non fosse già abbastanza grave di per sé, c’è da aggiungere che il cambio  nero illegale dollaro-bolivar negli ultimi mesi è aumentato a livello esponenziale, fino a raggiungere 1:750 nel settembre scorso. Si è trattato ovviamente di un effetto speculativo a spese del popolo di lavoratori. La guerra economica ha quindi una ricaduta psicologica incredibile sulla popolazione, che si trova in difficoltà anche nel semplice acquisto di beni di prima necessità.

S: Tenendo in considerazione tutto ciò, dove ha sbagliato il governo di Maduro nel far fronte a questa situazione e quali ripercussioni sul paese reale?

L.V.: Ci sono stati vari problemi, in primis la debole diversificazione produttiva. Il Venezuela infatti è ancora oggi un paese fortemente dipendente dalla produzione del petrolio, e negli ultimi anni poco attento alle capacità effettive di penetrazione destabilizzante da parte degli imperialismi e dell’oligarchia anche attraverso la speculazione sul petrolio stesso da parte dei mercati internazionali. L’errore del governo rivoluzionario del Venezuela è stato, quindi, quello di non diversificare l’economia produttiva, di non spostare la propria attenzione anche su altri prodotti ma continuare a dipendere esclusivamente dal petrolio ( il 90% delle entrate dall’estero è per la vendita di petrolio).

Un altro problema risiede nel fatto che una transizione socialista, per quanto possa essere lunga, non può non avere da subito un settore bancario e finanziario nazionalizzato: se ci fosse stato  un controllo del sistema finanziario questa speculazione di cambio in moneta probabilmente sarebbe stata più facilmente controllabile.

Un ulteriore errore è stato la mancanza – accanto ad una pianificazione centralizzata - di una qualche forma di sostenimento delle economie locali che valorizzasse le peculiarità e le capacità produttive di ogni singola zona del Paese attraverso realizzazioni di forme di pianificazione decentralizzata.

 

S: E adesso, quali saranno le ripercussioni sulle alleanze internazionali?
Si può quindi ormai parlare di un fallimento dell’ALBA?

 

L.V.: Sicuramente gli Stati Uniti avranno il via libera per rimettere pesantemente le mani sull’intera area del Centro-Sud America, servendosi dell’alleanza di Cile, Colombia e Perù. Inoltre, è recentissima la notizia della vittoria della destra anche in Argentina, nuovo paese alleato dell’imperialismo statunitense e nemico del Venezuela.

L’ALBA non ha fallito! Non dimentichiamo che in Venezuela il governo è ancora quello bolivariano chavista di Maduro; e che tutti gli altri governi dell’ALBA sono ancora decisamente e con stabilità in piedi! Certo però è che questo indebolimento del Venezuela rivoluzionario non è da sottovalutare. A livello internazionale, così,  la competizione globale vede un rafforzamento degli USA, a favore del quale ha remato anche lo scompenso emotivo di una parte del popolo venezuelano nell’assistere alla vittoria della destra in Argentina.

C’è da dire però che, almeno nella mia personale visione della politica di classe, in Venezuela non ha vinto la destra, ma ha perso la sinistra rivoluzionaria, ha perso purtroppo il Polo Patriottico il PSUV!

E questo perché è accaduto? Perché ci sono stati anche degli errori politici!

Il PSUV, fondato da Chávez solo pochi anni fa, con un numero elevatissimo di iscritti non ha mai avuto una funzione realmente di espressione piena del potere politico, ma è stata semplicemente l’espressione di governo.

Il potere si esprime con il controllo dei settori strategici; ad esempio  la stampa e la grande distribuzione sono sempre state in mano all’opposizione, e all’interno del PSUV stesso, insieme a molti chávisti e rivoluzionari, ci sono anche molti burocrati e corrotti.

La colpa della sconfitta non è quindi di Maduro, è della guerra economica, della violenta controrivoluzione ma non dimentichiamo gli errori, le contraddizioni, i limiti anche di una classe dirigente all’interno del Paese che deve necessariamente ritornare in mezzo al popolo, per il popolo e con il popolo dei lavoratori e dei deboli. Bisogna quindi depurare i quadri corrotti del partito e realizzare fino in fondo strutture e finalità del partito rivoluzionario socialista!

 

S.: É possibile che parte del problema di controllo e governo risieda anche nella criminalità organizzata?

L.V.: Sì, perché la corruzione purtroppo presente anche  nel PSUV porta ad un distacco forte di una parte della classe dirigente, dai quartieri, da molte realtà sociali all’interno delle quali, come succede ovunque, può celarsi la malavita e la criminalità organizzata, che comunque rispetto a 15 anni fa è molto diminuita. Le masse proletarie non possono essere tenute in disparte dai reali processi di formazione e governodel Paese. Bisogna parlare con la gente, coinvolgerla, renderla attivamente partecipe del processo rivoluzionario.

Se non si ha un partito rivoluzionario forte, organizzato completamente nel preparare la classe sul terreno diretto della costruzione del Socialismo, esso può governare, ma non può avere il potere.

 

S.: Quali sono quindi le prospettive per il futuro?

L.V.: Il futuro vedrà il suo inizio il 5 gennaio, con la nascita del nuovo Parlamento. Teniamo presente che questa è stata una vittoria non dell’opposizione, ma della controrivoluzione, quindi dei fascisti, delle multinazionali, dei paramilitari ecc. Il nuovo Parlamento sarà quindi esclusivamente operante continuamente per boicottare qualsiasi iniziativa sociale del governo.

I capi della controrivoluzione hanno già elencato alcuni dei prossimi provvedimenti: togliere anche le leggi organiche del lavoro; privatizzare; eliminare le socializzazioni; ridare forza alle multinazionali; scarcerare Lopez - responsabile di 43 omicidi – che sta quindi a significare mettere in discussione il potere della magistratura; diminuire le visite alla tomba di Chávez.

Quali sono quindi le prospettive? O la via dell’accettazione delle regole della democrazia occidentale borghese, quindi quella della mediazione seguita da Tsipras in Grecia per esempio, che però porterebbe a risultati del tutto negativi in Venezuela così come è stato per la Grecia; o continuare a portare avanti le idee, le realizzazioni sociali, di governo e di potere della rivoluzione. Stare in mezzo al popolo del lavoro e dei deboli, sensibilizzare, formare coscienza di classe, non rompere le alleanze internazionali, rafforzare il ruolo nell’ALBA, mantenere le alleanze commerciali con i BRICS, puntare al protagonismo del potere popolare.

D’altra parte nessuno ha mai pensato che la rivoluzione sia un pranzo di gala, o che nella transizione al socialismo sia superata la lotta di classe.

Quindi la rivoluzione chavista è a un bivio : o rafforzare la via rivoluzionaria al socialismo o affogare le speranze di un popolo, della stessa umanità, degli sfruttati, nelle regole  della democrazia borghese. Cioè soccombere .

E allora ora più che mai:

Chavez vive, la lucha de clase sigue!

Socialismo o barbarie!!! La victoria es inevitable!

S.: Grazie Luciano ne abbiamo certamente capito di più; a presto!

Un commento sul dopo elezioni in Venezuela del ministro della cultura del governo chavista e in fondo i risultati elettorali definitivi.

"L'identità politica del chavismo è intatta. Chiunque sia stato recentemente nei bassifondi lo sa. Con la guerra economica Trionfante, il chavismo ne ha verificato la sua forza. Ma resta irriducibile. Si può ancora parlare con la proprietà assoluta di una rivoluzione bolivariana, perché c'è un soggetto di quella rivoluzione. Dicono che queste siano domande di base, ma sono proprio quelle che devono essere prese in considerazione quando si fanno i bilanci.

Non ha vinto l'opposizione, ma la controrivoluzione. La caratterizzazione fatta da Maduro, è la chiave. La contro-rivoluzione è riuscita a imporre circostanziatamente, le regole del gioco. Ha l'iniziativa. Per raggiungere questo obiettivo, non solo è riuscita a guadagnarsi gli storici avversari di Chavez (incluso, per inciso, anche il legittimo desiderio di "cambiare" di una parte della sua base sociale, che non si identifica con le tendenze più fasciste), ma per la prima volta, ha mobilitato con successo una percentuale della base sociale del chavismo. Questa è forse il dato più enigmatico del momento politico attuale.

Quali sono le condizioni che hanno portato a questo fenomeno di disaffezione politica? Fino a che punto può essere attribuito alla guerra economica? Senza sottovalutare a tutti gli effetti di quest'ultima, la mia ipotesi è che questo fenomeno può anche essere inteso come una reazione di estrema disperazione, rispetto a quanto ritenuto corrispondente tra la pratica della direzione chavista (in funzioni di governo o responsabilità nel partito) e la cultura politica chavista.

Che si tratti di funzionari del governo o partito ciò deve portare ad una revisione approfondita nostre pratiche militanti. Verificare, ad esempio, quanto siamo riusciti ad assimilare la politica rivoluzionaria dovrebbe essere una politica comune. Non è un problema secondario: capire la politica chavista è per definizione una politica di pari peso per risolvere un problema concettuale fondamentale. Forse questa è la grande rivoluzione teorica del chavismo, il suo contributo alla nascita di una cultura politica di emancipazione adattata ai rigori, alle circostanze e alle sfide del XXI secolo. E tuttavia, non le prestiamo l'attenzione che merita.

Le persone sanno. Esse sanno bene che Chavez ha fatto epica. I poveri, gli invisibili diventando chavisti hanno fatto epica. Dopo Chavez è impossibile accontentarsi di poco o rassegnarsi ad una imitazione.

Rivedere le nostre pratiche militanti non significa rinuncia all'introspezione. Ma facciamo tutto quanto in nostro potere per non dedicarci solo ad elencare i difetti delle forze anti-chaviste, una classe politica, anche impresentabile, che si erige a vincitrice . Soprattutto perché non siamo abituati alla sconfitta elettorale. Siamo buoni perdenti, non importa se alcuni di loro si comportano come i peggiori vincitori. Noi non dobbiamo cadere nelle provocazioni: non è chiaro che lo scopo di queste è proprio quello di provocare i nostri errori politici?

Inoltre, rivedere le nostre pratiche militanti suppone un vantaggio strategico che è un compito che appartiene a tutto il chiavismo, anche se l'accento è posto sulla leadership. Fondamentalmente, è il caso di evitare, in ogni momento, di utilizzare il vecchio espediente della colpevolezza delle masse ingrate. Una leadership politica rivoluzionaria si assume la responsabilità, non distribuisce colpe. Rivedere le nostre pratiche è qualcosa che dobbiamo fare tutti, e non solo Maduro o questo o quel burocrate. In che misura abbiamo assimilato le lezioni storiche di profonda trasformazione culturale che ha significato l'insurrezione chavista? Come si esprime nel modo di fare politica? Abbiamo davvero capito che la rivoluzione è un lavoro collettivo, e non solo una delle tante questioni in sospeso tra il governo, il partito o il presidente?

L'identità del chavismo è intatta. Essa può essere trovata nei bassifondi, ma si è anche espressa elettoralmente con energia in questo straordinario 6 dicembre. Pur avendo molti contro, o proprio per questo, il chavismo ha combattuto ancora una volta, anche se lo sforzo che ha messo non è stato sufficiente. Però, che il mondo lo sappia bene, il chavismo è un soggetto combattente e continuerà a combattere, e incontrerà di nuovo la vittoria. Non c'è una chiavismo sconfitto, come è vero che si definisce chavismo".

* Ministro della Cultura del Venezuela

qui di seguito i dati definitivi delle elezioni parlamentari in Venezuela:

 

Diputados 2015 1

 

Un commento sul dopo elezioni in Venezuela del ministro della cultura del governo chavista e in fondo i risultati elettorali definitivi.

"L'identità politica del chavismo è intatta. Chiunque sia stato recentemente nei bassifondi lo sa. Con la guerra economica Trionfante, il chavismo ne ha verificato la sua forza. Ma resta irriducibile. Si può ancora parlare con la proprietà assoluta di una rivoluzione bolivariana, perché c'è un soggetto di quella rivoluzione. Dicono che queste siano domande di base, ma sono proprio quelle che devono essere prese in considerazione quando si fanno i bilanci.

Non ha vinto l'opposizione, ma la controrivoluzione. La caratterizzazione fatta da Maduro, è la chiave. La contro-rivoluzione è riuscita a imporre circostanziatamente, le regole del gioco. Ha l'iniziativa. Per raggiungere questo obiettivo, non solo è riuscita a guadagnarsi gli storici avversari di Chavez (incluso, per inciso, anche il legittimo desiderio di "cambiare" di una parte della sua base sociale, che non si identifica con le tendenze più fasciste), ma per la prima volta, ha mobilitato con successo una percentuale della base sociale del chavismo. Questa è forse il dato più enigmatico del momento politico attuale.

Quali sono le condizioni che hanno portato a questo fenomeno di disaffezione politica? Fino a che punto può essere attribuito alla guerra economica? Senza sottovalutare a tutti gli effetti di quest'ultima, la mia ipotesi è che questo fenomeno può anche essere inteso come una reazione di estrema disperazione, rispetto a quanto ritenuto corrispondente tra la pratica della direzione chavista (in funzioni di governo o responsabilità nel partito) e la cultura politica chavista.

Che si tratti di funzionari del governo o partito ciò deve portare ad una revisione approfondita nostre pratiche militanti. Verificare, ad esempio, quanto siamo riusciti ad assimilare la politica rivoluzionaria dovrebbe essere una politica comune. Non è un problema secondario: capire la politica chavista è per definizione una politica di pari peso per risolvere un problema concettuale fondamentale. Forse questa è la grande rivoluzione teorica del chavismo, il suo contributo alla nascita di una cultura politica di emancipazione adattata ai rigori, alle circostanze e alle sfide del XXI secolo. E tuttavia, non le prestiamo l'attenzione che merita.

Le persone sanno. Esse sanno bene che Chavez ha fatto epica. I poveri, gli invisibili diventando chavisti hanno fatto epica. Dopo Chavez è impossibile accontentarsi di poco o rassegnarsi ad una imitazione.

Rivedere le nostre pratiche militanti non significa rinuncia all'introspezione. Ma facciamo tutto quanto in nostro potere per non dedicarci solo ad elencare i difetti delle forze anti-chaviste, una classe politica, anche impresentabile, che si erige a vincitrice . Soprattutto perché non siamo abituati alla sconfitta elettorale. Siamo buoni perdenti, non importa se alcuni di loro si comportano come i peggiori vincitori. Noi non dobbiamo cadere nelle provocazioni: non è chiaro che lo scopo di queste è proprio quello di provocare i nostri errori politici?

Inoltre, rivedere le nostre pratiche militanti suppone un vantaggio strategico che è un compito che appartiene a tutto il chiavismo, anche se l'accento è posto sulla leadership. Fondamentalmente, è il caso di evitare, in ogni momento, di utilizzare il vecchio espediente della colpevolezza delle masse ingrate. Una leadership politica rivoluzionaria si assume la responsabilità, non distribuisce colpe. Rivedere le nostre pratiche è qualcosa che dobbiamo fare tutti, e non solo Maduro o questo o quel burocrate. In che misura abbiamo assimilato le lezioni storiche di profonda trasformazione culturale che ha significato l'insurrezione chavista? Come si esprime nel modo di fare politica? Abbiamo davvero capito che la rivoluzione è un lavoro collettivo, e non solo una delle tante questioni in sospeso tra il governo, il partito o il presidente?

L'identità del chavismo è intatta. Essa può essere trovata nei bassifondi, ma si è anche espressa elettoralmente con energia in questo straordinario 6 dicembre. Pur avendo molti contro, o proprio per questo, il chavismo ha combattuto ancora una volta, anche se lo sforzo che ha messo non è stato sufficiente. Però, che il mondo lo sappia bene, il chavismo è un soggetto combattente e continuerà a combattere, e incontrerà di nuovo la vittoria. Non c'è una chiavismo sconfitto, come è vero che si definisce chavismo".

* Ministro della Cultura del Venezuela

qui di seguito i dati definitivi delle elezioni parlamentari in Venezuela:

 

Diputados 2015 1

 

L'AntiDiplomatico intervista il professor Luciano Vasapollo, pro-rettore della Sapienza. "Il governo Maduro ha commesso errori. E' umano sbagliare. Ora c'è la consapevolezza che la rivoluzione bolivariana ha bisogno di un nuovo impulso: bisogna tornare sulla calle"

Il 6 dicembre, alle elezioni legislative del Venezuela, l'opposizione di destra riunita intorno al cartello MUD (Mesa de la Unidad democratica) ha conquistato 112 dei 167 seggi a disposizione. Si tratta della maggior sconfitta del chavismo al potere nel paese dal 1999, che impone un momento di riflessione necessario per il governo di Maduro e il percorso della cosiddetta rivoluzione bolivariana.

Ne parliamo con uno dei massimi conoscitori in Italia delle vicende politiche ed economiche del paese: il professore de la Sapienza di Roma Luciano Vasapollo*.

 

- Professor Vasapollo, il 7 dicembre, il giorno dopo le elezioni per il rinnovo del Parlamento in Venezuela, è caduta senza possibilità di smentita una delle menzogne storiche dei regimi occidentali e del circo mediatico, vale a dire che a Caracas fosse in vigore una dittatura anti-democratica.

 

Proprio così. Per anni ci avevano detto, scritto, su impulso delle oligarchie finanziarie che volevano trasformare nuovamente il paese in un giardino di casa degli Stai Uniti, che a Caracas fosse in vigore un “regime sanguinario”. Il Venezuela è oggi una grande democrazia popolare, forse la più avanzata al mondo. E il popolo dopo aver spazzato via la dittatura neo-liberale nel 1999 e accompagnato il processo bolivariano in 21 elezioni da allora, il 6 dicembre ha mandato un chiaro messaggio al governo, come ha, onestamente, subito riconosciuto anche il presidente Maduro.

 

 

- Un voto chiaro, una sconfitta cocente che non può non sollevare dubbi sul percorso intrapreso dalla rivoluzione bolivariana dalla morte di Chavez ad oggi.

 

Come collaboratore diretto di questo governo e amico di molti suoi protagonisti, sono in costante contatto con Caracas. Allo sconforto iniziale che aveva preso anche a me, si sta reagendo. Ieri sono stati chiamati d'urgenza i vertici del Partito e si è riunito il governo a Miraflores. Siamo di fronte, non possiamo nasconderlo, ad una sconfitta pesantissima dell'operato del governo di Maduro, ma c'è consapevolezza di questo ed è iniziato un serio ragionamento interno per capire gli errori e dare nuova linfa al percorso rivoluzionario. Il trionfo della destra, al cui interno sono presenti forti elementi fascisti e paramilitari, pone una serie di questioni costituzionali e di rispetto di trattati internazionali. Inizia una fase molto complessa per il paese, ma vi posso assicurare che dal governo del Venezuela non c'è alcuna intenzione di indietreggiare sulla via tracciata da Chavez.

 

 

- Per affrontare al meglio l'analisi sulla sconfitta e il messaggio chiaro arrivato dal popolo, non possiamo non riconoscere gli errori commessi dalla morte di Chavez ad oggi. Ma bisogna anche spiegare bene come questa sconfitta sia anche il frutto di una guerra economica e psicologica costante contro un paese, il cui torto è quello di cercare un percorso sovrano e indipendente dalle logiche corporative finanziarie dominanti.

 

Proprio così. L'origine del malessere sono state le elezioni presidenziali del 2013 con la vittoria di misura, nonostante l'ondata emotiva della morte di Chavez, da parte di Maduro. La morte del Comandante ha portato allo sconforto, una parte dei chavisti non è andata a votare, oppure hanno annullato la scheda. Nei giorni successivi alle votazioni, cioè dal lunedì al giovedì, c’è stato un tentativo di colpo di Stato della controrivoluzione; ormai è storia, immediatamente l'opposizione filo-USA, fascista, oligarchica, scende in piazza armata dall’imperialismo. 11 morti, poi successivamente diventati 43 in 3 giorni, oltre 80 feriti, sparatorie, uomini mascherati che incendiano case, uffici, e con le pistole e le mitragliette sparavano sui policlinici cubani e sulla folla.

Non è un'opposizione democratica, c’è una fetta consistente che è fatta da mercenari, paramilitari, con infiltrazioni fasciste europee, che si presta ai giochi della CIA con continui tentativi di golpe.

Questa strategia continua per almeno un anno, con morti ed attentati, fino a quando l’imperialismo con l’opposizione fascista controrivoluzionaria si accorgono che la strada armata non è possibile, in quanto il Governo del Venezuela con senso di responsabilità non ha dato risposte repressive. La rivoluzione del Venezuela ottiene una grandissima solidarietà, per cui da parte di UNASUR, CELAC c'è la decisione unanime a favore del legittimo governo chavista, e contro questi progetti fascisti di destabilizzazione.

 

 

Per cui si sceglie un'altra strada, invece della guerra militare si usa quella economica?

 

Proprio così: si tratta di creare le condizioni per affamare il popolo e dare poi la colpa ovviamente al governo. In che cosa si è concretizzata? Per esempio nel contrabbando dei beni di prima necessità, cioè la produzione nazionale che era venduta in Venezuela a prezzi attraverso il bolivar (accessibili per tutto il popolo), viene dalla grande distribuzione in mano all'oligarchia, esportata in maniera clandestina ed illegale con l'aiuto dei narcotrafficanti alla frontiera, in Colombia. E' più di anno che va avanti questa storia e parliamo di beni di prima necessità, perché la gente deve convivere con la penuria sul mercato di ciò che serve, dalla carta igienica al formaggio, dentifricio, beni fondamentali.

Entrano quindi in Colombia questi beni, vengono commercializzati da narcotrafficanti e mercenari prima in bolivar alla frontiera con 40/50 volte il loro prezzo oppure vengono riesportati; diventano quindi beni di produzione venezuelana che diventano importazioni e rientrano però dollarizzati (ne hai accesso solo attraverso la valuta USA). Questo fa sì che aumenti fortemente la domanda di dollari ed il suo  prezzo sale. Ancora oggi il cambio ufficiale bolivar-dollaro è un cambio ad 1/6.5, in un anno e mezzo è arrivato a 750 con il cambio a nero.

Raddoppia e triplica quindi l'inflazione speculativa ed indotta, si trova abbattuto il potere d'acquisto dei lavoratori, si hanno con uno stipendio medio circa 10 dollari al mese con il cambio al nero.

C'è poi la guerra del petrolio, tra le altre. Il prezzo cade del 60-70% in pochi giorni; perché? E' un effetto speculativo ed ha come obiettivo la Russia di Putin ed il Venezuela di Maduro perché sono tra i maggiori produttori di petrolio non controllati dagli USA; il Venezuela è il quinto produttore di petrolio al mondo ma il primo in quanto a riserve.

Guerra economica, a cui segue la guerra psicologica alimentata dai media. Questo è stato il quadro con cui si è preparata l'elezione del 6 dicembre.

 

 

Questo il contesto, come ha correttamente sottolineato, ma la reazione da parte del governo di Maduro non è stata efficace. E gli errori commessi sono stati evidenziati dalla popolazione nel voto del 6 dicembre. Quali sono stati quelli che maggiormente hanno pesato nelle indicazioni di voto?

 

Ogni essere umano commette degli errori, ogni processo rivoluzionario commette sulla sua strada degli errori. Negarlo sarebbe un'idiozia. Come collaboratore diretto del governo, secondo me, è stato rimandato troppo a lungo il discorso della diversificazione produttiva. E' vero che l'attacco speculativo e la guerra economica da parte delle oligarchie finanziarie ci sarebbero stati comunque, ma dipendendo meno dal petrolio e ripartendo con la piccola impresa, ridando un ruolo centrale all'agricoltura, abbassando la propensione all'import per i beni di prima necessità, il paese sarebbe stato meno soggetto all'attacco. Negli anni molto si è fatto, con la creazione di imprese socialiste e statali, con le cooperative, e con l'attribuzione di un maggior ruolo al potere popolare attraverso las comunas. Ma non sono state sviluppate a sufficienza.

La nazionalizzazione delle imprese petrolifere ha permesso con la socializzazione delle rendite di finanziare i grandi programmi per l'alfabetizzazione, per l'istruzione, sanità ed investimenti sociali nelle cosiddette “Missioni”. Poi, secondo me, bisognava procedere ad una seconda fase che ancora manca nel percorso rivoluzionario bolivariano: una più decisa fase di nazionalizzazione, per esempio per il controllo del tutto pubblico del sistema bancario. Un paese che vuole rendersi indipendente sempre più dalle politiche capitaliste ed imperialiste deve controllare tutto il sistema finanziario e tutto il sistema bancario, che in qualunque momento ha l'enorme potere di ricatto bloccando i flussi creditizi.

Per citare un altro aspetto: la grande distribuzione dei generi alimentari resta in mano ai gruppi privati, che hanno permesso lo strozzamento della guerra economica in questi mesi. E ancora in Venezuela il 90% dei media sono contro il governo e sono in grado, grazie all'azione coordinata delle corporazioni mediatiche internazionali, di distorcere costantemente la realtà. Tutto questo ha inciso enormente ed è ora necessario pensare ad una nuova fase della rivoluzione bolivariana.

 

 

- E quindi dopo aver compreso gli errori commessi, iniziata questa riflessione interna al Psuv, cosa, in concreto, dovrebbe fare ora il governo di Maduro per riconquistare la fiducia di quella parte di popolazione che ha deciso di non votarlo domenica?

 

Per tutte le premesse che ho indicato precedentemente, l'mpulso ora deve essere quello di socializzare maggiormente, dovrà esserci una presa di posizione netta anche sui distretti socialisti, sulla produzione distrettuale. E poi la diversificazione della pianificazione. In un percorso di rivoluzione socialista, infatti, la pianificazione centrale per gli interessi strategici nazionali deve essere al centro, chiaramente, ma il Venezuela, come del resto l'Italia, ha delle caratteristiche territoriali molto pronunciate e per questo è giunto anche il momento di pensare ad una pianificazione territoriale che dia impulso alle caratteristiche locali, favorendone a seconda dei casi, l'agricoltura, il turismo e l'artigianato.

Oggi, questo immenso schiaffo preso, ci pone di fronte ad un bivio: il ritorno alla calle per un nuovo impulso rivoluzionario più socialista o cadere nella trappola delle oligarchie che vogliono far tornare il paese ad essere il giardino di caso degli Usa. Il Segretario esecutivo del Mud, per farvi capire l'opposizione in Venezuela, proprio oggi parla di privatizzazioni, ritorno alle multinazionali, la fine dell'Alba bolivariana, un ingresso nell'area di influenza degli Usa e addiritturadi “gettare nella Savana” i resti di Chavez. Stiamo parlando di una destra oligarchica e molto pericolosa che potrebbe sospendere alcune delle regole democratiche e che farà il referendum revocatorio. L'opposizione ha già detto che in Parlamento vuole un'opposizione, purché non sia chavista, più o meno come nella "democrazia" in occidente che l'unica opposizione che si accetta è quella che la pensa come il governo sulla gabbia dell'euro, della Nato e dell'Ue.

Non dimentichiamoci però che per la Costituzione del Venezuela, un articolo sancisce che il Presidente ha il potere di sciogliere una Camera che sta andando contro gli interessi e la sicurezza del paese.

 

 

- Quanto ha pesato lo scenario internazionale attuale di nuova guerra non più tanto fredda sulle elezioni in Venezuela?

 

Enormemente. Gli Stati Uniti - oggi una delle tre braccia dell'Impero, insieme a Unione Europea e le petro-monarchie che usano l'ISIS in Medio Oriente per i loro fini - hanno scelto di tornare in America Latina in modo perentorio perché hanno bisogno di nuovi mercati. La crisi sistemica porta a tentativi di uscirne da parte del mondo occidentale attraverso la guerra militare, sociale, in un clima sempre più militarizzato. Scacciato dal Medio Oriente e con la forte concorrenza della Cina in Asia, il regime nord-americano ha deciso di tornare in America Latina perché ha diperato bisogno di nuovi mercati.

Questo clima non può non ricadere sui Paesi dell'ALBA. La crisi si risente a livello dell’intera America Latina ed il paese più sotto attacco da parte del potere capitalista e delle multinazionali è il Venezuela perché, senza dubbio, la forza economica dell'ALBA proviene prevalentemente dal Venezuela che sa ridistribuire socialmente i proventi dei suoi giacimenti di petrolio permettendo un afflusso di petrolio a Cuba ed ad altri paesi a prezzo politico e ricevendo altri beni in cambio attraverso i mercati interni dell'ALBA, quelli compensativi, di complementarietà e solidarietà. Ogni paese mette a disposizione ciò che può: Cuba avrà il petrolio a prezzo politico e mette a disposizione talento umano, cioè migliaia di medici, insegnanti o si favorisce lo scambio complementare con altri prodotti del Nicaragua o della Bolivia.

La vittoria di Macri in Argentina e quella dell'opposizione venezulana alla parlamentarie sono due moniti, due campanelli d'allarme molto seri. Ma l'eredità più grande del Chavismo, l'integrazione dell'America Latina come continente di pace e non più giardino di casa di nessuno, resisterà. Cuba, Ecuador, Bolivia, il governo e il popolo del Venezuela sono ancora lì. La Celac e l'Unasur sono ancora lì. I popoli rivoluzionari dell'America Latina sapranno affrontare e sconfiggere questa nuova sfida della destra oligarchica. Da Caracas, i dirigenti del governo e del Psuv, dopo lo stordimento iniziale del risultato, sono a lavoro con una convinzione: non si indietreggia di un passo perché Chavez vive e la lotta di classe in Venezuela sigue.

 

* Luciano Vasapollo  Oggi, con 60 anni è professore di  Metodi di Analisi dei Sistemi Economici  all’Università di Roma “La Sapienza”, disimpegnando l'incarico di Delegato del Rettore per le Relazioni Internazionali con i Paesi dell’America Latina e dei Caraibi. È anche professore nelle Università cubane di La Habana (Cuba) e Pinar del Río. E’ “Miembro de Honor” del Consiglio Accademico del Centro di Ricerca del Ministero dell’Economia e della Pianificazione della Repubblica di Cuba , e Doctor honoris causa in economia all’universidad de Pinar del Rio, membro di varie associazioni e centro studi in America Latina. Insieme a Rita Martufi dirige il Centro Studi CESTES dell’USB e le riviste “Proteo” e “Nuestra Amèrica”. Svolge l'attività di Advisor Board nella rivista “Historical Materialism” e quella di Editor nei Comitati, nei Consigli editoriali e nelle Commissioni di Redazione di diverse riviste internazionali. Ha scritto oltre 20 libri, e in altri circa 40  è co-autore.

Notizia del: 09/12/2015

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