191 paesi hanno appena votato per l’eliminazione del crimine contro l’umanità che è il bloqueo contro Cuba. In rosso i due Stati canaglia che hanno votato no.

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Sulla vicenda L’Antidiplomatico chiesto un commento ad uno dei massimi esperti in Italia delle vicende cubane, il Prof. Luciano Vasapollo che oltre ad insegnare alla Sapienza è anche “Miembro de honor” del Consiglio Accademico del Centro Studi del Ministero di Economia e Pianificazione della Repubblica di Cuba.   È medaglia per la Distincion «Por la Cultura Nacional» assegnata dal Ministero della Cultura della Repubblica di Cuba. «Miembro Distinguido» dell’ANEC (Asociación Nacional de Economistas y Contadores de Cuba)

Professore, come definisce il voto di ieri?
“Una grande vittoria di Cuba. E’ un trionfo di questa piccola isola che sta insegnando a tutti i popoli della Terra come resistere all’imperialismo.  Signori, sono 191 paesi su 193 che stanno dicendo basta con il bloqueo. E’ un crimine contro l’umanità. E’ una delle pagine più triste della storia recente delle relazioni internazionali”.

Come ha raggiunto questo risultato Cuba?
“Cuba è un modello di solidarietà internazionalista e di diplomazia per la pace e convivenza armonica tra i popoli. Prendete il caso degli uragani e disastri ambientali che hanno devastato recentemente il continente. Il primo paese, insieme con il Venezuela bolivariano, a dare immediatamente sostegno umanitario con l’invio di medici era sempre Cuba. Avete presente l’approccio neo coloniale degli Stati Uniti verso Porto Rico? Ecco i popoli si ricordano la solidarietà da dove arriva. La solidarietà paga.

Quali sono gli effetti che il bloqueo ha prodotto a Cuba?
Per Cuba il bloqueo è un crimine contro l’umanità che il popolo subisce ogni giorno da decenni. Punto. Se pensiamo anche al caso del Venezuela e le infami sanzioni economiche contro Caracas, si può tranquillamente affermare che oggi le guerre economiche fanno danni similari a quelle militari. Pensate che per colpa del bloqueo, Cuba ha perso miliardi e miliardi di dollari che sarebbero potuti essere spesi in sanità, istruzione e sviluppo dell’isola, i bambini malati di tumore non possono aver accesso ai farmaci che potrebbero salvargli la vita e si è arrivati addirittura al paradosso che vengono sanzionate le imprese europee solo perché commerciano con l’isola.

Qual è il messaggio che è stato mandato a Trump?

L’anno scorso erano in corse le negoziazioni con Obama e lo stesso testo era stato approvato all’Assemblea Onu con l’astensione e non il voto contrario di Usa e Israele. Trump oggi rappresenta quella borghesia predatoria nella lotta inter-imperialista in questa fase morente del capitalismo globale che mostra il suo vero volto anche nei confronti di Cuba. Non definitelo matto. In politica non esistono matti, esistono espressioni di poteri economici e politici precisi.
A Trump il messaggio che è stato fatto arrivare è questo: quando parli di consenso internazionale esattamente cos’è che hai in mente? Quando parli di democrazia negli Stati Uniti e dittatura a Cuba esattamente cos’è che hai in mente? Quando definisci Stati Canaglia Venezuela e Cuba, che cosa è che hai in mente? Gli Stati Uniti utilizzano la parola democrazia come foglia di fico per i loro crimini e i veri stati canaglia sono quei due che ieri si sono opposti alla rimozione del bloqueo.

L’ha sorpresa la pochissima risonanza mediatica della notizia data dai media italiani?

No non mi sorprende più la stampa italiana. Tutto quello che di negativo penso viene solo confermato ogni giorno di più. Vorrei solo dire a quei grandi giornalisti di Repubblica, del Manifesto e degli altri giornali italiani che loro forse non lo sanno ma a Cuba tra poco si voterà. A Cuba tra poco Rual Castro si dimetterà e lascerà alla nuova generazione le sorti della Rivoluzione. In Venezuela si è effettuata l’elezione numero 23 in 18 anni e a breve si voterà nuovamente. Che strane dittature quelle in cui la rivoluzione è patrimonio del popolo, che attraverso le missioni i Consigli popolari, hanno, al contrario delle tanto decantate democrazie occidentali, potere sostanziale di incidere sulla vita politica del paese. Ma questo sulla stampa italiana preferiscono non scriverlo.

Qual è lo scopo ultimo del bloqueo o delle sanzioni contro il Venezuela?

Il bloqueo o le sanzioni economiche contro il Venezuela servono a uno scopo solo: far inginocchiare i popoli, farli andare contro un Governo che non si piega all’Imperialismo. Rendere nuovi stati vassalli laddove si sperimenta un modello alternativo al regime malato neo-liberista. Ma il popolo cubano non si inginocchierà mai e continuerà a resistere. Il popolo venezuelano non si inginocchierà mai e continuerà a resistere. Entrambi non si inginocchieranno mai alle ingiustizie dei nostri tempi.

Alessandro Bianchi

Intervista al Prof. Luciano Vasapollo

In Venezuela nelle elezioni regionali ha vinto la coalizione del chavismo. Quali le primissime considerazioni?

Sono di un trionfo, vittoria enorme. Ho telefonato ad amici e compagni dal Venezuela tutta la notte. Prima dell’esito e nell’incertezza, tutti mi dicevano una cosa sola: “grande gioia popolare per le vie del paese”. Questo è il processo costruttivo, la democrazia popolare e partecipativa venezuelana. La rivoluzione bolivariana da oggi si rafforza e prosegue il suo cammino.
Permettetemi però di togliermi un sassolino. Non lo leggo purtroppo su Repubblica, ma si è trattata dell’elezione numero 23 in 18 anni. E di queste, il chavismo ha perso un referendum (per 20 mila voti e con probabili brogli) e le elezioni parlamentari in un sistema presidenziale nel dicembre del 2015. Elezione persa, subito riconosciuta la sconfitta dal governo, ma utilizzate a pretesto dalle destre per i morti e il terrorismo dei mesi scorsi. Le altri 21 le ha vinte la Rivoluzione bolivariana.

Andando ai numeri. Si tratta di un esito superiore alle previsioni più ottimiste…

Nonostante i 120 morti, la guerra economica, la guerra mediatica messa in atto da CIA, narcos, multinazionali e dalle destre venezuelane, il risultato ottenuto - con 17 governatorati su 22 (e si aspetta ancora l’esito dello stato di Bolivar) - è straordinario.
Neanche Chavez nel 2002, quando il colpo di stato ha avuto successo per alcuni giorni, ha mai subito un attacco forte come quello che sta subendo Nicolas Maduro in questi mesi. Questa, lo voglio dire con forza, è una vittoria del Presidente Maduro. Le opposizioni avevano messo le mani avanti nei giorni scorsi parlando di una partecipazione inferiore al 50%. Ha votato il 62% nonostante il clima creato nel paese. E’ una vittoria importante con il Polo patriottico che ha preso oltre il 54% di 10 milioni di venezuelani che sono andati nelle urne. Si rafforza la vittoria della Costituente del luglio scorso.
La Costituente ha portato pace e elezioni. Un binomio che sembra non piacere alle destre interne e internazionali. Le prime hanno dichiarato che non riconosceranno le elezioni. Le seconde che faranno?

E’ la solita storia. Quando vincono, come nelle cinque regioni al confine con la Colombia, le elezioni sono oneste. Quando le perdono non le riconoscono e denunciano la truffa elettorale. Dov’è il loro senso di democrazia? Che faranno le destre internazionali è facile da prevedere: quello che hanno sempre fatto da Washington a Bruxelles, passando per i vari stati vassalli come l’Italia di Gentiloni: rafforzare la guerra economica per destabilizzare il legittimo governo. Nulla di nuovo, la solita banalità del male. Due parole di più sul Pd e i giornali della presunta "sinistra" sbiadita fatemele dire. Il partito di riferimento del governo italiano e Repubblica si sono spinti nei mesi scorsi a sostenere apertamente il tentativo di golpe violento contro il governo di Caracas. Abbiano almeno la decenza e la dignità di chiedere scusa e felicitarsi con il presidente Maduro per la vittoria in queste elezioni regionali.
L'eurodeputato Couso denunciava come giù circolasse, prima dell'esito del voto, un documento dell'UE per il non riconoscimento delle elezioni in Venezuela. Sarà questa la via di Bruxelles?

Il primo punto da non dimenticare mai è che l’Europa non è l’Unione Europea. La prima è una costruzione di popoli, culture e tradizioni. La seconda è la raffigurazione dell’imperialismo. E come tutti gli imperialismi agisce per guerre mediatiche, economiche e se falliscono non ha problemi ad arrivare alla guerra militare vera e propria. Non mi sorprende che circolasse un documento per il non riconoscimento. E’ chiaro che preparavano una strategia per gestire mesi di menzogne, fake news create ad arte e dichiarazioni neo-coloniali. Il trionfo della rivoluzione bolivariana nel voto li mette all’angolo. Prima “chiedono” il voto, poi quando si vota e l’esito non è come sperato si grida al “broglio”. Solita strategia di chi ha mostrato il vero volto di ipocrisia se solo compariamo i casi di Catalogna e Venezuela.

Ma di quello che pensano a Bruxelles, a Caracas non interessa più molto. L’Unione Europea non ha riconosciuto l’eroico sforzo democratico e di partecipazione, degli otto milioni di venezuelani che hanno eletto l’Assemblea Costituente. L’Ue non l’ha riconosciuto, ma la Costituente prosegue con le sue forze. Non riconosceranno neanche queste elezioni? Il Venezuela andrà avanti lo stesso. Il Presidente Maduro ha compiuto un giro di viaggi recentemente rafforzando i rapporti con Cina, Russia, Iran e altri paesi produttori petroliferi. E’ una scelta saggia per aggirare il blocco economico e il neo-colonialismo che ha ancora tanti seguaci in Europa. Il mondo va verso un multilateralismo che rende le dichiarazioni di Bruxelles poco rilevanti.

Il Presidente Maduro ha denunciato nei giorni scorsi la scarsa copertura mediatica sulle elezioni: perché questa censura di quei giornali solitamente così pieni di articoli sul Venezuela?

Il comportamento dei media segue il regime del pensiero unico imposto dalle borghesie dominanti oggi. Quando c’erano i morti nelle stradi si riempivano giornali e telegiornali con menzogne per accelerare il colpo di stato contro il governo. Quando si è eletta la Costituente si è gridato al “golpe di Maduro” per accelerare l’intervento militare che si stava ipotizzando in quei giorni. Quando il 54% dei venezuelani vota per eleggere 17 governatori su 22 chavisti preferiscono la menzogna del silenzio. Lo stesso vale per quei politici, molti in quel partito che si autodefinisce democratico e farebbe meglio a mettere un a avanti. Silenzio. Magari tra qualche giorno l’ordine sarà di parlare di “brogli” e allora vedrete fiumi di inchiostro con tutti che si sveglieranno. E’ la logica della guerra mediatica in corso.

Le destre venezuelane, dicevamo, non riconoscono le sconfitte, ma le vittorie si. E hanno preso tutte le regioni al confine con la Colombia. Come utilizzeranno questo potere?

In Colombia e al confine con il Venezuela opera una commistione fatta da Cia, multinazionali, fascisti, narcos e opposizione di destra. Anzi meglio dire che la natura stessa dell’opposizione in Venezuela è un mix di tutto questo. E’ forte al confine con la Colombia, dove la guerra economica si produce con più veemenza e dove si sono avuti tanti morti nel tentativo di golpe dell’estate scorsa. Qui i narcos hanno fatto più soldi con il contrabbando dei prodotto di prima necessità rubati ai venezuelani e poi dollarizzati che con la cocaina. E’ la logica della guerra economica che proseguirà.

Teme nello specifico un referendum autonomista sulla scia di Catalogna e Kurdistan?

Si, vi preannuncio che sarà proprio questa la strategia, la stessa utilizzata del resto in Bolivia (nella mezzaluna ricca di Santa Cruz). Si scelgono zone ricche e si creano i presupposti dell’indipendenza senza nessun legame storico, culturale e di tradizioni per destabilizzare il governo centrale. Probabilmente sarà questa la carta che si giocherà l’internazionale delle destre: indipendentismo antichavista (che verrebbe subito riconosciuti dai paesi imperialisti e dai vari paesi vassalli) per il controllo delle risorse energetiche dell’aerea. Sarà un’altra partita importante dei prossimi mesi.
Per quel che riguarda l'autodeterminazione dei popoli, io ragiono da marxista in un’ottica di divenire storico e in un’ottica di classe. Dobbiamo iniziare a dare aggettivi a sostantivi che altrimenti restano vuoti. “Democrazia” non significa niente di per sé. Anche Casa Pound oggi la utilizza. Io aggiungo alla parola democrazia sempre socialista, redistributiva, egualitaria, partecipativa e popolare. “Autodeterminazione dei popoli” si. Ma poi bisogna aggiungere gli aggettivi. E gli aggettivi si aggiungono rispondendo alla domanda: a beneficio di chi? Popolo e cittadini da soli non significano niente. Era popolo venezuelano quello che per conto della Cia e delle multinazionali ha ucciso altro popolo venezuelano per cacciare Maduro. Fermo restando il mio sostegno al processo in Catalogna di rottura contro il polo imperialista spagnolo e europeo, quando parliamo di autodeterminazione dei popoli dobbiamo avere coscienza di chi sta portando avanti il percorso di indipendenza, quale classe sociale nello specifico e che percorso politico ha in mente.

Più di 220 delegati di un centinaio di organizzazioni della società civile cubana, hanno reclamato l’immediata eliminazione senza condizioni del blocco nordamericano contro Cuba, durante un forum realizzato nel Ministero delle Relazioni Estere  (Minrex).
Più di 220 delegati di un centinaio di organizzazioni della società civile cubana, hanno reclamato l’immediata eliminazione senza condizioni del blocco nordamericano contro Cuba, durante un forum realizzato nel  Ministero delle Relazioni Estere  (Minrex)
Nell’incontro, Abelardo Moreno Fernández, vicetitolare del Minrex, ha segnalato che non c’è famiglia nè organizzazione nel nostro paese che non ha sofferto in una o altra forma, le aggressioni del blocco, i cui danni superano i    130.000 milioni di dollari, a prezzi correnti, dalla sua implementazione di circa sei decenni fa.
«Dall’inizio del processo di normalizzazione delle relazioni bilaterali ha segnalato che c’erano stati passi positivi in questo senso, ma limitati e insufficienti, poiché l’illegale politica si era mantenuta integra e le misure che la formano sono sempre state applicate con tutto il rigore dal governo degli Stati Uniti.
Dall’arrivo di Donald Trump al potere, il blocco ha cominciato a intensificarsi, in un nuovo e disperato tentativo per distruggere la Rivoluzione per cui questa politica continua a costituire ora più che mai una violazione dei diritti internazionali, contro  la quale il nostro popolo non smetterà d’alzare la sua voce», ha sottolineato.  
Un gran numero di artisti, di sportivi e rappresentanti delle istituzioni presenti hanno espresso il loro appoggio alla risoluzione che Cuba presenterà  nell’Organizzazione delle Nazioni Unite il prossimo 1º novembre, reclamando l’eliminazione definitiva del blocco.    
Durante la giornata, ugualmente, è stata approvata una dichiarazione che riafferma tra i suoi accordi il diritto alla libera determinazione del popolo cubano per costruire il suo proprio sistema politico, economico e sociale in maniera indipendente e sovrana.
Il documento esige anche la fine della persecuzione delle relazioni economiche e finanziarie internazionali dell’Isola con entità in terzi paesi ed esorta i cittadini statunitensi a mantenere  il loro appoggio alla nazione dei Caraibi, riferendosi a  questo reclamo.  [Traduzione GM/ Granma Int.]

A cinquant’anni dalla morte del Che oggi l’AntiDiplomatico pubblicherà una serie di interviste di chi in Italia lo ha studiato.

Partiamo dal Prof. Vasapollo, marxista, economista della Sapienza e uno dei massimi conoscitori delle realtà dell’America Latina in Italia. Sulla figura del Che ha curato “Che Guevara economista” e “Vamonos. Nada mas: camminando con il Che e Fidel”.

 

L’Intervista

 

Con Sky, catena privata simbolo del neoliberismo e dell’ultracapitalismo, che lo descrive come il “Donchisciotte” “l’uomo che ha dato la vita per un’ideale”, non crede che ci sia qualcosa che non torni nell’omaggio che si sta dando alla figura di Ernesto Che Guevara?

 

Il gioco che si vuole fare da parte di questi media e da parte purtroppo di una certa finta sinistra è di metterlo in contrasto con Fidel, il “burocrate amico dell’Unione Sovietica.” Questo è il “mito della maglietta”, il “supereroe” che non rende onore alla memoria del Che a 50 anni dalla sua morte. Perché da marxista conta il divenire storico, il contesto, il periodo storico. Che Guevara era un medico argentino della media borghesia del suo paese. Colto, ma aveva conoscenza del popolo e voleva servire il popolo. I diari della Motocicletta e LatinoAmerica creano quel contatto e lo legano in modo indissolubile. Il suo essere medico diviene qualcosa di più. Il suo essere medico si mischia alla lotta al capitalismo e all’imperialismo. La data di riferimento fondamentale per la storia del Che è il 1953 quando in Messico incontra Fidel esiliato. Inizia una storia rivoluzionaria che ha sì avuto momenti di tensione, anche scontro, ma come in tutte le relazioni umani. Il Che, da quel giorno non ha mai smesso di considerare Fidel come un fratello maggiore, un padre, per quanto ne dicano i media neo-liberisti.

 

Da quel 1953 poi tante cose sono accadute…

 

Proseguiamo con il divenire storico e il contesto. Fidel arruola nella Granma il Che come medico. Quando nel 1959 però l’insurrezione va male e c’era da resistere dalla montagna, il Che era medico ma anche guerrigliero. Quando c’era da sparare sparava. Il messaggio che vorrei dare ai giovani è che non ci sono eroi, non ci sono superuomini. Non esistono comunisti eroi, esistono persone che sanno interpretare il divenire storico e applicano i principi rivoluzionari per trasformare la società sulla base di uguaglianza, redistribuzione,  autodeterminazione dei popoli e solidarietà interna ed internazionale.  E lo fanno con una penna, con un libro, con la dialettica, con il lavoro quotidiano, con un bisturi e se serve con un’arma. Nessuno più di Fidel ha espresso questo concetto in un discorso meraviglioso del primo maggio 2000 quando ha detto che la “rivoluzione è il senso del momento storico”. Fidel e Che sono stati questo. Basta con il mito della maglietta, basta con l’eroe trasformato in Donchisciotte.

 

Il mito della lotta armata però resta quello predominante nel ricordo del Che.

 

Bisogna fare chiarezza. Noi siamo contro la violenza terroristica di Stato e per una trasformazione pacifica della società sulla base dei principi che indicavo prima. Ma poi c’è il divenire storico. Hanno fatto bene i partigiani a impugnare i fucili contro i nazisti per liberare l’Italia.

 Tornando al Che e alla finta diatriba costruita ad arte del guerrigliero indomito contro il burocrate Fidel. Il Che era argentino e chiaramente il suo sogno era quello di portare la rivoluzione e i principi che stavano sperimentando a Cuba nella sua terra. Tenta di entrare in Venezuela, non riesce, poi prova dalla Bolivia e sappiamo come è finita purtroppo. Castro lo consigliò dicendogli che non ci fossero le condizioni e il contesto per la rivoluzione. E in una lettera famosa dal Congo il Che gli diede ragione.

 Come professore ha curato diversi volumi sulla figura del Che. Quali aneddoti ha trovato poco conosciuti nel percorso di conoscenza dell’uomo?

 Ho curato due grandi pubblicazioni in particolare. “Che Guevara economista” e “Vamonos. Nada mas: camminando con il Che e Fidel”.L’aneddoto più bello è quello che ho scoperto e riguarda l’incarico assunto da Presidente della Banca centrale cubana nella prima fase post-rivoluzione. ‘ Chi è economista?’, chiese Fidel in una delle riunioni ristrette subito dopo la vittoria. ‘Io’, disse il Che che non si tira mai indietro. ‘Bene da domani guidi l’economia del paese’. E la risposta di Che fu: ‘Io? No. Avevo capito chi è comunista?’. Ma da quel giorno comprendiamo l’uomo Che Guevara. Studia di giorno e di notte. Si addormenta sul tavolo. E allora studia in piedi. Questo è l’uomo, questo è il rivoluzionario. Certo, il divenire storico lo ha costretto anche a sparare.

 

Antimperialismo e anticapitalismo per il Che. Con un esercizio suggestivo di immaginazione si potrebbe immaginare a difesa di quale popolo starebbe oggi combattendo il Che?

 

Per parlare dell’anticapitalismo e dell’anti-imperialismo del Che, il punto di partenza è il discorso storico tenuto alle Nazioni Unte l’11 dicembre del 1964 con il celebre “10, 100, 1000 Vietnam”. Questa frase significava difendere fino alla fine l’autodeterminazione e la libertà dei popoli contro l’oppressione del capitalismo e dell’imperialismo . Oggi sarebbe chiaramente un combattente in difesa di Cuba, Venezuela e tutti i paesi che non si arrendono all’oppressore imperialista.

 

E allora quelli, molti in Italia, che sostenevano i golpisti venezuelani e oggi ricordano il Che. Come li definisce?

Ipocriti. Ipocriti di due tipi per specificare. Da un lato abbiamo ex sognatori utopisti che poi dichiarandosi fintamente di sinistra fanno non solo politiche non rivoluzionarie, non solo politiche non riformiste ma sono neo-liberisti in tutto e per tutto. Alla Mogherini per intenderci. E poi, dall’altro lato, abbiamo speculari gli estremisti di sinistra che non hanno nessun senso del divenire storico.

Il Manifesto ieri, per fare un esempio concreto, ha regalato un bel libretto sul Che. Ma invece di dare questo supplemento, perché questo giornale non onora la sua memoria raccontando la verità sul Venezuela, su Cuba e sull’America Latina? Da quando Geraldina Colotti non scrive più, il Manifesto ha preso una deriva che rientra nelle categorie che dicevamo sopra.

 

E ai giovani quale messaggio si sente di dare? Cosa devono trarre dell’esperienza del CHE?

Ai giovani, lo ripeto ma è importante, dico: smettete di comprare le magliette, comprate i libri del CHE. Comprendete il suo sogno, quello che lo ha spinto a seguire quella che chiamano Utopia ma che poi da sogno è divenuto realtà. Perché sull’utopia dobbiamo intenderci. “L’utopia è là nell’orizzonte”. Diceva Galeano. “Mi avvicino di due passi e lei si distanzia di due passi. Cammino 10 passi e l’orizzonte corre 10 passi. Per tanto che cammini non la raggiungerò mai.” E quindi concludeva questo gigante della storia: “A che serve l’utopia? Serve per questo: perché io non smetta mai di camminare.” E quindi l’eredità del Che per i giovani deve essere proprio questa. Iniziare a camminare. Non le magliette che alimentano solo le versione distorte che l’imperialismo ha costruito intorno a lui e a Fidel. No. Cercare l’orizzonte. E’ l’orizzonte è l’anticapitalismo, l’antiimperialismo e una società che sappia garantire uguaglianza, libertà,  indipendenza, autodeterminazione, sovranità e solidarietà tra popoli. Quanto ci vorrà? Il tempo necessario. Ma serve iniziare a camminare. Intanto oggi a cinquant’anni dalla sua morte Cuba è ancora lì a resistere e mantenere alta la bandiera di quei principi per cui il Che e Fidel hanno dato la vita. La stessa bandiera poi issata da Hugo Chavez in Venezuela e che il presidente Maduro con la sua resistenza si rifiuta di ammainare, rilanciando il progetto socialista bolivariano.

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