Il Vivir Bien di Morales: paradigma teorico per un benessere sociale concreto
Written by nuestra americaSe fino a poco tempo fa le scelte economico-politiche degli Stati Uniti e dell’Europa venivano considerate fari da seguire, ora invece la tendenza si è invertita. Oggi il capitalismo e l’imperialismo vivono una crisi evidente che è stata definita “crisi di civiltà” perché mette in pericolo la vita stessa della Terra e del genere umano, avendo impatti drammatici sulle sfere ambientali, energetiche e sociali con guerre militari ed economico-finanziarie.
Il cambiamento di rotta arriva dall’America Latina: i Paesi dell’ALBA stanno dimostrando che si può cambiare il mondo offrendo un’alternativa concreta al capitalismo e all’imperialismo, mettendo fine alle politiche neoliberiste e al massacro sociale; stanno dimostrando che è possibile che i governi si autodetermino liberandosi dalla schiavitù imposta dagli Stati Uniti e dal Fondo Monetario Internazionale.
L’ALBA nasce infatti proprio in contrapposizione all’ALCA, organizzazione economica che persegue la liberalizzazione assoluta del commercio dei beni e dei servizi e in cui l’America latina e caraibica continua ad essere trattata come una colonia.
La Bolivia, con il Presidente Evo Morales, teorizza il paradigma del Vivir Bien come processo universale di alternativa sociale. Vivir Bien non vuol dire vivere meglio ma significa utilizzare la solidarietà, la compartecipazione, l’uguaglianza e la riappropriazione popolare dei beni collettivi. Anche in Italia, in occasione dei referendum, alcuni partiti politici - come il Pd - si sono appropriati di tali concetti per farne però un utilizzo solamente strumentale visto che nei loro programmi non ci sono proposte concrete in tal senso.
Il Pachakuti ,o Tempo nuovo, segna l’inizio della fine dell’aggressione capitalista
Written by nuestra americaAll’insegna del recupero della propria cultura identitaria, si è svolta in Bolivia un’iniziativa politica e spirituale, promossa dal Presidente Evo Morales, che segna un cambio epocale nelle relazioni fra i popoli che afferma le ragioni del socialismo comunitario.
Il 21 dicembre 2012 in Bolivia il mondo ha celebrato l'inizio di un'era di equilibrio e armonia per la Madre Terra, con rituali indigeni e un incontro internazionale in cui si è dibattuto sulla crisi del capitalismo.
Il giorno del Solstizio d'inverno dell’anno 2012, i popoli indigeni dell'America Latina hanno infatti festeggiato, sull'Isla del Sol nel lago Titicaca, l'arrivo del Pachakuti (o Tempo nuovo), la nuova era basata sull'uguaglianza, la pace e la complementarietà tra i popoli e che sostituirà il passato del “non-tempo” caratterizzato dall'egoismo, la malvagità e la divisione.
La Isla del Sol è una piccola isola situata nel mezzo del leggendario lago degli Incas famosa per il suo patrimonio spirituale e sede di molte cerimonie religiose risalenti all’XI e XII secolo.
Per l'occasione si è tenuto un intenso rito tradizionale al quale hanno partecipato rappresentanti di numerosi popoli indigeni delle Americhe, dell'Europa, dell'Africa, oltre capi spirituali e rappresentanti politici provenienti da molte parti del mondo: Perù, Argentina, Brasile, Stati Uniti, Canada, Ecuador, Cile e Venezuela, oltre che Europa, Tibet e Oceania.
"Il 21 dicembre deve terminare la Macha, il buio, l'egoismo, l'individualismo, la divisione, e dal Lago Sacro deve nascere il Pacha, che rappresenta la fratellanza, l'amore, il comunitarismo" ha proclamato Choquehuanca, uno dei filosofi indiani più importanti della Bolivia, nonché Ministro degli Esteri.
LA CONCRETEZZA POLITICA E PRATICA DELLA DEMOCRAZIA POPOLARE PARTECIPATIVA : le popolazioni del TIPNIS respingono l’inviolabilità del Parco Nazionale.
Written by nuestra america
16.12.12 ,Rosa Bartiromo per Rivista NUESTRA AMERICA
L’82% della popolazione del Parco Nazionale e Territorio Indigeno Isiboro Sécure (TIPNIS) ha votato contro l’inviolabilità del territorio.
Con la Legge n. 222 del 10 febbraio del 2012, il Presidente Evo Morales ha avviato un processo di consultazione per raggiungere un accordo tra lo Stato Plurinazionale della Bolivia e le comunità indigene e conoscere la loro decisione sull’inviolabilità delle zone del Parco e le misure di salvaguardia del territorio.
Il processo di consultazione è stato avviato il 19 luglio del 2012 ed è terminato lo scorso 7 dicembre.
I risultati sono stati comunicati dal Ministro dei Lavori Pubblici, Vladimir Sanchez, che in un’intervista a “El Pueblo es Noticia” si è dichiarato soddisfatto per i risultati raggiunti attraverso il dialogo interculturale con le popolazioni del Tipnis. Tale processo ha permesso allo Stato di raccogliere molte informazioni circa le necessità delle popolazioni indigene di quel territorio, ha continuato Sanchez, aggiungendo che le critiche giunte in passato dall’opposizione e da certi ambientalisti erano basate più su assiomi ideologici che sulla reale conoscenza del luogo e dei bisogni degli abitanti. Durante la consultazione sono emerse anche altre necessità del popolo, come il diritto alla salute e all’istruzione, che saranno per il Governo le vere priorità.
Come dichiarato anche dal consigliere generale del Governo di Cochabamba , Freddy San Millán, la costruzione della strada Villa Tunari-San Ignacio de Moxos è di carattere strategico per lo sviluppo del TIPNIS e per il Paese intero, è necessaria per permettere alle popolazioni indigene un più facile accesso ai servizi di base e promuovere lo sviluppo della comunità, attraverso la viabilità degli scambi commerciali e lo sviluppo del settore turistico. Ora che le popolazioni sono state ascoltate e hanno espresso la loro opinione - afferma San Millán - è necessario che il governo valuti ogni proposta e, guardando anche a progetti simili che già esistono in altre parti del mondo, si concentri affinché l’opera abbia il minor impatto ambientale possibile.
Tale concetto è stato ribadito anche dal Senatore Eduardo Maldonado che ha assicurato che l’Organo Esecutivo dello Stato vigilerà affinché i lavori procedano, utilizzando i più avanzati sistemi ingegneristici che permettano di non danneggiare la natura e allo stesso tempo portare benefici a tutta la Bolivia. Alludendo ad alcune dichiarazioni dell’opposizione in merito ai risultati della consulta -come quelle di Rolando Villena, di Defensor del Pueblo, che aveva definito il processo di consulta un atto "autoritario", "colonialista" e "unilaterale"- ha poi affermato che si deve anteporre gli interessi dello Stato e del popolo boliviano a qualunque altra costatazione politica e di parte.
Anche il senatore Adolfo Mendoza ha dichiarato che “tali affermazioni sono tardive”, visto che l’opposizione avrebbe avuto tutti gli strumenti costituzionali per istituire una equipe di controllo e verificare che il processo consultivo si stesse compiendo secondo quanto stabilito dal protocollo, mentre le accuse sono arrivate a consultazione chiusa.
Il senatore Julio Salazar ha fatto notare poi che il processo di consultazione è consistito nel chiedere alle comunità indigene la loro opinione, per tale motivo non può essere uno strumento colonialista e d’altronde, visto che raccoglie le proposte e le richieste della gente, i risultati raggiunti possono essere facilmente verificabili.
Il Ministro dei Lavori Pubblici, Vladimir Sanchez, dice di aver elaborato, durante questi mesi di consultazione, un’agenda ampia e costruttiva che raccoglie le richieste avanzate dai popoli e dalle comunità e che sarà restituita agli abitanti sottoforma di Piano Programmatico da incorporare nel più ampio Piano di Sviluppo Nazionale. Gli accordi raggiunti con le comunità indigene si rifletteranno quindi in una relazione finale che sarà presentata al Presidente Morales il 20 dicembre durante l’Assemblea Legislativa Plurinazionale.
Vogliamo ricordare che la consultazione è l’atto finale di un processo che deriva dagli accadimenti dello scorso anno quando la Cidob - Confederación de Pueblos Indígenas de Bolivia- e la Conamaq - Consejo Nacional de Ayllus y Markas del Qollasuyo-, guidata da Rafael Quispe - dirigente indigeno inizialmente alleato di Evo al quale ha però successivamente tolto il sostegno per opportunismo politico e smania di potere – si opposero alla costruzione della strada Villa Tunari-San Ignacio de Moxos e fecero partire la nona marcia di protesta, palesando al Governo le loro richieste solo a metà percorso e senza neppure attendere risposta dal Presidente Morales.
L’occasione di disordine sociale fu inasprita allora da esponenti della destra e da gruppi trozkisti, che, grazie anche all’azione disinformatrice dei mezzi di comunicazione in mano all’opposizione borghese, amplificarono le proteste contro il governo, facendo il gioco dell’imperialismo statunitense che non si rassegna alla perdita del proprio ruolo strategico di dominio politico e sfruttamento economico del continente sud americano e che aveva provato a inserirsi nel momento di tensione sociale sorto in Bolivia attraverso l’azione di numerose ONG legate all’USAID che stimolarono e sostennero la marcia.
La strumentalizzazione degli avvenimenti e i gravi attacchi dell’opposizione – come le dichiarazioni di Samuel Doria Medina il leader di Unidad Nacional che in tv disse che il Presidente Evo Morales doveva essere impiccato come l’ex presidente Gualberto Villarroel - portarono i senatori del Movimento Al Socialismo (MAS) a denunciare la cospirazione orchestrata dai partiti di opposizione Movimiento Sin Miedo (MSM) e Unidad Nacional (UN), intenzionati a fare un colpo di Stato contro il presidente Evo Morales con l’appoggio dell’internazionale fascista ancora molto attiva in America Latina.
E’ importante ricordare che i tentativi di colpi di Stato in Sud America sono lo strumento principale usato dalle oligarchie reazionarie, sostenute dagli USA, per abbattere governi di classe democraticamente eletti, come avvenuto nei tentativi di golpe nel 2002 contro Chavez in Venezuela, nel 2008 sempre contro Morales in Bolivia, nel 2009 contro Zelaya in Honduras e nel 2010 contro Correa in Ecuador.
I paesi dell’ALBA stanno invece continuando a rafforzare percorsi di transizione verso il Socialismo per il XXI secolo basati su un modello di democrazia popolare partecipativa nel quale i contadini, minatori, operai costruiscono il proprio futuro in maniera autodeterminata dal basso , dove la loro opinione attiva è fondamentale per l’agenda delle decisioni del Governo e dando il senso concreto alla sovranità del popolo agendo direttamente e in prima persona nella vita politica del Paese sostanziando la pratica del socialismo .
Fonte:
EVO: L’AMBIENTALISMO DELL’ ”ECONOMIA VERDE” E’ IL NUOVO COLONIALISMO PER SOTTOMETTERE I POPOLI.
Written by nuestra america
Il Presidente Evo Morales si è diretto ieri ai rappresentanti di oltre 190 paesi presenti al Vertice della Terra, Rio+20, evento che si svolge in Brasile. Ha fatto conoscere il progetto di legge per la cura della Madre Terra, che cerca lo sviluppo integrale mediante la convivenza equilibrata dell’essere umano e della natura. Ha consigliato ai paesi di nazionalizzare le proprie risorse naturali come ha fatto la Bolivia. Ha chiesto di approvare accordi concreti nell’attuale vertice a favore dei popoli e delle future generazioni.
“L’ambientalismo dell’ ”economia verde” è il nuovo colonialismo per sottomettere i popoli e i Governi anticapitalisti”. Sono state le parole usate dal presidente Evo Morales durante la sua partecipazione al Vertice della Terra, Rio+20, in Brasile.
In un discorso molto d’impatto, ha presentato la proposta boliviana della Legge della Madre Terra per uno sviluppo integrale ed equilibrato con la natura. Ha consigliato agli Stati di nazionalizzare le proprie risorse naturali per ottenere il progresso dei loro popoli.
Discorso
Qui di seguito il discorso del Primo Governante boliviano:
“Approfitto di questa opportunità per ricordare che noi popoli del sud oggi festeggiamo il nostro capodanno andino amazzonico. Festeggiamo l’Inti Raymi, in quechua Festa del Sole, Willka kuti in aymara, il ritorno del padre Sole. Sono gli orologi cosmici che, ci insegnano, marcano i secoli della Madre Terra. Oggi in Bolivia è giorno festivo. Festeggiamo il Capodanno Andino Amazzonico. Auguri ai popoli del sud e specialmente ai movimenti indigeni originari.
20 anni fa il vertice organizzato qua in Brasile è stato importante per fare una profonda riflessione sulla vita, sull’umanità, tenendo conto del nostro pianeta Terra.
Mi ricordo, come dirigente sindacale, il grande messaggio di un grande saggio, Fidel Castro, presidente e comandante di Cuba rivoluzionaria. Che ci diceva? Ci diceva di far finire la fame. No alla fame. Esistono i debiti ecologici, non i debiti esteri.
Passano 20 anni, ora bisogna condonare i debiti del sistema capitalista e quell’uomo aveva proprio ragione ad affermare che si devono pagare i debiti ecologici e non i debiti esteri.
A questo punto sentiamo che (nei) paesi del sistema capitalista i debiti sono impagabili, mentre nei paesi cosiddetti poveri o in via di sviluppo abbiamo una situazione migliore di prima.
Perciò in questa conferenza sento che è importante fare profonde riflessioni tenendo in considerazione le generazioni future. Ne stiamo discutendo. Ieri già abbiamo ascoltato sull’ “economia verde”. In sintonia con i movimenti sociali del mondo, specie del movimento indigeno: che intendiamo per “economia verde”? L’ambientalismo dell’”economia verde” è il nuovo colonialismo per sottomettere i nostri popoli e i governi anticapitalisti.
L’ambientalismo del capitalismo è un nuovo colonialismo a partita doppia, è un colonialismo verso la natura che rende merci le fonti naturali di vita ed è un colonialismo verso i paesi del sud che caricano sulle loro spalle la responsabilità di proteggere l’ambiente distrutto dall’economia capitalista industriale del nord.
L’ambientalismo rende merce la natura, ogni albero, ogni pianta, ogni goccia d’acqua ed ogni essere della natura diventa merce sottoposta alla dittatura del mercato. La dittatura del mercato privatizza la ricchezza e socializza la povertà.
L’ambientalismo usurpa la creatività della natura, che è un patrimonio comune di tutti gli esseri viventi che esistono, e lo espropria per lucro privato.
In nome della cura della natura, l’ambientalismo è una strategia imperiale che quantifica ogni fiume, ogni lago, ogni pianta, ogni prodotto naturale e lo traduce in denaro, in guadagno imprenditoriale e lo mette temporaneamente da parte in attesa del momento migliore in cui quell’appropriazione privata può dare maggior reddito economico. L’ambientalismo, misurando l’utilità della natura in denaro, colonizza la natura stessa, dal momento che converte la fonte di vita di tutte le generazioni in un bene privato a beneficio di alcune persone.
Perciò l’ambientalismo è solo un modo di realizzazione del capitalismo distruttore, un modo graduale e scaglionato di distruzione mercificata della natura, ma l’ambientalismo del capitalismo è pure un colonialismo predatore perché permette che gli obblighi che hanno i paesi sviluppati di preservare la natura per le future generazioni siano imposti ai paesi in via di sviluppo, mentre i primi si dedicano in modo implacabile a distruggere mercificando l’ambiente, i paesi del nord si arricchiscono in mezzo a un’orgia depredatrice delle fonti naturali di vita e obbligano noi paesi del sud a essere i loro guardaboschi poveri.
Vogliono eliminare la nostra sovranità sulle nostre risorse naturali limitando e controllando i nostri utilizzi e sfruttamenti. Vogliono creare meccanismi d’intromissione per monitorare, giudicare e controllare le nostre politiche nazionali, vogliono giudicare e punire l’uso delle nostre risorse naturali con argomenti ambientalisti.
Vogliono uno Stato debole con istituzioni deboli e sottomesse affinché gli regaliamo le nostre risorse naturali com’è sempre stato nella nostra storia.
Perciò è importante questa profonda riflessione in questa conferenza internazionale in cui ci sono rappresentanti del mondo. Siccome il capitalismo promuove la privatizzazione e la mercificazione della biodiversità e l’affare delle risorse energetiche, arrivo alla seguente conclusione: per il capitalismo e per il colonialismo che usano l’ecologismo in questa conferenza, la vita non è un diritto.
Signori presidenti, non è possibile che la cosiddetta civiltà di 200 o 300 anni possa distruggere la vita armonica che hanno vissuto i popoli indigeni per oltre cinquemila anni. Questa è la profonda differenza che esiste tra l’occidente e i paesi del sud e in particolare i movimenti sociali che vivono in armonia con la Madre Terra.
Un piccolo contributo dalla Bolivia: in Senato, due giorni fa, è stata approvata la Legge della Madre Terra e dello Sviluppo Integrale per Vivere bene. L’obiettivo è vivere bene per mezzo dello sviluppo integrale e in armonia con la Madre Terra per costruire un società giusta, imparziale, solidale e senza povertà.
Per raggiungere lo sviluppo integrale abbiamo bisogno di realizzare in modo complementare i seguenti diritti: i diritti della Madre Terra, i diritti dei popoli indigeni, il diritto dei poveri a superare la povertà e il diritto del popolo boliviano a vivere bene, il diritto e l’obbligo dello Stato allo sviluppo sostenibile, non possiamo svilupparci senza toccare la natura né svilupparci distruggendo le natura.
Per questo la nostra legge propone la complementarità dei diritti. Oltre a questo, la nostra legge crea anche l’Ente Plurinazionale di Giustizia Climatica per gestire l’adattamento, la mitigazione climatica e creare un fondo nazionale di giustizia climatica.
Una piccola esperienza vissuta fin ora, di recupero delle nostre risorse naturali, e che in Bolivia ci ha fatto migliorare abbastanza la nostra economia.
Tre esempi: l’impresa più grande dei boliviani, la Giacimenti Petroliferi Nazionali Boliviani (YPFB), nel 2005 rendeva solo 300 milioni di dollari; dopo la nazionalizzazione degli idrocarburi, in brevissimo tempo ha migliorato la nostra economia, e quest’anno la nostra impresa YPFB vale circa 3.500 milioni di dollari. Grazie alla lotta del popolo boliviano e grazie all’obbedire all’ordine di nazionalizzare le nostre risorse naturali. Sappiamo di essere un paese piccolo, chiamato paese povero, in via di sviluppo, che le nostre riserve internazionali nel 2005 erano di 1.700 milioni di dollari, quest’anno stiamo arrivando a 13.000 milioni di dollari di riserve internazionali.
Gli investimenti pubblici in Bolivia nel 2005, prima che io arrivassi alla Presidenza, erano di 600 milioni di dollari, e il 70% dei 600 milioni di dollari erano crediti o donazioni. Quest’anno gli investimenti pubblici sono programmati per oltre 5.000 milioni di dollari.
Potrete immaginarvi come sia cambiata l’economia dopo che abbiamo recuperato o nazionalizzato gli idrocarburi, da 600 a oltre 5.000 milioni di dollari.
È così importante recuperare le nostre risorse naturali! Con molto rispetto per i Paesi, Stati Africani e di tutto il mondo: recuperino o nazionalizzino le loro risorse naturali, le risorse naturali dei popoli che sono sotto la pressione degli Stati e non possono essere un affare delle multinazionali.
Oltre a questo, altra esperienza vissuta è che i servizi di base non possono essere affare privato. In Bolivia erano privatizzate anche le telecomunicazioni, l’acqua. Dopo essere arrivati alla Presidenza, abbiamo iniziato a recuperare. E questa forma di recupero è un obbligo dello Stato e non una privatizzazione, un affare delle multinazionali. Ci aiuta a risolvere i problemi più importanti in Bolivia.
Care compagne e cari compagni qua presenti, sarebbe importante pensare veramente alle future generazioni e questo lo vedo solo facendola finita con modelli di saccheggio, depredatori, facendola finita con il sistema capitalista. Il capitalismo non è affatto una soluzione, ora mi dispiace molto dire che ho analizzato seriamente e ho seguito seriamente la cosiddetta “economia verde”, e ripeto ancora una volta che è il nuovo capitalismo per sottomettere i popoli antimperialisti e anticapitalisti. Per questo bisogna riflettere molto per il bene delle future generazioni.
Moltissime grazie”.
Traduzione a cura di RosaMaria Coppolino