Migliaia di cittadini e di visitatori hanno offerto una calda accoglienza nei diversi luoghi al passaggio dei 58 membri della Carovana, con la guida della Generale di Brigata, Delsa Esther Puebla.
Una settimana dopo il trionfo rivoluzionario del Primo Gennaio Fidel entrò vittorioso su carri armati e mezzi blindati a L’Avana e nella storia Nella città una folla lo ricevette alzando le bandiere cubane e del 26 di Luglio, mentre lanciava fiori sui carri armati. Oggi, 58 anni dopo, la capitale ha ricevuto di nuovo la Carovana della Libertà.
Gridando “Io sono Fidel”, bambini e giovani in maggioranza, oltre a lavoratori meritevoli e ai combattenti della Rivoluzione, hanno ricreato il tradizionale passaggio dei Barbudos della Sierra Maestra nella capitale cubana.
I 58 membri della Carovana sono partiti dal municipio del Cotorro dove – nella birreria Guido López - il Comandante se si era fermato per la prima volta a parlare al popolo della capitale.
Poi hanno percorso le strade principali e i luoghi simbolici come il Museo della Rivoluzione, lasede dell’Istituto Cubano di radio e televisione, e sono arrivati a Ciudad Libertad, la città scuola, sede della cerimonia principale.
Nella manifestazione politico- culturale presieduta da Mercedes López Acea, Prima Segretaria del Comitato Provinciale del Partito a L’Avana, la Generale di Brigata Delsa Esther (Teté) Puebla, e altri dirigenti del governo e delle organizzazioni di massa hanno ricordato i dettagli di quei giorni. Uno dei protagonisti, Eclio Lobaina, ha raccontato le sue esperienze con i Barbudos che partirono da Santiago di Cuba il 2 gennaio. Ricordi sempre vividi nella memoria di uno dei membri della Carovana che accompagnava Fidel.
Il discorso della manifestazione lo ha pronunciato Maylín Alberti, Prima Segretaria dell’Unione dei Giovani Comunisti in Playa, che ha ratificato il desiderio delle nuove generazioni di continuare il legato storico del Comandante e l’impegno con il concetto di Rivoluzione firmato da gran parte del popolo cubano.
Come nel 1959, questo 8 gennaio il popolo della capitale è avanzato nuovamente per salutare la Carovana della Libertà, quella stessa folla che Fidel allora definì: un bagno di popolo! ( Traduzione GM – Granma Int.)
Insieme ai mezzi, giungono anche 3.500 militari della “Iron Brigade” della 4° Divisione di fanteria USA. Stando a rusvesna.su, altri duecentocinquanta soldati della 3° brigata meccanizzata della stessa 4° Divisione sono stati trasferiti direttamente a Breslavia, in Polonia, a bordo di aerei militari e nei prossimi giorni sono attesi a Illesheim, in Baviera, più di 60 elicotteri, tra cui 50 "Black Hawk" multiuso, oltre a 24 “Apache” da combattimento. L'arrivo del contingente statunitense in Europa – in tutto il 2017 è previsto l'invio di 5.700 militari USA – era stato annunciato nei primi giorni del 2017 dal portavoce del Ministero della difesa Peter Cook, ma già nella primavera scorsa il Segretario alla difesa Ashton Carter aveva parlato del dispiegamento in Europa di un'ulteriore brigata.
“La macchina da guerra è in movimento”, titola stamani la Junge Welt: “Dispiegamento di soldati alle frontiere orientali della NATO – la Germania è la chiave di volta per l'aggressione USA alla Russia”.
Al rafforzamento Nato a oriente, nota Deutsche Welle, contribuisce anche il Battaglione tedesco di circa 500 uomini stanziato in Lituania, a nord della cosiddetta “finestra” di Suwalki, una specie di saliente di circa 65 chilometri, in territorio polacco, per qualche ragione considerato il “tallone d'Achille” della Nato nella regione.
Ma, in Polonia e nei Paesi baltici, da diversi anni e soprattutto a partire dal 2014, militari americani, britannici, canadesi, tedeschi, stanno addestrando sia reparti regolari e battaglioni neonazisti ucraini, sia militari attivi e della riserva dei tre Paesi baltici. In questi ultimi, in particolare, si è preso a focalizzarsi sulla preparazione a una presunta “guerra partigiana” contro la “minaccia russa”. A tale preparazione, che sta andando avanti da almeno un anno, secondo il New York Times, che cita il generale Raymond Thomas, comandante delle US Special Operations Command, prendono parte attiva corpi speciali statunitensi; in particolare, secondo rusvesna.su, si tratterebbe di addestratori dei “berretti verdi” (Special Forces Operational Detachment-A), specializzati in operazioni di ricognizione e diversione dietro le linee. La presenza di tali distaccamenti sarebbe indirettamente confermata anche da alcune dichiarazioni pubbliche dell'ambasciatore USA a Riga, del tipo: “concentrano la preparazione sull'abilità da cecchino, nelle attività di genio e brillamento e nelle comunicazioni da campo". In generale, il fatto che, sia da parte dei Paesi baltici, sia da parte statunitense, si stia dando pubblicità alla cosa che, dal punto di vista strettamente militare non può certo rappresentare un “pericolo”, costituisce un preciso segnale lanciato a Mosca.
Dunque, “è possibile scongiurare il rafforzamento della Nato in Europa orientale?”, si chiede Andrej Polunin su svpressa.ru, che ricorda come, in ogni caso, Washington avesse già impegnato 3,4 miliardi di $ aggiuntivi al bilancio 2017 (quattro volte più che nel 2016), per l'aumento della presenza in Europa. A differenza delle altre due brigate USA presenti in Germania e Italia, questa terza brigata non disporrà di caserme proprie, essendo previsto un avvicendamento ogni nove mesi e sarà suddivisa tra Polonia, Paesi baltici, Romania e Bulgaria. In tal modo, viene formalmente rispettata la clausola base del trattato Russia-Nato del 1997, secondo cui l'Alleanza non deve dispiegare in modo permanente “forze militari considerevoli” in Europa orientale. Ma, comunque, nota il politologo Mikhail Aleksandrov, Barack Obama ha dato il via con un mese di anticipo, prima dell'insediamento di Donald Trump, al dislocamento della 3° Brigata, programmato dal vertice Nato di Varsavia del luglio 2016 e che prevede l'arrivo di quattro Battaglioni in Polonia e Paesi baltici. Battaglioni che, in forza della loro natura di forze di pronto intervento, in brevissimo tempo possono costituire una forte testa di ponte, puntata soprattutto sull'area di Kaliningrad, con le flotte tedesca e polacca che tengono a guardia la flotta russa del Baltico. Secondo Aleksandrov, la risposta russa più appropriata potrebbe consistere, più che in un concentramento di forze nella regione di Kaliningrad (per sua natura, non in grado di accogliere un numero sufficiente di truppe) nella creazione di due armate corazzate da dislocare ai confini con Estonia e Lettonia, pronte a intervenire in caso di attacco occidentale su quella direttrice. Ma, prima di tutto, a parere del politologo, Mosca dovrebbe cercare di convincere Donald Trump a rivedere la decisione di Obama sul dispiegamento delle forze USA e Nato in Europa, che porterebbe a un'adeguata risposta russa e a una spirale al rialzo che lascerebbe gli USA sguarniti sui fronti asiatico e mediorientale.
Non è difficile osservare come l'amministrazione americana uscente, proprio nelle ultime settimane, si stia dando un gran daffare per creare i maggiori ostacoli al possibile entente Washington-Mosca. Ne è un esempio anche la preoccupazione Nato per il possibile riavvicinamento alla Russia del neo presidente moldavo Igor Dodon che, nonostante la maggioranza parlamentare euroatlantica, ha iniziato un “repulisti” ai vertici militari – a partire dal dimissionato Ministro della difesa, il liberale Anatol Șalaru – legati alla Nato nel quadro del cosiddetto Individual Partnership Action Plan. La Moldavia è un obiettivo significativo nel contesto aggressivo dell'Alleanza, non foss'altro perché confina con la Romania – che dal maggio scorso ospita il sistema “Aegis”, forte di missili USA Mk-41 – e l'Ucraina.
Per il momento, purtroppo, sembra che le uniche resistenze ai piani USA e Nato siano limitate a quelle poche centinaia di pacifisti che, come riporta Junge Welt, attenderanno i convogli militari che nei prossimi giorni attraverseranno la Germania e che, contro quello che la BBC definisce il più grande dispiegamento Nato dalla fine della guerra fredda, sabato scorso si erano dati appuntamento al porto di Bremerhaven, riunendo attivisti del Forum di Brema per la pace, militanti di Die Linke, del DKP di Brema e dell'Associazione della Comunità curda.
Che, ad altre latitudini, la strategia atlantica venga tenuta molto sul serio, lo testimonia il fatto che proprio oggi la Rossijskaja Gazeta riporta la notizia di emendamenti alla legge russa sull'obbligo di servizio militare, secondo cui si “consente di concludere contratti temporanei, per un massimo di 12 mesi, con richiamati e riservisti”, apparentemente per la lotta “contro i terroristi fuori dei confini russi e per spedizioni navali”. Sarà un caso.
A tredici giorni dall’insediamento ufficiale di Trump alla presidenza degli Stati Uniti, continua l’avvelenamento dei pozzi da parte dell’amministrazione uscente di Obama e dei mass media più legati all’establishment Usa. Secondo un articolo del Washington Post basato su fonti e documenti dei servizi segreti statunitensi, decine di funzionari del governo russo avrebbero festeggiato la vittoria di Donald Trump su Hillary Clinton, vista come un importante cambiamento geopolitico in favore di Mosca. Un atteggiamento – che secondo l’intelligence Usa coinvolge anche alcuni dei funzionari russi sospettati di aver guidato l'attacco hacker russo alle elezioni Usa – insospettisce ancora di più le agenzie di spionaggio statunitensi sul reale tentativo di Mosca di favorire l'elezione di Trump.Tra le altre informazioni contenute nel documento reso noto dal Washington Post ci sarebbe anche l'identificazione di "soggetti" che hanno consegnato a WikiLeaks le email rubate dal server del Partito Democratico. I funzionari della Cia che hanno rivelato l'esistenza del rapporto riferiscono che queste persone "sono note alla comunità dell'intelligence", ai servizi Usa, come "parte di una più vasta operazione russa per sostenere Trump" e danneggiare le chance elettorali di Clinton. La notizia del rapporto è arrivata alcune ore dopo che il presidente uscente Barack Obama ha ordinato un'analisi di tutti i cyberattacchi che si sono verificati durante la fase elettorale che ha portato alle presidenziali dell'8 novembre, mentre dal Congresso si moltiplicano le richieste di fare chiarezza sulla portata del ruolo delle interferenze russe nella campagna elettorale.
Intanto il presidente eletto Trump, tramite Twitter, ha criticato le soffiate dei servizi segreti a favore del Washington Post che ha così potuto fornire dettagli su un rapporto top secret sulla Russia che lui non aveva ancora visto. Si tratta di un documento di 50 pagine consegnato ieri al presidente uscente Barack Obama e che verrà presentato a Trump durante il suo incontro con l'intelligence Usa previsto per oggi. "Chi ha dato loro il rapporto e perché?", ha chiesto Trump.
Inoltre Obama ha ignorato Trump anche sulla questione dei prigionieri nella base di Guntanamo. Il presidente uscente ha dato infatti il via libera al trasferimento di quattro detenuti yemeniti da Guantanamo, il carcere di massima sicurezza a Cuba che lo stesso Obama aveva promesso di chiudere all'inizio del suo primo mandato nel 2009. Obama ha snobbato il suo successore, che tre giorni fa aveva chiesto un congelamento dei trasferimenti dei prigionieri da Guantanamo.
Agradecidos con Luciano Vasapollo por formar parte de la familia de @laradiodelsur y viajar en @eltrendetarde y en @surmientras
Muchísimas gracias por el apoyo constante
Miles gracias de corazón de mi parte y de Rita Martufi y de mis camaradas de la Red de Comunistas - Italia , a La Radio Sur y en particular a Nelcy González y Álvaro Suzzarini y a todos del colectivo editorial y de dirección para ese agradecido reconocimiento que me emociona , me honora y nos da la absoluta convincion de continuar siempre la lucha en defensa de nuestra gran revolución de nuestros padres gigantes de la historia : siempre con Chávez y con Fidel .
Que sepamos ser dignos del inmenso legado que Fidel y Chávez dejaron en nuestras manos. Solamente así nos animamos a decir: ,TODOS SOMOS FIDEL , TODOS SOMOS CHÁVEZ !
! FELIZ AÑO 2017 de LUCHA REVOLUCIONARIA ! Y EXITOS SIEMPRE ADELANTE CON NUESTRA REVOLUCIÓN SOCIALISTA EN UN AÑO DE VICTORIAS.
La victoria es inevitable !! SOCIALISMO O MUERTE, VENCEREMOS ! Luciano Vasapollo
NOTA INFORMATIVA: Defender a Venezuela es dar continuidad a una esperanza de la humanidad
Written by Embajada de la República Bolivariana de Venezuela en la República de CubaEl profesor Luciano Vasapollo, de la Universidad La Sapienza, en Roma, ofreció un conversatorio en la Embajada Bolivariana en Cuba
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El profesor Luciano Vasapollo, de la Universidad La Sapienza, en Roma, ofreció un conversatorio en la Embajada Bolivariana en Cuba
“Defender el pensamiento del comandante Hugo Chávez, defender el pensamiento de la Revolución Bolivariana, significa dar una esperanza a una nueva humanidad”, aseveró el profesor Luciano Vasapollo, de la Universidad La Sapienza, en Roma, Italia, quien invitado por la Embajada de Venezuela en La Habana, realizó un conversatorio en el Salón Sucre de esta sede diplomática este lunes 12 de diciembre.
Vasapollo, quien es delegado del rector del centro de altos estudios romanos para las relaciones internacionales con los países de América Latina y del Caribe y coordinador de la Red de Intelectuales y Artistas en Defensa de la Humanidad, capítulo Italia, expuso las razones por las cuales debe defenderse la Revolución Bolivariana, a propósito de la guerra económica que la derecha interna y foránea emprende contra la nación sudamericana.
“Hoy no solo es un deber de los revolucionarios, de los marxistas, de los chavistas, defender la Revolución Bolivariana, al presidente Nicolás Maduro y al pueblo bolivariano; también lo es ampliar la solidaridad con sectores no militantes –por ejemplo, sindicales, instituciones universitarias, juveniles, artísticos–, porque defender hoy el proceso bolivariano significa dar continuidad a una esperanza de la humanidad”, expuso el docente del Departamento de Economía de la universidad pública más grande de Europa.
Para Vasapollo, personalidades como Chávez y Fidel Castro no solo son patrimonio de sus países, sino de América Latina y de toda la humanidad, pues mostraron una alternativa a un sistema injusto como es el capitalista.
“Este ataque brutal que se está haciendo contra Venezuela y el presidente Maduro tiene un fin: dar la impresión de que el mundo es de pensamiento único, que no hay otra alternativa al capitalismo agresivo que no sea el capitalismo suave o atemperado”, meditó este defensor de la solidaridad en el ámbito político, social cultural e interinstitucional.
“Pero el futuro de la humanidad –aseguró– puede ser solo el de la idea de Chávez y Fidel, el de construir una hipótesis y un camino socialista, y defender hasta la muerte este proceso”. (Prensa Embajada de Venezuela en Cuba)
No es grato tener responsabilidades asignadas por una normativa legal. Desafortunadamente el artículo 17, numeral 14 del Reglamento Orgánico del Ministerio del Poder Popular para Relaciones Exteriores obliga a la Misión Diplomática que dirijo a "DETERMINAR E INDICAR LOS MOVIMIENTOS DE SOLIDARIDAD CON LOS PUEBLOS EN EL ESTADO RECEPTOR Y CANALIZAR SU INTERACCIÓN CON VENEZUELA, EN COORDINACIÓN CON EL DESPACHO DEL VICEMINISTRO RESPECTIVO". No es grato que esta función no esté compartida con los consulados, ni que estas funciones eminentemente políticas hayan sido establecidas exclusivamente para las Misiones Diplomáticas, dejando al margen las oficinas consulares.
No es grato porque las responsabilidades compartidas son las que permiten la vida en colectivo. Sin ellas la convivencia es salvaje. Los seres humanos escogemos deliberadamente entre alternativas y estamos conscientes que esa elección tiene y tendrá consecuencias. La responsabilidad por ello es una carga para la libertad. La responsabilidad es una ética que no distingue entre lo individual y lo colectivo. Sólo que, en este último aspecto, une o separa cuando no se ejerce con transparencia o es contaminada por un acto irracional de predominio.
Todo lo anterior tiene que ver con el VI Encuentro de la Red Caracas ChiAma, decidido y convocado en Nápoles, por un pequeño sector de la red de Nápoles, para que se realice en Nápoles. La decisión debió tomarse institucionalmente en el V Encuentro de la Red Caracas ChiAma, celebrado en Roma. No se tomó, ni se votó y se ha interpretado el silencio de una manera totalmente alejada del sentido común. El silencio ni otorga ni niega, es solo silencio. Por ello no legitima a ninguna región o fracción de la Red Caracas ChiAma, en ningún lugar de Italia, a decidir donde se llevará a efecto el nuevo encuentro de movimientos de solidaridad con los pueblos en el estado receptor con Venezuela. Cualquier decisión tomada fuera del V Encuentro o tomada unilateralmente no es legítima.
Cuando no hay normas escritas las costumbres son normas. Pero más allá del orden jurídico burgués, la ética de la responsabilidad ejercida con transparencia y equilibrio, como acto racional deliberado, no puede echar por la borda la unidad de un colectivo que tiene ya algún tiempo de existencia y al que todos hemos entregado fuerza y templanza para sostenerlo sin fracturas. Ello, en Italia, es un raro espécimen, por la confrontación permanente entre individualidades o grupos de ideas progresistas o no progresistas.
La Red Caracas ChiAma tiene un nombre que la vincula directamente a Venezuela. Se la identifica como un colectivo o grupo de apoyo a la Revolución Bolivariana. Bolívar exigió la lealtad. Algunas veces la tuvo y otras no. Fusiló sin embargo al Libertador de Guayana por deslealtad. Pero, más que la lealtad, el Libertador venezolano privilegiaba la unidad. El Comandante Chávez heredó esta concepción bolivariana y la hizo suya.
Antes de él la izquierda venezolana era un archivo de siglas que no decían nada. Pura hojarasca, aparatos y cascarones vacíos. Con líderes que por jactancia y autosuficiencia se oían
solo a sí mismos. Después de él, su tolerancia permitió la unión de católicos, protestantes, masones, socialdemócratas, socialcristianos, ex guerrilleros, ultranacionalistas, izquierdistas de todas las especies, trotkistas, anarquistas, feministas y una larga lista de organizaciones que terminan en "istas" o en "ismos".
El sectarismo, la inmadurez, la falta de crecimiento político, la soberbia, la arrogancia y hasta "la falta de ignorancia", como el sarcasmo popular llama a quienes se sienten superiores a otros, hizo imposible la convivencia entre sectores políticamente diferentes en Venezuela. Se desconocía la "unidad dentro de las diferencias" o "la convergencia dentro de la diversidad". Cuando la descubrimos comenzó a generar optimismo en los polos necesarios de poder popular.
Se expresaba en los colectivos contra las posiciones personales o de grupo, que no tomaban en cuenta las mayorías y hasta pretendían imponerla con chantajes o con votaciones amañadas. De espaldas al interés colectivo se acordaban, y el sectarismo era un sólido sentimiento de grupo que excluía, fraccionaba y debilitaba, hasta que terminaba por liquidar valiosas experiencias de lucha social.
Chávez nos enseñó a tolerar, pero igualmente nos enseñó a ser leales y a perseguir la unidad con el mismo afán con que la historia ha perseguido las utopías. No la fantasía de las utopías, sino ese destino común al que Marx le dio nombre. Eso que es o ha sido "unidad de clase", "socialismo científico", "alternativa a la sociedad capitalista", "sociedad de iguales", "sociedad justa" y hasta "mayor suma de felicidad posible".
En esta lucha, decía Chávez, la lealtad es un valor que reclama consecuencias. Es necesaria la armonía, el desinterés material, nunca la vanidad ni otras cosas con las cuales el capitalismo se ha divertido disfrazándonos de "dirigentes consecuentes y radicales". Es de esa manera como aparecen los nuevos Che, que miran por encima del hombro a los populistas y a uno que otro fascista que le estorba, porque le hace sombra o es capaz de disentir contra las verdades supuestamente definitivas.
La continuidad de toda obra necesita unidad. Unidad de esfuerzo, de materiales, de constancia, de aceptar que la verdad es múltiple. Somos humanos y nos equivocamos. No es indispensable ser jefe de algo para construir y elaborar un proceso que posiblemente exceda nuestra vida y hasta nuestra muerte. La unidad está llena de grandes decisiones. Las pequeñas no pueden ser obstáculos para las anteriores. De allí viene un concepto de lealtad menos ortográfico, menos de diccionario y más del quehacer revolucionario, más práctico, más de la vida misma, menos autocrático. Para Chávez la lealtad pasó a ser la unidad, la unidad necesaria de todos los hombres y mujeres que se han propuesto un orden nacional e internacional que sea compatible con la justicia social.
La política no debe ser excluyente. Tiene que ser generosa, liberadora, con espacios para el sentimiento solidario. Si algo es bolivariano en el pensamiento y accionar de Chávez es ese empeño de sentar alrededor de la misma mesa no solo a quienes son socialistas, sino a quienes son hermanos por historia, por cultura, por el porvenir y por la esperanza que les une en una
misma finalidad. En sus propósitos está la integración, la armonía social y el afán de confrontar la dispersión de la misma manera que se persigue al enemigo de clase.
Sin pretender que algunos compañeros italianos a quienes caracteriza el afán de protagonismo, hagan suya la instrumentación con la cual hemos construido en América Latina un movimiento pluri o multicultural; sin un gens químico extraído en los espacios de un laboratorio que científicamente impida que nada separe la materia; sin cápsulas de cristal que eviten contaminaciones, sin seres asépticamente puros como aquellos de raza superior que se empeñó en hacer el nacionalsocialismo, con errores, alucinados por tradiciones y con un primitivismo aborigen, humildemente humanos, rogamos a la Red Caracas ChiAma de Napóles que reconsidere su decisión, porque divide, fragmenta y rompe la unidad.
De no hacerse la reconsideración que respetuosamente esta Misión Diplomática solicita, tomando en cuenta que la citada red identifica a la República Bolivariana de Venezuela y con la autoridad que confiere a esta Misión Diplomática el artículo 17, numeral 14 del Reglamento Orgánico del Ministerio del Poder Popular para Relaciones Exteriores y por ser la Red Caracas ChiAma una creación solidaria en el estado receptor de algunos los movimientos de solidaridad italianos con la República Bolivariana de Venezuela en Italia, no solo de los napolitanos, imbuido por el único interés de canalizar la interacción de dichos movimientos vinculados a Venezuela, DESAUTORIZO, en mi carácter de Embajador de la República Bolivariana de Venezuela en la República de Italia, la decisión tomada por un sector de la Red Caracas ChiAma de Napóles de convocar a un VI Encuentro en la ciudad de Nápoles, de los movimientos de solidaridad con Venezuela, con su sola y única voluntad.
Esta decisión pone en peligro la unidad de los movimientos de solidaridad que apoyan a la Revolución Bolivariana y, sin proponérselo, pudiera hasta propiciar desencuentros políticos entre importantes funcionarios del Consulado de la República Bolivariana de Venezuela en Nápoles y funcionarios de esta Misión Diplomática en Roma o en Milán, sobre todo si se toma en cuenta que una empleada local de dicho consulado a quien profesamos afectos y reconocimientos, es factor determinante en la dirección y actividad de la Red Caracas ChiAma de Napóles.
No nos animan conflictos regionales atinentes a la sociología histórica de la República Italiana. Creemos transparentemente que la idea central de los movimientos de solidaridad italianos con la República Bolivariana de Venezuela en Italia debe ser crecer y desarrollarse en toda Italia y no solamente en Roma y Nápoles. No pretendeos el sometimiento de la red a los dictados de una Misión Diplomática o Consular, pero igualmente rechazamos que un sector, un partido, una región o un predestinado, utilice el nombre de nuestro país para fines en los cuales no hay coincidencias.
Regiones tan importantes como la Liguria, la Toscana y ciudades históricamente fundamentales en Italia como Livorno, Florencia, Pisa, Milán, Bologna y Torino no tienen estructuras que respondan a los intereses de una Red que no solo Venezuela sino toda América necesita, para contestar las campañas mediáticas de agresión y el debate político y diplomático
que la comunicación alienta contra la dignidad y la resistencia de países que fueron colonizados primero por Europa y luego por los Estados Unidos de América.
Con mi mayor estima a la labor realizada por la Red Caracas ChiAma de Napóles y mi mejor sentimiento de consideración y respeto, a esta y a otras redes solidarias, les saludo afectuosamente a los 07 días del mes de diciembre de 2016.
di Julián Isaías Rodríguez Díaz - Ambasciatore in Italia della Repubblica Bolivariana del Venezuela
Il settarismo all’italiana fa solo danni al Venezuela
Written by http://contropiano.org/news/internazionale-news/2016/12/21/settarismo-allitaliana-solo-danni-al-venezuela-087232Riceviamo e volentieri pubblichiamo la lettera dell'ambasciatore in Italia della Repubblica Bolivariana del Venezuela.
La lettera si riferisce ad una assai poco commendevole vicenda italica, tipica di un modo di "far politica" che ha nulla a che vedere con la solidarietà internazionalista e molto con l'ansia di apparire, individuale o di microgruppi. E' più che ovvio, infatti, che nessun soggetto italiano possa pretendere la "rappresentatività unica" dell'attività solidale nei confronti di un paese aggredito dall'imperialismo statunitense. Ed è altrettanto ovvio che qualsiasi forzatura – involontaria o peggio ancora volontaria – dell'unità nella solidarietà non può che danneggiare gli interessi del paese cui viene espressa.
Nella solidarietà internazionalista, infatti, al centro di tutto sta l'interesse del popolo e della rappresentanza politica che si è liberamente scelto. Nessuno "straniero" può pretendere di anteporre le proprie visioni, ambizioni, ansie di protagonismo.
Sappiamo da sempre che, purtroppo, il terreno della solidarietà internazionalista può diventare invece un "campo ambito" per individui o microsoggetti che poco hanno da dire o da fare nel blocco sociale del proprio paese. O anche, in qualche caso, per soggetti assai poco raccomandabili.
Come sempre, non entriamo in polemiche inutili, o addirittura dannose per una Rivoluzione che difendiamo, come in questo caso. Ogni lettore, ogni compagno, ogni attivista internazionalista, ha qui un gran numero di spunti su cui riflettere.
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LETTERA APERTA AI COMPAGNI DELLA RETE CARACAS CHIAMA
Non è un piacere avere delle responsabilità assegnate attraverso una legge. Sfortunatamente, però, l’articolo 17, comma 14 della Legge Organica del Ministero del Potere Popolare per gli Affari Esteri obbliga la Missione Diplomatica che dirigo a “INDICARE I MOVIMENTI DI SOLIDARIETÀ NELLO STATO RICETTORE E CANALIZZARE LA LORO INTERAZIONE CON IL VENEZUELA, SOTTO IL COORDINAMENTO DELL’UFFICIO DEL VICEMINISTRO CORRISPONDENTE”. Non è un piacere che tale funzione non venga condivisa con i consolati e nemmeno che queste funzioni di tipo prevalentemente politico siano state attribuite esclusivamente alle Missioni Diplomatiche, lasciano al margine gli uffici consolari.
Non è un piacere perché le responsabilità condivise sono quelle che ci permettono di vivere come collettività. Senza di esse, la convivenza è selvaggia. Noi esseri umani scegliamo deliberatamente tra varie alternative e siamo coscienti che tali scelte avranno delle conseguenze. Per questo, la responsabilità che ne deriva è un onere per la libertà. La responsabilità è un’etica che non distingue tra l’individuale e il collettivo. Ma, in quest’ultimo aspetto, unisce o separa se non viene esercitata con trasparenza o se risulta contaminata da un’azione irrazionale di predominio.
Quanto sopra indicato, si riferisce al VI Incontro della Rete Caracas ChiAma, deciso e convocato a Napoli, da un piccolo settore della Red di Napoli, per essere organizzato a Napoli. La decisione doveva essere presa, a livello istituzionale, durante il V Incontro della Rete Caracas ChiAma, tenutosi a Roma. Ma così non è stato, non si è votato e il silenzio è stato interpretato in un modo privo di buon senso. Il silenzio né acconsente né nega, è solo silenzio. Perciò non legittima nessuna frazione della Rete Caracas ChiAma, in nessun luogo d’Italia, a decidere il luogo in cui si realizzerà il nuovo incontro con i movimenti. Qualsiasi decisione presa al di fuori del V Incontro o decisa unilateralmente non è legittima.
Quando non ci sono norme scritte, le abitudini diventano regole. Ma al di là dell’ordine giuridico borghese, l’etica della responsabilità esercitata con trasparenza ed equilibrio, come atto razionale deliberato, non può marginalizzare l’unità di un collettivo che esiste già da tempo e al quale tutti abbiamo dato forza e vigore per mantenerlo senza divisione. Questo, in Italia, rappresenta una rarità, per via dei contrasti permanenti tra individualità o gruppi di ideologia progressista e non progressista.
La Rete Caracas ChiAma porta un nome che la lega direttamente al Venezuela. Si identifica come un collettivo o un gruppo di supporto alla rivoluzione Bolivariana. Bolívar esigeva lealtà. Alcune volte riuscí ad ottenerla, altre volte no. Giustiziò il Libertador della Guyana a causa della sua slealtà. Ma, più che la lealtà, il Libertador venezuelano metteva al primo posto l’unità. Il Comandante Chávez ha ereditato questa concezione Bolivariana e l’ha fatta sua. Prima di lui, la sinistra venezuelana era un insieme di sigle che non comunicavano niente. Soltanto delle foglie morte, degli inutili apparecchi e gusci vuoti. Guidati da leader che, per vanto e autosufficienza, ascoltavano solo se stessi. Grazie alla sua tolleranza, Chávez è riuscito a unire cattolici, protestanti, massoni, socialdemocratici, cristiano-socialisti, ex guerriglieri, ultra-nazionalisti, rappresentanti di sinistra di tutte le fazioni, trotzkisti, anarchici, femministe e una lunga lista di organizzazioni che finiscono in “iste” o in “ismi”.
Il settarismo, l'immaturità, la mancanza di crescita politica, l’orgoglio, l’arroganza e anche “la mancanza di ignoranza”, come il sarcasmo popolare definisce chi si sente superiore agli altri, hanno reso impossibile la convivenza tra i diversi settori politici in Venezuela. “L’unità all'interno delle differenze” o “la convergenza nella diversità”, erano atti sconosciuti. Quando sono stati scoperti, è iniziato a nascere l’ ottimismo nei diversi poli del potere popolare.
Tutto ciò si esprimeva nella contrapposizione tra collettivi, posizioni personali o di gruppo, che non prendevano in considerazione le maggioranze e pretendevano addirittura di imporsi tramite ricatti e con voti truccati. Voltando le spalle all’interesse della collettività si mettevano d’accordo e il settarismo rappresentava un solido sentimento di gruppo che escludeva, divideva e indeboliva fino a far fallire qualsiasi tipo di coraggiosa esperienza di lotta sociale.
Chávez ci ha insegnato a essere tolleranti, ma anche ad essere fedeli e a perseguire l'unità con lo stesso zelo con cui la storia persegue le utopie. Non la fantasia delle utopie ma quel destino comune a cui Marx diede nome. Quel destino che è o è stato identificato come “unità di classe”, come “il socialismo scientifico”, “l’alternativa alla società capitalistica”, “la società di uguali”, “la società giusta” e anche “la maggior somma di felicità possibile”.
In questa lotta, secondo Chávez, la lealtà è un valore che comporta delle conseguenze. Sono necessari l’armonia e il disinteresse materiale, non la vanità o qualsiasi altra cosa di cui il capitalismo si è adoperato mascherandoci da “dirigenti conseguenti e radicali”. In questo modo appaiono i nuovi Che, che guardano dall’alto in basso ai populisti e ai fascisti, perché sono capaci di dissentire dalle verità presuntamente definitive.
La continuità dell’opera ha bisogno di unità. Unità di forze, unità di materiali, di costanza, unità nell’accettare che la verità è molteplice. Siamo esseri umani e sbagliamo. Non è indispensabile essere a capo di qualcosa per costruire ed elaborare un processo che duri tutta la vita, fino alla nostra morte. L’unità è costellata da grandi decisioni. Quelle piccole non posso fungere da ostacolo alle decisioni anteriori. Da qui un concetto di lealtà meno ortografico, meno da dizionario e più vicino al fare rivoluzionario, più pratico, più reale, meno autocratico. Per Chávez la lealtà divenne unità, l’unità necessaria di tutti gli uomini e le donne che avevano come obiettivo costituire un ordine nazionale e internazionale compatibile con la giustizia sociale.
La politica non deve escludere. Deve essere generosa, liberatrice, con spazi per l’espressione di un sentimento solidale. Se c’è qualcosa di Bolivariano nel pensiero e nel modo di agire di Chávez, lo si trova proprio in quest’impegno nel far sedere allo stesso tavolo non solo i socialisti ma anche coloro che sono vicini per storia, cultura, futuro e per un obiettivo comune. I suoi propositi erano l’integrazione, l’armonia sociale e il desiderio di combattere la dispersione allo stesso modo in cui si perseguita un nemico di classe.
Senza pretendere che alcuni compagni italiani, caratterizzati dall’affanno di protagonismo, facciano propri gli strumenti con cui abbiamo costruito in America Latina un movimento pluri o multiculturale, senza una formula chimica che impedisca scientificamente che la materia si separi, senza capsule di cristallo che evitano contaminazioni, senza essere asetticamente puri come quelle persone di razza superiore che si impegnarono nella creazione del nazionalsocialismo, pieni dei nostri errori, accecati e con un primitivismo aborigeno, umilmente umani, chiediamo alla Rete Caracas ChiAma di Napoli di riconsiderare la propria decisione, perché divide, frammenta e rompe l’unità.
Nel caso in cui non venga realizzata la riconsiderazione che, con rispetto, viene richiesta da questa Missione Diplomatica, considerando che la riferita Rete identifica la Repubblica Bolivariana del Venezuela e in virtù dei poteri conferitigli dall’articolo 17, comma 14 della Legge Organica del Ministero del Potere Popolare per gli Affari Esteri, ed essendo la Rete Caracas ChiAma un’organizzazione solidale presente nello Stato ricettore composta da alcuni movimenti italiani di solidarietà con la Repubblica Bolivariana del Venezuela in Italia, mosso dal solo scopo di convogliare l'interazione di questi movimenti vincolati con il Venezuela, NON AUTORIZZO, in qualità di Ambasciatore della Repubblica Bolivariana del Venezuela presso la Repubblica Italiana, la decisione presa da una parte della Rete Caracas ChiAma di convocare il VI Incontro con la sua sola e unica volontà.
Tale decisione, infatti, mette a rischio l’unità dei movimenti di solidarietà che supportano la Rivoluzione Bolivariana e, senza volerlo, potrebbe portare addirittura a contrapposizioni politiche importanti tra funzionari del Consolato della Repubblica Bolivariana del Venezuela a Napoli e funzionari di questa Missione Diplomatica di Roma o Milano, soprattutto tenendo conto che un’impiegata locale del suddetto Consolato, a cui esprimiamo stima e riconoscimento, riveste un ruolo determinante nella direzione e nelle attività della Rete Caracas ChiAma di Napoli.
Non siamo motivati da conflitti regionali attinenti alla sociologia storica della Repubblica Italiana. Crediamo, in modo trasparente, che l’obiettivo fondamentale dei movimenti di solidarietà italiani con la Repubblica Bolivariana del Venezuela in Italia dovrebbe essere quello di crescere e svilupparsi in tutta Italia e non solo a Roma e Napoli. Non pretendiamo sottomettere la rete alle disposizioni di una Missione Diplomatica o Consolare, ma allo stesso modo, rifiutiamo che un settore, un partito, una regione, o un predestinato, utilizzi il nome del nostro paese con finalità che non ci accomunano.
Altre importanti regioni italiane come la Liguria, la Toscana e le città storicamente fondamentali come Livorno, Firenze, Pisa, Milano, Bologna e Torino, non sono dotate di strutture che rispondono agli interessi di una Rete di cui ha bisogno non solo il Venezuela, ma tutta l'America, per poter rispondere alle campagne mediatiche aggressive e per partecipare al dibattito politico e diplomatico che la comunicazione spinge contro la dignità e la resilienza dei paesi che sono stati colonizzati prima dall'Europa e poi dagli Stati Uniti d'America.
Esprimendo tutta la mia più grande stima per il lavoro che la Rete Caracas ChiAma svolge, rinnovando i sensi della mia stima, considerazione e rispetto verso questa e altre reti di solidarietà, vi saluto affettuosamente.
Il 07 dicembre 2016
di Julián Isaías Rodríguez Díaz - Ambasciatore in Italia della Repubblica Bolivariana del Venezuela
Cuba ratifica l’Accordo di Parigi relativo alla Convenzione Cornice delle Nazioni Unite sul Cambio Climatico e procederà nei prossimi giorni al deposito dello strumento di ratificazione presso il Segretario Generale delle Nazioni Unite.
Cuba ratifica l’Accordo di Parigi relativo alla Convenzione Cornice delle Nazioni Unite sul Cambio Climatico, adottato a París, il 12 dicembre del 2015, e procederà nei prossimi giorni al deposito dello Strumento di Ratificazione presso il Segretario Generale delle Nazioni Unite.
Durante la recente visita realizzata nell’Isola dalla signora Ségolène Royal, ministro dell’Ambiente, dell’Energia e del Mare, incaricata delle Relazioni Internazionali sul Clima della Repubblica Francese, incaricata della presidenza della 21ª Conferenza delle Parti della Convenzione, le due parti hanno avuto l’opportunità di scambiare criteri su come affrontare il cambio climatico globale e sulla necessità d’accrescere gli sforzi internazionali con questo fine.
La 22ª Conferenza delle Parti della Convenzione si è svolta a Marrakech, in Marocco, del 7 al 18 novembre scorso.
La delegazione cubana che ha partecipato a quella riunione presieduta dal compagno José Fidel Santana Núñez, viceministro del Ministero di Scienza, Tecnologia e Ambiente (Citma), aveva segnalato durante l’incontro l’importanza che Cuba attribuisce allo scontro con il cambio climatico, come parte della sua politica di sviluppo nazionale, ed aveva reiterato la ferma volontà dell’Isola di continuare a partecipare attivamente allo sforzo internazionale. ( Traduzione GM – Granma Int.)
I paesi dell’Unione Europea hanno approvato un accordo per normalizzare le relazioni con Cuba
Written by Granma | internet@granma.cuI 28 paesi che formano l’Unione Europea (UE) hanno approvato ieri, martedì 6, a livello dei loro ambasciatori, la firma di un accordo politico e di cooperazione tra questo blocco e Cuba, per rendere normali le loro relazioni.
Bruxelles - I 28 paesi che formano l’Unione Europea hanno approvato ieri a livello dei loro ambasciatori, la firma di un accordo politico e di cooperazione tra questo blocco e Cuba per normalizzare le loro relazioni, ha informato PL .
La pagina ufficiale della UE, indica che la disposizione, che necessita ancora un processo d’approvazione, è stata presa dai funzionari europei nella capitale del Belgio e si spera venga ratificata prossimamente dal Consiglio Europeo.
In questo modo gli Stati membri assecondano tre iniziative pianificate nel settembre scorso dall’alta rappresentante della politica estesa e la sicurezza comune della UE , Federica Mogherini.
La commissaria italiana ha insistito che queste misure saranno prese per “derogare formalmente” la detta posizione comune politica che l’ente europeo applica dal 1996 per regolare i suoi vincoli con Cuba e incentivare migliori relazioni del blocco comunitario con la nazione dei Caraibi.
Il Consiglio dei Ministri della UE dovrà approvare questa decisione che necessita anche il consenso successivo del Parlamento Europeo, per far sì che il patto possa essere applicato.
Infine la UE ha anticipato che la firma ufficiale del documento avverrà lunedì prossimo 12 dicembre tra Federica Mogherini e il Ministro delle Relazioni Estere di Cuba , Bruno Rodríguez.
Cuba e la UE hanno cominciato il processo dei negoziati di questo accordo nell’ aprile del 2014, e un inizio della società è stata firmata il 1º marzo di quest’anno in una cerimonia per la quale la Mogherini è andata a L’Avana.
DICHIARAZIONE DEL VICEMINISTRO DELLE RELAZIONI ESTERE ABELARDO MORENO
Cuba accoglie con soddisfazione le decisioni adottate dal Consiglio dei Temi Economici e Finanziari dell’Unione Europea, prese il 6 dicembre del 2016 a Bruxelles, con le quali il blocco comunitario ha concluso il processo di consultazioni e decisioni interne che riguardano l’Accordo di Dialogo politico e Cooperazione tra Cuba, da una parte e l’Unione Europea con i suoi Stati membri dall’altra.
Cuba riconosce in maniera particolare, l’ alto significato politico della decisione, che permette di derogare definitivamente la detta posizione comune del 1996, che dalla sua adozione è stata fermamente respinta da Cuba per il suo carattere d’ingerenza selettivo e discriminatorio.
Questa politica unilaterale è stata superata di fatto, come evidenzia la positiva evoluzione che negli ultimi anni hanno avuto i vincoli di Cuba con l’Unione Europea e i suo Stati membri.
Per Cuba era imprescindibile che quell’espressione del passato, che contraddiceva le basi di uguaglianza, reciprocità e rispetto sulle quali si sono sviluppate le relazioni con l’Unione Europea dal 2008, fosse completamente abolita.
Le decisioni adottate dalla UE creano le condizioni propizie per la firma del citato accordo che doterà per la prima volta le relazioni tra le due parti in una cornice contrattuale reciproca, rispettosa e mutuamente vantaggiosa per lo sviluppo del dialogo politico e la cooperazione, includendo la facilitazione del commercio. (info Cubaminrex/ Traduzione GM – Granma Int.)